Il Manifestol Manifesto, di Giuliana Sgrena - 21 aprile 2015
Rojava. Sotto le distruzioni dell’Isis vive il Contratto sociale del Rojava, ispirato dalla nuova politica di Ocalan basata sul rispetto delle minoranze, la parità di genere e uno sviluppo ecologicamente compatibile. Il protagonismo delle donne kurde supera i confini e unisce con un progetto di laicità
I turchi non permettono ai giornalisti di entrare a Kobane. Siamo a pochi metri dalle prime case della città, possiamo intravedere la devastazione, i palazzi ridotti in scheletri, le mura sgretolate e le grandi fessure da dove possono sparare i cecchini, quel che rimane dopo una guerra.
I primi soldati turchi ci avevano lasciato attraversare il ponte per parlare con il capo, ma il comandante turco è inflessibile: da qui non si passa. E non si capisce perché siano i turchi a impedirci di entrare in territorio siriano, ma siamo in zona di guerra e loro la fanno da padrone, come hanno fatto prima lasciando passare gli aiuti ai jihadisti.
Chi entra a Kobane e ci sono alcuni fotografi e giornalisti lo fa per altre vie, ma ci vuole tempo, troppo, che non abbiamo. Chi invece attraversa il piccolo ponte che separa la Turchia dalla Siria (Rojava, sotto controllo kurdo) sono gli sfollati i kurdi non li chiamano profughi, tutti appartengono al Kurdistan , 2/3.000 al giorno, parecchie decine di migliaia (circa 50.000, in totale, ma la cifra aumenta ogni giorno).
Nonostante le raccomandazioni di aspettare, sono stufi di vivere in tende e impazienti di vedere com’è ridotta la loro casa, ben sapendo che ci sono poche speranze di rivederla in piedi, ma è sempre la loro terra.
«L’80% della città è distrutta e il restante 20% necessita di grandi riparazioni: i segni della guerra sono ovunque, sui muri rimasti in piedi, nei crateri che si aprono nelle strade. Ora Kobane è completamente liberata e i suoi confini sono sotto controllo dell’YPG/YPJ (Unità di difesa popolare maschili e femminili), che pattugliano la città giorno e notte, ma la maggior parte di loro stanno ancora combattendo nei villaggi vicini ancora sotto l’assedio del Daech», ci racconta Zeynep, una giovane kurda, che, pur vivendo da molti anni a Londra, ha un documento turco e così ha potuto entrare a Kobane insieme a un uomo d’affari kurdo iracheno che vuole proporre alle autorità cantonali la costruzione di 8.000 nuove case. Naturalmente dovranno essere ecologicamente compatibili secondo la Carta di Rojava.
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