di Stefano Liberti - Internazionale - 16 settembre 2016
Radio Killid, Kabul. (Stefano Liberti)
Sediqa Sherzai ricorda bene quella mattina di un anno fa quando la sua radio ha smesso di esistere. Era il 28 settembre 2015: a sorpresa i taliban avevano attaccato Kunduz, la città dove vive nel nord dell’Afghanistan. Sconfitte le forze locali, avevano occupato l’aeroporto, saccheggiato gli edifici pubblici e riportato le lancette della storia al periodo precedente il 2001, quando governavano il paese imponendo il loro regime oscurantista.
Fuggita con il marito e la figlia a Kabul, Sherzai è rientrata a casa solo dopo che l’esercito afgano – con l’aiuto dell’aviazione statunitense, che in quell’operazione ha bombardato anche un ospedale gestito da Medici senza frontiere – ha ripreso il controllo. Appena è entrata nella sede di Radio Roshani, l’emittente che ha fondato e dirige dal 2008, si è trovata di fronte a uno scenario più devastante di quanto si aspettasse. “Avevano distrutto tutte le nostre apparecchiature, computer, mixer, microfoni. Tutto: in dieci giorni abbiamo perso dieci anni di lavoro”.
Sherzai è una giornalista in trincea. La sua radio – insieme all’omonima televisione fondata dal marito – ha sempre lanciato programmi all’avanguardia in questa città di confine, sospesa tra un governo che fatica a imporre la sua autorità e la permanente minaccia dei taliban. Nelle trasmissioni si affrontano argomenti come la partecipazione delle donne in politica, i diritti femminili, i matrimoni precoci.
Tutti temi che hanno attirato l’attenzione e la furia iconoclasta del movimento estremista. “Già pochi mesi prima dell’attacco alla città, i taliban avevano ucciso Mawlavi Noorul Huda, il mullah che partecipava alle nostre trasmissioni, lanciando una bomba contro la sua auto. Lo accusavano di essere troppo liberale e lo avevano avvertito di smettere. Dopo il suo omicidio, hanno cominciato a fare telefonate anonime minacciando le mie giornaliste”, racconta Sherzai in un ufficio di Kabul. Oggi la giornalista gira in incognito e non vuole assolutamente essere fotografata “per ragioni di sicurezza”.
L’attacco dei taliban non ha solo distrutto l’attrezzatura, ha spazzato via dieci anni di lavoro di Radio Roshani
Roshani è una radio tutta al femminile, ci lavorano solo donne. E le trasmissioni si rivolgono per lo più alle donne affrontando argomenti che le toccano da vicino. “L’ho fondata perché, alla caduta dei taliban nel 2001, la condizione femminile in Afghanistan era spaventosa. Ho cercato un modo per informare le donne dei loro diritti e ho pensato che la radio, grazie alla sua diffusione, era il mezzo perfetto per raggiungere l’obiettivo”.
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