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Autore: Anna Santarello

Voto afghano, prosegue lo show dell’imbroglio

Enrico Campofreda – 24 giugno 2014 – blog

amarkhil 23 june 2014Lo show delle presidenziali deve proseguire. Perciò l’intoppo dell’intercettazione telefonica (sì, anche lì) per quanto di parte e realizzata dallo staff di Abdullah nei confronti del segretario della Commissione Elettorale Indipendente incastra mister Zia-ul-Haq Amarkhail.

All’improvvido funzionario, pizzicato in un confidenziale colloquio con cui tranquillizzava alcuni sostenitori di Ghani su un’operazione non proprio trasparente riguardante un trasporto di urne di schede votate (è in questo modo che possono essere facilmente sostituite), è stato consigliato di farsi da parte.

Lui obbedisce, reclamando una candida innocenza. Di fatto il coinvolgimento in operazioni non chiare a favore d’un candidato gettano ombre sul protagonista della vicenda, sulla Commissione tutta e su entrambi i contendenti.
Ad aprile era stato Ghani a gridare al raggiro. Ora potrebbe aver fatto di necessità virtù, cercando la via breve per quelle truffe che subodorava ai suoi danni e che avrebbe bypassato cambiando ruolo. Ma in fatto di brogli il confronto fra gli aspiranti alla presidenza appare uno scontro di Titani.
Ciascuno è pronto ad accusare manchevolezze, non certo a praticare comportamenti virtuosi; non è un caso che i clan contrapposti abbiano rimorchiato o si siano affratellati con la crema del crimine afghano: Sherzai, Sayyaf, Hekmatyar, Mohaqqeq, Helal, Dostum.

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Afghanistan: fine dei processi per “Crimini Morali”

Human Rights Watch – 24  giugno 2014 – Rawa News

prisoner female moral crimes afghanistan 1 300x198(New York) Il governo afghano dovrebbe adottare le raccomandazioni dei paesi delle Nazioni Unite per abolire i processi delle donne per i così detti “crimini morali”. L’Afghanistan ha rigettato le raccomandazioni nella sua Relazione dei Risultati nell’Universal Periodic Review (UPR) consegnata il 16 giugno 2014 al Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani. Ci sono altri temi affrontati quali la pena di morte, la discriminazioni anti-gay e l’impunità.

Il rifiuto del governo di smettere di perseguire per “crimini morali” pregiudica anche l’accettazione delle raccomandazioni a sostegno  dei diritti delle donne e l’eguaglianza di genere rimane una priorità assoluta, così ha detto Human Rights Watch. L’azione va inoltre contro le direttive del Procuratore Generale e Ministro della Giustizia di non criminalizzare “le fughe”, “i tentativi di relazioni sessuali pre- o extra-matrimoniali”.

“Il rifiuto del governo afghano delle raccomandazioni di proteggere le donne dai processi per “crimini morali” sottolinea l’evidente divario tra la retorica sui diritti delle donne e il frequente fallimento nel  proteggerle effettivamente da seri abusi ” ha detto Phelim Kine, rappresentante per l’Asia di Human Rights Watch. “Il fallimento in Afghanistan nel proteggere le donne è un ulteriore offesa alle centinaia di donne e ragazze vittime di persecuzioni per  “crimini morali”.

L’Universal Periodic Review è una relazione della documentazione di tutti i paesi membri delle Nazioni Unite sotto gli auspici del Consiglio di Human Rights Watch. L’UPR obbliga i paesi ad elencare le azioni che sono state intraprese per migliorare la situazione dei diritti umani e per adempiere agli obblighi. Human Right Watch, nel sottoporre la relazione UPR dell’Afganistan nel dicembre 2013 aveva avvisato del deterioramento dei diritti delle donne.

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Dibattito politico con Selay Ghaffar trasmesso dalla televisione locale Khurshid TV il 17 Maggio 2014

Traduzione a cura di Gloria Geretto Cisda

Ospiti: Selay Ghaffar, portavoce del Partito della Solidarietà afghano, Hambastagi, e tre rappresentanti di Hezb-e Islami, il partito islamico di Gulbuddin Hekmatyar

Nella prima parte del dibattito, Selay Ghaffar afferma che anche se il partito Hezb-e Islami è sempre più frammentato, la sua matrice misogina e fondamentalista permane. Il popolo afghano non ha dimenticato le atrocità commesse dai miliziani del partito che continuano a distinguersi per la loro ignoranza e mentalità conservatrice.

Secondo Ghaffar, il loro unico interesse sono il denaro ed il potere. Le elezioni, secondo Ghaffar, sono il pilastro della democrazia, ma in un paese governato da personaggi corrotti, il voto non ha alcun senso.

Ghaffar aggiunge che il governo afghano è un governo fantoccio che ha cercato in ogni modo di ostacolare l’attività politica di Hambastagi, il Partito della Solidarietà afghano, i cui membri sono stati più volte arrestati e tutt’oggi continuano ad essere oggetto di minacce da parte del governo centrale. Quest’ultimo non è altro che un governo di criminali al servizio degli Stati Uniti. Pertanto, chiunque vinca le elezioni presidenziali, venderà il paese agli americani.

Ghaffar sfida dunque i rappresentati di Hezb-e Islami a render conto dei crimini commessi di miliziani del proprio partito, Hezb-e Islami.

Il portavoce di Hezb-e Islami risponde con pesanti insulti rivolti alla Ghaffar, definendola una prostituta non musulmana che passa le notti con i suoi padroni.

Ghaffar risponde definendolo un personaggio misogino e ignorante che, non sapendo come giustificare le accuse da lei avanzate poco prima nei confronti del suo partito, Hezb-e Islami, non può far altro che insultarla.

Il mediatore allora interviene chiedendo a Ghaffar come si sia formato il partito Hambastagi in un contesto politico in mano a personaggi corrotti. Ghaffar dichiara che Hambastagi si fa portavoce di tutti coloro che chiedono giustizia e denunciano i crimini commessi dai criminali che oggi siedono in parlamento. Ghaffar sottolinea inoltre che Hambastagi è l’unico partito a dar voce al popolo afghano.

Uno dei tre ospiti interviene, dichiarando che Malalai Joya, espulsa dal parlamento nel 2007, è il modello di riferimento di Hambastagi, e accusa Ghaffar di perseguire una politica anti-islam. Accusa poi Ghaffar di non conoscere l’islam.

Ghaffar risponde che a non conoscere l’Islam è proprio lui: secondo la concezione dell’Islam dei miliziani di Hezb-e Islami, le donne vengono violentate, barbaramente mutilate, e sono vittime di atroci crimini. Ghaffar chiede lui di dar conto di queste barbarie.

L’interlocutore risponde che Ghaffar ha abbandonato la religione islamica perché ha subito violenze sessuali e l’accusa di favorire l’omosessualità.

Ghaffar risponde che i responsabili di quelle barbarie e di quegli stupri sono noti a tutti, e dovranno rispondere dei crimini commessi.

L’interlocutore mette dunque in guardia Ghaffar dicendole di guardarsi alle spalle.

Ghaffar ribatte definendo lui e i suoi uomini dei misogini, conservatori ed ignoranti e sottolinea come loro strategia sia sempre la stessa: quando una donna lotta per i propri diritti ed espone la loro ignoranza e misoginia, questi non sanno far altro che ricorrere a pesanti minacce ed insulti. Ghaffar dichiara poi di non essere contro l’islam bensì contro i loro crimini commessi in nome dell’islam.

L’altro ospite interviene insultando Ghaffar in lingua pashto. Ghaffar chiede dunque a quest’ultimo di dar conto delle barbarie commesse dai propri miliziani che definisce personaggi corrotti e responsabili della distruzione del paese. Lui accusa Ghaffar di passare le notti a prostituirsi.

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AGGIORNAMENTO SUL LAVORO DELL’ASSOCIAZIONE OPAWC

DAL SITO DI OPAWC

48 opawc awareness activities.may2014.jpeg9 150x150OPAWC (Organization Promoting Afghan Women Capabilities) è una delle Associazioni Afghane che sosteniamo in Afghanistan. La loro attività si rivolge alle fasce più povere della popolazione afghana, nei quartieri più disagiati, senza mai dimenticare che l’aiuto umanitario deve inserirsi in un più ampio progetto politico di cambiamento per essere davvero efficace.

Ecco un breve aggiornamento sul lavoro che hanno svolto in questi ultimi mesi e sui risultati ottenuti.

Attività di sensibilizzazione
In questo campo le principali attività di questi ultimi mesi sono stati i seminari e i corsi di formazione sulla violenza di genere, concentrandoci sulla legge per l’eliminazione della violenza contro le donne, su come diventare un buon mediatore, come risolvere legalmente i casi di violenza. I programmi di sensibilizzazione sono stati principalmente sui diritti umani, diritti delle donne e diritti dei bambini.

Durante questi corsi di sensibilizzazione i partecipanti vengono informati sulle leggi vigenti in materia di violenza contro le donne, discriminazioni di genere, matrimoni precoci, matrimoni forzati. L’obiettivo principale del corso è quello di informare la popolazione più debole sulle leggi che possono essere utilizzate a loro difesa; viene insegnato come difendere i propri diritti ogni volta che vengono violati, sia nella comunità di riferimento, sia in qualunque ufficio governativo.

In queste zone di solito le donne devono affrontare molta violenza domestica, soprattutto a causa della povertà e dell’ignoranza sulle leggi che riguardano la violenza. Questi programmi di sensibilizzazione hanno portato ad un migliore rapporto tra maschi e femmine all’interno delle famiglie.
I seminari e corsi di formazione sono tenuti negli uffici di OPAWC dalla sezione “training” dell’associazione afghana HAWCA. Tali seminari sono stati molto utili per le donne che hanno messo in pratica i consigli forniti dai formatori e consulenti. Le donne hanno collaborato alla discussione con interesse e sono state felici di condividere le loro tristi storie.

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La Commissione elettorale indipendente riceve 2.556 denunce

By Azizullah Hamdard – 17 GIUGNO 2014 – RAWANews

afghan vote fruad sAFGHANISTAN, ELEZIONI: È scaduto il 17 giugno il termine per la presentazione delle denunce di brogli, dice il portavoce della Commissione Elettorale Indipendente, Mohseni Nader. 2.556 denunce sono state presentate contro funzionari elettorali.
Oltre 664 denunce sono state depositate contro Abdullah Abdullah e 507 contro Ashraf Ghani, ha detto.

Le denunce sono state registrate in tutte le 34 province afghane: 514 denunce sono state depositate a Kabul, 115 a Kandahar, 113 a Kunduz, 104 a Herat, nove in Logar, otto in Paktika, sette in Helmand e sei nelle province di Kunar.

Dice anche che 507 ulteriori denunce sono state presentate contro funzionari governativi, tra cui i governatori, capi di polizia provinciali e distrettuali.

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Afghanistan, le scomuniche di Abdullah

dal blog di Enrico Campofreda – 16 giugno 2014

donne al voto 300x198Sentendosi già investito dell’incarico presidenziale a lungo occupato da Hamid Karzai, Abdullah Abdullah assume i toni del padrone di casa. Sa che a Washington l’accetteranno, come in realtà farebbero per il suo rivale Ghani perché chi fra loro prevarrà si porrà comunque al servizio dei voleri statunitensi.

Abdullah si fa forte della marcia in più fornita dagli accordi con la maggioranza dei signori della guerra e degli affari, che con lui hanno stretto un patto d’interessi e sono pronti a sostenerlo a ogni costo, anche perché sanno che mai si rimangerà la parola data su scambi di favori per il business di ciascuno.

Pena la correzione di quel tiro al piccione che, come monito pre-elettorale, una settimana fa aveva steso tre sue guardie del corpo e una manciata di passanti. Perfette esplosioni meditative. Appena concluse le operazioni di voto cosa estrae dal cappello il furbo Abdullah?

La richiesta di bocciatura del capo della Commissione Elettorale Indipendente Zia-ul-Haq Amarkhail. Figura finora operativa, ma che all’avvio dello spoglio del voto presidenziale una sua personalissima sfiducia pubblica bolla come inaffidabile.

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L’asse Kabul-Washington cerca il nuovo Karzai

Dal blog di Enrico Campofreda – 14.6.2014
 
Women voteScatta l’ora della verità fra i pretendenti alla presidenza della Repubblica Islamica Afghana, i signori del regime Abdullah Abdullah e Ashraf Ghani, il primo è favorito e già avanti nel primo turno elettorale. I due si sono divisi la benevolenza della comunità internazionale rendendosi disponibili e interessati al ruolo che fu di Karzai, non certo un campione di autodeterminazione.

Assai determinato però nel sostenere gli affari di famiglia e clan secondo il diffusissimo manuale che non ha collocazioni geografiche est-ovest. Vale per tutti i punti cardinali del mondo.

L’oliato meccanismo prevede una disponibilità a non ostacolare i grandi manovratori dello scacchiere internazionale, ovvero sottomettersi a uno di loro e gestire coi potentati locali ogni oscillazione fra guerra e pace, fra aiuti “umanitari” e affarismo più o meno lecito. In Afghanistan dopo l’invasione sovietica di fine Settanta, la resistenza, la devastante guerra civile, il periodo talebano è in corso da circa un quindicennio questo modello che anche gli attuali pretendenti all’amministrazione futura manterranno in vita.

Perché conviene a tutti: ai poteri forti della geo-strategia che vedono tuttora gli Stati Uniti e i più fedeli alleati Nato dell’Unione Europea perseguire il piano di presenza militare sul territorio. Si consolida una permanenza sino a tutto il 2016 (non più 2014) e s’attende il benestare locale per una proiezione sino al 2022 e oltre.

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Chi sono i due candidati al ballottaggio in Afghanistan

Internazionale – 13.6.2014

abdullah1306Il candidato alla presidenza Abdullah Abdullah dopo un discorso elettorale a Kabul il 9 giugno.

Dopo un lungo dibattito e pesanti accuse di brogli elettorali, il 15 maggio i due principali candidati alla presidenza dell’Afghanistan – Abdullah Abdullah e Ashraf Ghani – hanno accettato il risultato del primo turno, in cui Abdullah ha preso il 45 per cento dei voti e Ghani il 31,5 per cento.

Gli afgani torneranno alle urne per il ballottaggio il 14 giugno. I risultati definitivi arriveranno alla fine del mese e il nuovo presidente s’insedierà entro il 2 agosto.

Ecco chi sono i due candidati:

Abdullah Abdullah è nato nel 1960 da madre tagica e padre pashtun. Ha ottenuto il 45 per cento dei voti al primo turno ed è il favorito al ballottaggio. È stato ministro degli esteri nel primo governo guidato da Hamid Karzai.

Nel 2009 ha sfidato il presidente uscente ritirandosi, però, prima del secondo turno. Era molto legato ad Ahmad Shah Massoud, figura centrale della resistenza all’occupazione sovietica e al regime taliban.

Ashraf Ghani è nato nel 1949 e ha studiato negli Stati Uniti. Ha lavorato per la Banca mondiale ed è stato ministro dell’economia dopo la caduta del regime taliban nel 2001. Ha incentrato la sua campagna elettorale sulla lotta contro la povertà.

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Afghanistan, ballottaggio esplosivo

Dal blog di Enrico Campofreda – 7.6.2014

Abdullah Abdullah gives a 001A poco più di una settimana dall’avvio del ballottaggio per la presidenza afghana Adbullah Abdullah, il candidato favorito che nei preliminari ha ottenuto più voti (45%) e che raccoglie la maggior parte degli alleati politici (soprattutto signori della guerra) è stato oggetto di un attentato in cui sono decedute sei persone e ventidue sono rimaste ferite nella località di Mirwais Khan.

Inizialmente si pensava a vittime nel suo entourage ma sia Abdullah sia la scorta sono rimasti illesi. Secondo lanci d’agenzia testimoni oculari parlano di due esplosioni succedutesi a breve distanza con l’impressione di attacchi suicidi. La polizia indaga e forse per questo l’incertezza resta.

Il presidente uscente Karzai e l’altro candidato alla carica di Capo della Repubblica Islamica Ghani hanno condannato l’attentato quale “intimidazione per il consolidamento della democrazia nel Paese di cui le elezioni sono un importante passo“.

Qualcuno vuol far fuori Abdullah? Non è escluso. Ma la sequenza di ipotesi è articolata e destinata a restare irrisolta. La componente talebana che più d’un anno fa voleva porsi in concreta alternativa alla presidenza Karzai, aprendo un proprio ufficio in Qatar (peraltro tollerato dalla politica statunitense) può voler sostenere la linea del boicottaggio elettorale fino alle estreme conseguenze di assassinare il personaggio più accreditato.

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Afghanistan: il sergente Bergdahl è salvo, ma rischia il carcere

INTERNAZIONALE – 4 giugno 2014

video soldato406La notizia del rilascio era stata data da Barack Obama alla famiglia Bergdahl e poi alla nazione, ma la gestione della liberazione ha suscitato molte critiche, sia all’interno dell’amministrazione sia tra i repubblicani, per la scelta di negoziare con i taliban: una trattativa durata molti mesi a cui avrebbe partecipato anche il Qatar.

La cattura di Bergdahl, avvenuta nel 2009 a Yahya Khel, nel sudest del paese, è sempre stata un mistero. All’epoca il sergente aveva 23 anni e secondo la ricostruzione ufficiale è stato rapito dopo che aveva lasciato volontariamente la base.

Il sergente sarebbe stato in mano del gruppo Haqqani, una fazione taliban nota per la linea dura e sarebbe stato portato oltre la frontiera pachistana. Ora è ricoverato in un ospedale militare in Germania ma su di lui pende il rischio di un procedimento per diserzione davanti alla corte marziale.

Ad alimentare le polemiche aveva contribuito anche la diffusione di alcune dichiarazioni del padre di Bergdahl, Robert, sui social network. Tre giorni prima della liberazione del figlio, aveva twittato: “Lavoro per la liberazione di tutti i prigionieri di Guantanamo. Dio ripagherà la morte di ogni bambino afgano. Amen”. Il tweet è stato cancellato, ma secondo il New York Daily News era diretto all’account Twitter del jihad afgano.
Bob Bergdahl durante una conferenza stampa nella base militare di Boise, nell’Idaho, il 1 giugno 2014. (Brian Losness, Reuters/Contrasto)

Alla conferenza stampa che si è tenuta alla Casa Bianca, Robert Bergdahl si è presentato con la lunga barba che non si tagliava dal giorno del rapimento del figlio e ha pronunciato qualche parola in pashtun e in arabo. Un pastore della sua chiesa ha spiegato che l’uomo è anche diventato un attivista pacifista.