ASSEMBLEA GIOVEDÌ 17 OTTOBRE
ORE 21
CIRCOLO ARCI BELLEZZA (via bellezza) Milano
Fermiamo l’aggressione turca al Rojava!
Appello per un'Assemblea pubblica!
ASSEMBLEA GIOVEDÌ 17 OTTOBRE
ORE 21
CIRCOLO ARCI BELLEZZA (via bellezza) Milano
Fermiamo l’aggressione turca al Rojava!
Appello per un'Assemblea pubblica!
Estreme conseguenze, 8 ottobre 2019
890 milioni di euro negli ultimi tre anni. E’ il valore delle commesse militari italiane in Turchia, armi e sistemi di arma. Elicotteri da guerra. Sistemi di precisione. Armi da fuoco.
Enrico Campofreda, dal blog, 12 ottobre 2019
I costi umani della guerra sporca - ora contro i kurdi, negli anni passati contro siriani sunniti anti Asad e siriani alawiti pro Asad, e cristiani e drusi, diciamo la guerra che la gente di Siria ha subìto prima di aver scelto - contano otto anni di sangue, lutti, fughe, miseria.
Dacia Maraini: "Il governo italiano prenda posizione, in Siria c'è un aggressore e un aggredito e noi dobbiamo dire che stiamo dalla parte di quest'ultimo. Tutto succede per l'azione di un uomo poco responsabile, Trump..."
Umberto De Giovannangeli, huffingtonpost, 10 ottobre 2019
“Sono piena di ammirazione per queste ragazze,
Shendi Veli, Rete Kurdistan, 10 ottobre 2019
Rojava. L’appello alla mobilitazione internazionale per sabato 12 ottobre.
Già numerose le iniziative di solidarietà nelle città italiane- La reazione all’inziativa militare di Erdogan nel Rojava, denominata Peace Spring, ha già travalicato i confini territoriali, grazie al lavoro delle associazioni della diaspora curda e dei tanti comitati di solidarietà in tutto il mondo.
Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus ha attivato una raccolta fondi per sostenere la resistenza curdo-araba contro l'invasione turca del fascista Erdogan e far fronte all'immediata emergenza umanitaria causata dai bombardamenti indiscriminati sui civili.
DONAZIONE IMMEDIATA e ILLIMITATA https://bit.ly/2q0dNxh
http://www.mezzalunarossakurdistan.org/
Oppure dona attraverso il crowdfunding:
https://buonacausa.org/cause/emergenza?fbclid=IwAR0q1HliPYaPDb8S4Uj3ENinIGeiL_IPyueIUcWs3l7hNbw195K-m9xmXeY#.XZ5DCMjkK7I.facebook
Cisda, 9 ottobre 2019
Il dittatore turco Erdogan, avallato da Trump e nel silenzio dei paesi dell’Unione Europea, sta inviando truppe e mezzi militari pesanti alla frontiera con la Siria del nord, ha già iniziato a bombardare le postazioni curde nelle zone di Tal Abyad e Tal Tawil, e minaccia di voler occupare il Rojava.
Riportiamo la testimonianza dal campo di R.R., operatrice internazionale di Un Ponte Per.
R.R., Un Ponte Per, 8 ottobre 2019
Mentre si rincorrono sul telegiornali le notizie di un possibile, imminente attacco turco nel Nord Est della Siria, le nostre operatrici e operatori continuano a svegliarsi, lavorare, andare a dormire. Sperando di non dover assistere a nuove guerre. Sperando di non dover contare ancora le vittime, vedere le persone fuggire e morire.
Comunicato del Movimento delle donne kurde in Europa, TJK-E, in difesa della rivoluzione nella Siria settentrionale e orientale
Rete Jin, 7 ottobre 2019
Dal 2012, con il ruolo di avanguardia delle donne, i popoli nella Siria settentrionale e orientale hanno costruito un sistema sociale che consente una vita pacifica, radicalmente democratica, libera dall’oppressione di genere per tutti i gruppi etnici, religiosi e culturali della regione.
Kongrea Star è l’organizzazione ombrello di tutte le donne in Rojava. Questo è il loro comunicato riguardo le minacce dello Stato turco.
Kongrea Star, 8 ottobre 2019
Alle genti del mondo,
a tutti i popoli amanti della libertà,
alle forze della democrazia e alle donne del mondo.
Attraverso l’invasione della Siria settentrionale e orientale, le forze di occupazione vogliono ancora una volta consolidare il proprio potere sui popoli della regione del Medio Oriente. Le minacce di attaccare il Rojava sono l’espressione di piani per negare e annientare il popolo curdo e tutti gli altri popoli amanti della libertà nella regione. Le recenti alleanze e accordi tra Turchia, Iran, Russia e altri si basano sull’eliminazione del sistema di autogoverno che è stato istituito nella regione e sono inoltre motivati dal desiderio di cambiare la composizione demografica della regione, al fine di condizionare la politica e utilizzare la ricchezza della regione secondo i propri interessi. Allo stesso tempo, con questi piani di occupazione e aggressività, vogliono sradicare le conquiste del Rojava per ripristinare la loro egemonia nella regione.
I popoli della Siria settentrionale e orientale si sono preparati per ogni possibile attacco e hanno preso precauzioni per garantire la loro difesa e protezione. Non è solo il popolo curdo, ma tutti coloro che compongono la Siria settentrionale e orientale, che creano e proteggono il loro sistema di società democratica e i risultati della rivoluzione del Rojava. Come pioniere e creatrici della rivoluzione della libertà, in particolare le donne esprimono il loro potere contro queste politiche per proteggere ciò che è stato ottenuto con la rivoluzione delle donne.
Con la resistenza a Kobane, le esperienze guidate dalle donne e le conquiste della rivoluzione del Rojava sono diventate un polo di lotta per tutte le donne del mondo. Con il suo impegno per la libertà e l’uguaglianza, la rivoluzione del Rojava è diventata una pratica e una speranza per le donne nel mondo. Pertanto, tutte le donne che lottano e resistono nel mondo devono ora unire le loro voci contro queste mentalità patriarcali, aggressive e occupanti, e le politiche di guerra.
Occupando la Siria settentrionale ed orientale, oggi le forze internazionali, guidate dagli Stati Uniti, vogliono mettere tutta la regione del Medio Oriente sotto il loro dominio e dividerla in base ai loro interessi politici. Bisogna capire che questa guerra è il riflesso allo stesso tempo di una guerra tra i poteri della NATO e i popoli. Le potenze dominanti vogliono imporre sulla nostra regione una versione contemporanea del Trattato di Losanna del secolo scorso. Allo stesso tempo, il silenzio delle Nazioni Unite di fronte alle minacce di pulizia etnica nella regione le rende parte dell’occupazione e dell’uccisione di massa previste. Ciò influenzerà negativamente il mondo intero. La vittoria di Rojava è invece un esempio positivo per il futuro delle donne e dell’umanità, che apre le porte a una vita in libertà e uguaglianza.
Le mentalità patriarcali e le politiche di guerra e di annientamento sono imposte alla rivoluzione del Rojava e alla regione nei personaggi di Trump, Putin ed Erdogan. A nome del Rojava, chiediamo a tutte le donne rivoluzionarie e ai popoli democratici della regione e del mondo di lottare contro questa mentalità. Proprio come il popolo e le donne curde e le popolazioni e le donne della Siria settentrionale e orientale si sono protette a vicenda dagli attacchi fino ad ora, ora staranno insieme per proteggere il Rojava. Vogliamo che questa resistenza unificata sia rafforzata dalle donne di tutto il mondo. Dobbiamo unificare le nostre voci e il nostro spirito in questo momento cruciale.
I valori che sono stati raggiunti e ottenuti in Rojava sono stati frutto di una lotta, in particolare per quanto riguarda la creazione di una vita democratica e libera. In questo senso, la difesa del Rojava equivale alla difesa di una vita democratica e libera e costituisce il dovere di tutte le donne e tutti i popoli rivoluzionari al mondo. I popoli e le donne rivoluzionari e amanti della libertà devono alzare la voce e unire le proprie forze per opporsi all’annientamento e all’attacco dei successi del Rojava. Dobbiamo considerare questa come una storica responsabilità per il nostro impegno per l’uguaglianza e la democrazia.
In questo senso, chiediamo a tutte le forze della democrazia e a tutte le donne rivoluzionarie di tutto il mondo di scendere in piazza in lotta e in solidarietà. Uniamo le nostre voci e proteggiamo insieme la libertà dei popoli della regione. Chiediamo ancora una volta a tutte le persone che amano la libertà di opporsi alla mentalità dell’occupazione e di difendere ciò che è stato ottenuto delle popolazioni della regione per una vita in libertà e democrazia.
Saluti rivoluzionari,
Coordinamento di Kongra Star in Rojava
Nick Brauns, Rete Kurdistan, 7 ottobre 2019
Il Presidente turco Erdogan annuncia ingresso in Siria del nord». Forse oggi, forse domani« l’esercito turco per la salvaguardia di interessi di sicurezza« inizierebbe un’offensiva aerea e di terra in Siria del nord.
5 Ottobre 2019
Storia delle avvocate Nasrin Sotoudeh e Shirin
Ci sono donne che lottano per i diritti, per la libertà e per l'uguaglianza, che a rischio della propria vita non smettono di battersi per la giustizia e la democrazia.
SIMONA CATALDI - qcode.i 2 ottobre 2019
I civili, oltre a essere l’obiettivo di questa guerra infinita, si trovano sotto attacco in particolare nel tentativo di difendere i diritti umani
L’Afghanistan è un paese ai margini dei diritti umani. Michel Forst, Relatore Speciale per le Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, nel suo report annuale 2018 dice chiaramente che il contesto di insicurezza e instabilità del paese ha un enorme impatto sull’operatività e la libertà d’azione di attiviste e attivisti, costantemente sotto minaccia e oggetto di continui attacchi, intimidazioni e violenze sia da parte di attori non statali – talebani, Daesh, Al-Qaeda, signori della guerra e gruppi conservatori; sia da parte di attori statali e forze governative.
Enrico Campofreda dal suo Blog - 29 settembre 2019
Dati diffusi da poco più della metà dei seggi indicano in un milione e centomila gli elettori che si sono recati alle urne. Se tale cifra si raddoppierà e i votanti supereranno i due milioni l’Afghanistan registrerà la più bassa percentuale (attorno al 25%) di tutte le consultazioni presidenziali tenutesi dall’avvìo del cosiddetto corso democratico voluto, manu militari, dagli Stati Uniti.
Nel 2014 i partecipanti furono sette milioni sui dodici milioni di iscritti, il 60%. Stavolta i cittadini che si erano registrati nei circa 5000 seggi ammontavano a 9.6 milioni. Ancor più che in altre occasioni il voto di sabato 28 è stato blindato da oltre 70.000 militari, impegnati a offrire sicurezza a chi si voleva esprimere nell’urna.
CONFERENZA INTERNAZIONALE
su
Confederalismo Democratico, Municipalismo e Democrazia Globale - VISIONI E STRATEGIE DAL KURDISTAN -
Sab. 5 e Dom. 6 Ottobre 2019
Teatro Palladium – ROMA, ITALIA
Sono passati circa 8 anni dall’avvento delle primavere arabe e dall’inizio della guerra civile in Siria. Gli equilibri sono cambiati, nuove alleanze si sono create e dietro gli scenari bellici si nascondono interessi sovranazionali pronti a rideterminare e ridefinire i confini. A pochi mesi dalla tanto decantata sconfitta dell’Isis cosa sta accadendo in quei territori?
Il ritiro della coalizione internazionale e il ricollocamento dei diversi eserciti testimoniano nuove trasformazioni in atto. All’interno di questo contesto, un popolo sta cercando di costruire una propria alternativa basata su principi quali il pluralismo, il reciproco rispetto nella convivenza tra diverse etnie e religioni, l’uguaglianza tra i generi ed una produzione ecosostenibile del territorio. L’esperienza del Confederalismo Democratico ci mostra come, all’interno di un conflitto armato, sia possibile dar vita ad un nuovo progetto capace di dar voce e cristallizzare le volontà dei popoli che vivono quel territorio.
Un esperimento di democrazia radicale e diretta che, surclassando il modello “stato-nazione”, si propone come l’unica possibilità in grado di stabilizzare quelle terre. Lo scenario in medio oriente si colloca all’interno di un contesto globale in continuo mutamento. Se da un lato è caratterizzato dalla presenza di nuovi sovranismi, formazioni di estrema destra e di matrice sciovinista che avanzano ovunque, dall’altro mette in atto forme organizzative di resistenza che, dalle esperienze indigene al municipalismo europeo, cercano di delineare nuove traiettorie.
Una conferenza dunque, che da una critica del presente, cerchi di analizzare il paradigma del Confederalismo Democratico per raccontare e descrivere una nuova prospettiva dalla quale partire per confrontarsi e proporre una alternativa al presente. Una discussione che sappia relazionarsi con le più diverse e recenti esperienze, al fine di connettersi e costruire una “terza via” possibile.
GIAMPAOLO CADALANU - la Repubblica - 30 settembre 2019
In strada con gli “Ambasciatori di gentilezza”. Gli artisti educano i ragazzi e sfidano i talebani
KABUL - Quando la voce di Masooma Mohammadi si diffonde nel giardino del caffè, dai tavolini accanto gli avventori alzano appena lo sguardo dietro la siepe di rose.
Poi riprendono la teiera d’acciaio, versano bevanda aromatizzata allo zafferano e si rimettono a chiacchierare. Ne è passato di tempo da quando i seguaci del mullah Omar impiccavano i televisori e vietavano danze e canti in tutto l’Emirato islamico d’Afghanistan.
«La gente deve passare più tempo alla moschea», diceva allora il mullah Qalamuddin, incaricato di impedire la corruzione della cultura tradizionale. Ma quegli anni sono lontani per l’Afghanistan che sabato è andato alle urne per scegliere il suo presidente, fra paura di attentati e instabilità.
Ai tempi dell’Emirato, Masooma non era nata e i suoi amici erano ancora bambini.
Sono cinque, tutti attorno ai vent’anni: una voce, due chitarre, un violino e una telecamera.
La Stampa - Francesco Semprini - 29 Settembre 2019
Sono poche ma determinate. Sfidano i pregiudizi tribali e le minacce dei terroristi
«I nostri padri hanno combattuto contro gli invasori, i nostri mariti combattono contro gli oppressori, è nostro dovere essere qui, questa è la nostra linea del fronte». Zarghwan Wardak indossa il gilet azzurro della Commissione elettorale indipendente ed è presidente di uno dei seggi femminili della scuola Abozagghazari, nella periferia di Kabul.
Quando le chiediamo se non teme le ritorsioni dei taleban tira fuori il guerriero che è in lei: «Lo facciamo per le nostre figlie». Dinanzi alla desolazione delle urne sono le donne la vera «resistenza» afghana contro guerra e miseria.
Come Bahar studentessa di oftalmologia che una volta terminati gli studi vorrebbe andare in Canada per la specializzazione.
Ci guarda incuriosita mentre sta per attraversare la cancellata dell’università di Kabul, sul viso fard e rimmel: «Non è mica un reato», ci dice. È senza dubbio una sfida però, specie in certe aree dell’Afghanistan, come Ghazni la città controllata dai taleban che l’aspirante oculista ha lasciato per venire a studiare nella capitale. È determinata ad andare a votare, «per chi non ve lo dico, ma lo sento come un dovere nei confronti dei miei genitori che mi hanno permesso di essere libera in un posto dove a molte ragazze come me è vietato andare a scuola».