Sicurezzainternazionale.luiss.it Camilla Canestri 12 aprile 2022
Il 12 aprile, l’Iran ha convocato l’inviato afghano a Teheran per discutere degli attacchi subiti il giorno precedente dalle missioni diplomatiche iraniane in Afghanistan.
Sicurezzainternazionale.luiss.it Camilla Canestri 12 aprile 2022
Il 12 aprile, l’Iran ha convocato l’inviato afghano a Teheran per discutere degli attacchi subiti il giorno precedente dalle missioni diplomatiche iraniane in Afghanistan.
Pressenza.com Andrea De Lotto 13 aprile 2022
Avevamo intervistato Laura Quagliuolo nell’agosto scorso, quando tutti parlavano di Afghanistan, mentre ora il silenzio è calato sull’Afghanistan e gli altri conflitti nel mondo, come quello in Yemen. Torniamo a parlare con lei per sapere cosa è successo nel frattempo.
Iniziamo dalla situazione politica
In Afghanistan i talebani hanno preso il potere in tutto il paese, le sacche di resistenza militare sono dovute all’Isis Corazan, uno dei rami locali dell’Isis. Vi sono stati diversi attentati, compreso quello all’aeroporto, quando ad agosto le persone cercavano di scappare.
Rawanews - 8 aprile 2022
Un video postato sui social mostrava delle donne arrabbiate che stracciavano uno stendardo talebano
https://www.facebook.com/100055557124654/posts/469459268249307/
Fonti della provincia di Bamyan confermano che i talebani hanno arrestato 11 donne accusate di aver interrotto il programma del gruppo di supporto.
Secondo queste fonti, le prime tre persone che avevano abbassato gli striscioni talebani sono state arrestate e poi altre otto sono state arrestate con l'accusa di aver interrotto il programma.
Le fonti aggiungono che il destino di queste donne dopo il loro arresto è sconosciuto.
La scorsa settimana, i talebani hanno invitato le donne di Bamyan a protestare contro il blocco delle riserve di valuta estera da parte della Federal Reserve degli Stati Uniti e a sostenere il loro governo provvisorio. Ma quando una donna ha chiesto che le scuole fossero riaperte alle ragazze dopo la sesta elementare, i talebani hanno bloccato il suo discorso e il programma è stato interrotto.
Inoltre, un video pubblicato sui social media mostrava donne arrabbiate strappare uno striscione talebano.
https://www.facebook.com/100055557124654/posts/469459268249307/
I talebani di Bamyan, tuttavia, non dicono nulla sulla detenzione di donne e ragazze.
Circa due mesi fa, i talebani hanno arrestato le donne manifestanti a Kabul e Mazar e le hanno costrette a promettere di non protestare di nuovo contro di loro.
Traduzione a cura del CISDA
Corriere.it Viviana Mazza - 10 aprile 2022
Nadia Hashimi, scrittrice americana di origini afghane , sulla “beffa”della finta riapertura: «Le donne hanno provato a ribellarsi, ma al governo ci sono i terroristi»
Un gruppo di ragazze di una scuola a Kabul: le scuole femminili, riaperte dai talebani il 23 marzo, sono state chiuse poche ore dopo con la scusa che le divise delle alunne dovevano essere cambiate (foto Afp via Getty images)
«I talebani avevano detto che, all’inizio del nuovo semestre dopo il primo giorno di primavera, avrebbero permesso il ritorno a scuola alle ragazze dalla prima media in su. Così, per 175 giorni, le ragazze hanno aspettato. Il primo giorno di scuola, il 23 marzo, alcune di loro si sono presentate: finalmente il momento era arrivato. Molte sono state mandate via. I talebani avevano cambiato idea. Hanno trovato scuse come quella che bisogna pensare a una divisa appropriata. Sciocchezze. Non c’è niente che non avrebbero potuto decidere nei passati sette mesi e, comunque, queste ragazze hanno indossato abiti “appropriati” a scuola per tutta la vita, anche prima che i talebani riprendessero il potere».
La scrittrice Nadia Hashimi, nata a New York da genitori afghani emigrati negli Anni 70, segue con attenzione la situazione nel suo Paese d’origine ed è coinvolta nell’accoglienza dei rifugiati e nell’insegnamento offerto ai più giovani, arrivati negli ultimi mesi.
A proposito di guerre e stragi
Maria Morigi, l’AntiDiplomatico, 8 aprile 2022
In Afghanistan il diluvio dei bombardamenti ebbe il via il 7 ottobre 2001 con l’operazione Enduring Freedom.
L’invasione del territorio controllato dai Talebani vide all’opera Usa e Regno Unito che fornivano supporto tattico, aereo e logistico ai gruppi dell’Alleanza del Nord.
Nessun inviato speciale a documentare le distruzioni di villaggi e più grandi città.
Nessun inviato speciale a raccontare le sofferenze e le morti di civili afghani: pastori e capre, bambini a scuola, donne che vendevano il pane al bazar, contadini al lavoro nei campi, fedeli presso la moschea di villaggio.
Le tappe principali del conflitto tra novembre e dicembre del 2001 registrarono l’avanzata verso Mazar-i Sharif, la caduta di Kabul, la caduta di Kunduz, la rivolta nella fortezza di Qala-i Jangi (dintorni di Mazar i Sharif, quartier generale del signore della guerra comandante dell’Alleanza del Nord, Abdul Rashid Dostum alleato degli USA), infine la presa della roccaforte di Kandahar che segnò la fine dell’Emirato islamico.
Nella fase dei combattimenti appena successiva alla rivolta di Qala-i Jangi si compì una delle peggiori stragi della guerra afghana: il massacro di Dast-i Leili che si tentò invano di tenere nascosto al pubblico mondiale ma ben documentato in “Caos Asia” di Ahmed Rashid, Feltrinelli 2008. Una ricca testimonianza della doppia morale praticata dagli USA e ammannita dai media.
“Ingiustificato, illegale e disumano” è stato definito da un tribunale polacco l’arresto, la detenzione e il respingimento di tre afghani, la notte del 29 agosto 2021
Franz Baraggino, Il Fatto Quotidiano, 9 aprile 2022
L’esodo ucraino verso l’Europa ha una porta principale che si chiama Polonia. Dall’invasione russa del 24 febbraio, i dati dell’UNHCR indicano che due milioni e mezzo di persone hanno varcato la frontiera polacca. Quattro volte quelle entrate in Romania, più di sei volte quelle che hanno riparato in Ungheria. Ma il volto polacco dell’Unione europea non è solo quello solidale che si mostra ai valichi dove approda chi lascia l’Ucraina. Più a nord, altri profughi di altre guerre attraversano la frontiera in cerca di asilo, e l’Ue mostra loro un’altra faccia.
Dove la Polonia confina con la Bielorussia, profughi provenienti da paesi come Afghanistan e Siria subiscono abusi e respingimenti illegali. “Il problema principale è il mancato rispetto delle regole, e il clima di impunità in cui opera la Guardia di frontiera polacca”, spiega Małgorzata Jaźwińska, avvocato di Varsavia che la settimana scorsa ha vinto in un ricorso presentato da tre afgani, arrestati e poi respinti in Bielorussia nonostante avessero espresso volontà di fare richiesta d’asilo.
Abusi che secondo la legale riguardano migliaia di casi solo nell’ultimo anno. Preoccupazione per la salute dello stato di diritto nel Paese è stata espressa a vari livelli in Europa, ma sulle violazioni e gli abusi ai migranti l’Unione europea non è ancora arrivata a una condanna formale, più concentrata a sanzionare le violazioni del governo bielorusso che a vedere quanto accade all’interno dei propri confini.
L’ISIS continua ad operare in alcune parti del Paese, sebbene i funzionari talebani insistano sul fatto che le loro forze hanno sconfitto il gruppo
LUISS, 6 aprile 2022
L’esplosione di granate nella moschea di Pul-e-Khisti, situata in una zona densamente popolata della capitale afghana, Kabul, ha causato almeno 6 feriti, il 6 aprile, secondo quanto riferito dalla polizia. L’attacco è avvenuto pochi minuti dopo la preghiera di mezzogiorno e non è stato ancora rivendicato.
Un fedele presente sulla scena dei fatti, Mohammed Yasin, ha riferito all’agenzia di stampa AFP, citata da Al-Jazeera English, “Avevamo terminato le preghiere e stavamo uscendo dalla moschea quando è avvenuta l’esplosione”. Il portavoce della polizia di Kabul, Khalid Zadran, ha poi aggiunto che una granata è stata lanciata nella moschea Pul-e-Khisti e un sospettato è stato arrestato sul posto. La moschea si trova in una zona densamente popolata di Kabul ed è circondata da negozi e mercati affollati.
In un attacco separato del 2 aprile, almeno una persona è stata uccisa e altre 59 ferite in un’esplosione al più grande mercato di cambio valuta del Paese, Sarai Shahzada, non lontano dalla moschea attaccata quattro giorni dopo.
Nessun gruppo ha rivendicato la responsabilità dei fatti del 6 aprile, ma il gruppo affiliato allo Stato islamico nell’area, ovvero lo Stato Islamico nella provincia di Khorasan (IS-K), ha compiuto recenti attacchi a Kabul e in altre città. L’IS-K ha rivendicato l’attacco a un ospedale militare di Kabul che aveva provocato 19 morti a novembre 2021 e l’attacco suicida del precedente ottobre a una moschea sciita a Kandahar, in cui sono state uccise almeno 60 persone.
È possibile trattare con i talebani, ottenere concessioni sui diritti delle donne? Qui un’opinione in merito
Rafia Zakaria, Internazionale, 5 aprile 2022
Sembra che i taliban non siano cambiati per niente. Il 22 marzo hanno annunciato che le ragazze non potranno frequentare le scuole superiori. Poi hanno aggiunto che le donne afgane non potranno uscire dal paese senza la presenza o il permesso di un parente maschio. Con queste due decisioni sono stati spazzati via tutti i progressi fatti dalle donne negli ultimi vent’anni.
Oggi le afgane vivono una delle situazione più strazianti della storia. Non solo il loro paese è stato devastato dall’occupazione statunitense e dalle rovine che si è lasciata alle spalle, ma ora metà della popolazione è stata anche tagliata fuori, cancellata e ridotta al silenzio. Le donne non possono partecipare alla ricostruzione del paese, che sarebbe così necessaria.
Chi le ha tradite di più? I taliban o le forze statunitensi e della Nato che avevano promesso un paese molto diverso da quello che hanno lasciato? È una domanda difficile, non ultimo perché né i taliban né gli Stati Uniti sembrano interessati a riconsiderare le loro posizioni sull’argomento. Se è vero che i taliban si sono addossati quest’ultimo carico di crudeltà, gli statunitensi e le agenzie umanitarie internazionali hanno abbandonato programmi di aiuti del valore di centinaia di milioni di dollari senza dare spiegazioni.
“Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è l’istruzione”
Valeria Cagnazzo, Pagine Esteri, 5 aprile 2022
“E’ un giorno devastante. I talebani avevano promesso che avrebbero permesso alle ragazze di tornare a scuola. E’ una promessa che avevamo già sentito in passato, e sappiamo che i talebani continueranno a inventare scuse per impedire alle ragazze di accedere all’istruzione. Le abbiamo sentite nel 1996, le abbiamo sentite nella valle dello Swat, le sentiamo di nuovo oggi nel 2022. Useranno la scusa dell’uniforme scolastica, del camminare da sole per andare a scuola, delle classi separate, delle insegnanti donne. Credo che l’Afghanistan che i talebani stanno concependo è un Paese in cui le ragazze non ricevono un’educazione, in cui non vanno mai oltre la scuola primaria e in cui non ci sono donne istruite. E’ un Afghanistan in cui metà della popolazione è relegata nell’ombra. Non credo che di questo passo l’Afghanistan potrà vedere la pace e il progresso che si merita. E’ straziante – it’s heartbreaking.”
La Premio Nobel Malala Yousafzai ha commentato così ai microfoni della BBC il passo indietro del governo talebano in Afghanistan sull’apertura delle scuole secondarie di grado inferiore alle ragazze del Paese. Dieci anni fa, in Pakistan, nella valle dello Swat dalla quale proviene, un gruppo di terroristi talebani le sparò alla testa sull’autobus che la riportava a casa da scuola, per punirla delle posizioni prese contro il regime talebano e il suo divieto di istruzione alle donne della sua regione. Aveva quattordici anni all’epoca. A quasi venticinque anni, adesso, una laurea all’Università di Oxford in Filosofia, Economia e Politica alle spalle, dall’Inghilterra guarda con amarezza e senza stupore alle prevedibili mosse del governo talebano sull’accesso all’istruzione per le donne afghane, e sembra che tutto questo tempo sia passato solo per non far cambiare niente.
A dare l’ordine è stato il leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhundzada, il quale ha reso noto che, d’ora in poi, la coltivazione del papavero è severamente vietata in tutto il Paese
Sofia Cecinini, LUISS, 4 aprile 2022
I talebani hanno annunciato il divieto di coltivazione di stupefacenti in Afghanistan, che è il principale produttore di oppio al mondo. A dare l’ordine è stato il leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhundzada, il quale ha reso noto che, d’ora in poi, la coltivazione del papavero è severamente vietata in tutto il Paese. “Se qualcuno viola il decreto, il raccolto sarà immediatamente distrutto e il trasgressore sarà processato secondo la legge della Sharia”, si legge nell’ordine, annunciato in una conferenza stampa dal Ministero dell’Interno a Kabul. L’ordine vieta anche l’uso o il trasporto di altri narcotici.
Il controllo della droga è stata una delle principali richieste della comunità internazionale al gruppo islamista, al potere in Afghanistan dall’agosto 2021. Da allora, i talebani stanno cercando di ottenere un riconoscimento internazionale formale, per revocare le sanzioni contro le banche, le imprese e lo sviluppo. Già durante il loro ultimo governo, nel 200, i talebani avevano vietato la coltivazione del papavero, sempre in cerca della legittimità internazionale, ma dovettero affrontare una reazione popolare, che li fece cambiare posizione.
Fonti talebane hanno riferito di aspettarsi una dura resistenza da parte di alcuni elementi all’interno del gruppo contro il divieto del papavero. I talebani hanno altresì’ riferito che, negli ultimi mesi, c’era stato un aumento del numero di agricoltori che coltivavano papavero. Un contadino di Helmand che ha parlato in condizione di anonimato ha affermato che, recentemente, i prezzi del papavero erano già più che raddoppiati sulle indiscrezioni che i talebani ne avrebbero vietato la coltivazione.
No CPR 31 marzo 2022
"L’Italia esclude i non ucraini dalla protezione Ue. Inutili gli appelli della Commissione, prevale la linea di Visegrad.
Con il dpcm firmato da Mario Draghi si attua la protezione temporanea per gli sfollati dall'Ucraina decisa dal Consiglio Ue. Ma la possibilità di ampliare la platea dei beneficiari è stata scartata dalla maggior parte dei paesi europei, nonostante l'invito esplicito della Commissione Ue lo scorso 17 aprile.
"Sul fronte delle politiche dell'immigrazione la crisi ucraina si rivela una bolla, non un cambio di orientamento dell'Ue", spiega la docente di diritto dell'Unione europea, Chiara Favilli.
L’Italia era uno degli ultimi paesi europei a non aver ancora recepito la decisione del Consiglio Ue che ha adottato la protezione temporanea per i profughi dell’Ucraina.
Dopo ventiquattro giorni, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha finalmente firmato il decreto che attua la direttiva 55 del 2001, a partire dalle persone alle quali destinare la protezione, platea che il Consiglio Ue consente agli Stati di estendere e che la Commissione europea invita ad allargare.
Cisda.it 2 aprile 2022
APPELLO CONTRO LA CHIUSURA DELL’HDP
Le organizzazioni firmatarie di questo appello, attive nel campo della democrazia e della protezione e promozione dei diritti umani, sono profondamente preoccupate per il caso in corso presso la Corte Costituzionale in Turchia riguardo alla chiusura del partito di opposizione HDP (Partito Democratico dei Popoli). L’HDP è stato fondato il 15 ottobre 2012 e da allora è stato un attore fondamentale della vita politica in Turchia. Le nostre organizzazioni chiedono alle autorità di affermare il diritto alla rappresentanza politica in Turchia e di garantire che qualsiasi procedimento contro i partiti politici e i loro rappresentanti sia pienamente conforme agli standard internazionali per un processo equo e che preveda la costituzione di una Corte indipendente e imparziale, come stabilito dalla legge e dal diritto della difesa.
Uikionlus.org 31 marzo 2022
Alla Corte di giustizia si è tenuta l’udienza della causa per la rimozione del PKK dalla ‘lista delle organizzazioni terroristiche’. L’esponente del Consiglio esecutivo della KCK Zübeyir Aydar ha dichiarato: “Ci accusano di terrorismo con le argomentazioni dello stato turco”.
Ilsussidiario.net Carmine Massimo Balsamo 31 marzo 2022
La Cina "sdogana" i talebani•il presidente Xi Jinping ha confermato il sostegno per arrivare alla pace e alla stabilità del Paese
Il numero uno della Cina Xi Jinping ha espresso un forte sostegno all’Afghanistan nel corso di una conferenza stampa di giovedì 31 marzo. Senza mai menzionare le violazioni dei diritti umani dei leader talebani, il leader comunista ha confermato il sostegno al Paese, con l’obiettivo di arrivare il prima possibile a una situazione di pace, stabilità e sviluppo.
Sicurezzainternazionale.luiss.it Anna Peverieri 30 marzo 2022
Il 30 marzo, il ministro degli Affari Esteri cinese, Wang Yi, ha incontrato la sua controparte russa, Sergey Lavrov, nella provincia cinese Orientale di Anhiu, nella città di Tunxi, prima di due multilaterali di due giorni con focus sull’Afghanistan.
Si tratta della prima visita all’estero del ministro russo da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina. L’avvio dei negoziati è stato riportato dall’agenzia di stampa russa Interfax, con riferimento ad un comunicato emesso dalla portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova.
Valigiablu.it Barbara Schiavulli 29 marzo 2022
“Non credo la mia vita abbia più alcun senso. Vorrei morire e lasciare questo mondo che è tanto ingiusto con noi donne. Non potete capire cosa significhi, essere ridotte a un pezzo di carne. Macchine per fare figli, senza sentimenti, senza volontà, senza sogni”, ci dice Amaal (non è il suo vero nome), via whatsapp, mercoledì poche ore dopo che i talebani hanno aperto e richiuso le scuole superiori per le ragazze afghane. Non è neanche stata data una chiara spiegazione per la chiusura dell’ultimo minuto, anche se secondo alcune fonti, ci sarebbe stata una riunione della leadership dove si sono scontrati sia sulle uniformi necessarie perché le ragazze vadano a scuola, sia sul rifiuto per alcuni della necessità di un’istruzione per le ragazze adolescenti. Ad oggi a scuola possono andare solo le bambine fino ai 12 anni, e quelle che stanno finendo l’università.
Ilmanifesto.it Giuliano Battiston 29 marzo 2022
AFGHANISTAN. Intervista a Shaharzad Akbar, già a capo dell’Afghan Independent Human Rights Commission: «Omicidi extragiudiziali, detenzioni illegali, torture contro detenuti»
Quando abbiamo incontrato Shaharzad Akbar la prima volta era la fine del giugno 2021, a Kabul. I Talebani conquistavano distretti su distretti, i nostri interlocutori nella capitale afghana si dicevano più preoccupati del solito, la data per il ritiro dei soldati statunitensi dal Paese si avvicinava.
Fanpage.it Annalisa Girardi 27 marzo 2022
Decine di donne questo fine settimana hanno manifestato a Kabul contro la decisione di non riaprire le scuole medie e superiori alle ragazze. Da quando i Telebani hanno ripreso il potere in Afghanistan lo scorso agosto, le scuole sono rimaste chiuse per le ragazze: sarebbero dovute riaprire la scorsa settimana, al cominciare dell'anno scolastico, ma una volta giunte in classe, le studentesse sono state rimandate a casa. Questo non è l'unico segnale che arriva dal Paese sulle condizioni in cui, nonostante le promesse fatte alla comunità internazionale, le donne versano in Afghanistan.
Ansa.it Kabul 28 marzo 2022
Aumentano le restrizioni alle donne, che vedono sparire i loro diritti.
Serve essere accompagnate da un parente maschio
I talebani hanno ordinato alle compagnie aeree afghane di impedire alle donne di imbarcarsi a meno che non siano accompagnate da un parente maschio: lo hanno reso noto ieri sera funzionari del settore.
Protese delle ragazze afghane per la decisone di chiusura delle scuole per le ragazze con più di 12 anni a poche ore dell'apertura
Il Post, 26 marzo 2022
Sabato mattina decine di persone, principalmente donne, hanno partecipato a una manifestazione di fronte al ministero dell’Istruzione a Kabul, in Afghanistan, per protestare contro la mancata riapertura delle scuole femminili secondarie, cioè l’equivalente di medie e superiori italiane. Le scuole femminili secondarie erano chiuse da fine agosto, quando i talebani avevano ripreso il potere nel paese, e avrebbero dovuto riaprire mercoledì, in occasione del primo giorno dell’anno scolastico afghano, ma alla fine sono rimaste chiuse.