Un racconto storico sull'inizio del sostegno statunitense ai warlords afghani
Cristiana Cella, giugno 2023
Un racconto storico sull'inizio del sostegno statunitense ai warlords afghani
Cristiana Cella, giugno 2023
Alla Casa internazionale delle donne di Roma 8 profughe afghane hanno testimoniato davanti a una Commissione di giuriste che elaborerà un "verdetto"
Antonella Mariani, Avvenire, 30 maggio 2023
Erdoğan è ancora presidente della Turchia. Sulla voglia di cambiamento ha prevalso il timore di perdere quella guida consolidata che il sultano offre da un ventennio
Enrico Campofreda, Blog, 28 maggio 2023
Erdoğan è ancora presidente della Turchia. Lui dice di tutti i turchi, ma un po’ meno della metà degli elettori non lo pensa. Hanno votato per il suo antagonista Kemal Kılıçdaroğlu. Eppure la sterzata ipernazionalista degli ultimi giorni di propaganda per il ballottaggio, che ha caratterizzato più quest’ultimo che il presidente uscente, con accordi per incamerare i due milioni e mezzo dei voti xenofobi della coppia Oğan-Özdağ, è stata equamente divisa fra Erdoğan che percepiva i consensi del primo, e Kılıçdaroğlu che calamitava quelli del secondo. Un milione e rotti ciascuno e la distanza fra i competitori è rimasta invariata a quattro punti di percentuale, com’era accaduto nel primo turno. Il Consiglio Elettorale Supremo andrà a puntualizzare le percentuali definitive che stasera incoronano Baba Tayyip per la terza volta e, eğer Tanrı isterse, fino al 2028. 52,07% per lui, 47,93% per colui che resta presidente solo del partito repubblicano. L’elezione del centenario fa di Erdoğan il padre assoluto della nuova patria turca, nazionalista e islamica, molto più di quanto l’avesse forgiata Atatürk. Da oggi l’epiteto ‘sultano’ usato a mo’ di scherno dagli avversari e per indicarne il desiderio di dominio, diventa una qualifica reale e più una virtù che un vizio. Certo, fra i sovrani dell’Impero c’è chi ha conservato il potere più a lungo: trentasei anni Orhan, il guerriero (dal 1326 al 1362), trenta Mehmed II, il conquistatore (dal 1451 al 1481) e successivamente Solimano, il magnifico che rimase sul trono per 42 anni (1520-1566). Ma quelli che potranno essere i ventisei anni di Erdoğan, sempre se Allah vorrà, hanno un valore quasi secolare. Poiché la nazione che lo mise anche in galera per aver rivendicato l’orgoglio d’una militanza islamica da poter proporre alla luce del sole, rappresenta tuttora, e dopo le tante vicissitudini di cui è stato protagonista, un collante per una maggioranza della popolazione che non è più quella da lui presa per mano alla fine degli anni Novanta, prima come sindaco di Istanbul, poi come premier. La nazione è cambiata, cresciuta, anche nelle aree anatoliche per lungo tempo arretrate. Ha conosciuto un’estensione del benessere soggettivo e collettivo. Ha anche vissuto fasi tragiche con attentati interni da parte di quei gruppi jihadisti, che si presume il leader dell’Akp avesse sostenuto nella prima fase della guerra civile siriana.
Ha conosciuto il soffocamento, partito da Istanbul e seguito in grandi città, del movimento giovanile di protesta per la ristrutturazione al Gezi park. E poi il blocco del processo di pacificazione col leader kurdo Öcalan e la conseguente repressione rivolta alla popolazione del sud-est correlata a una ripresa di guerriglia del Pkk; una repressione che ha ricadute sul Partito Democratico dei Popoli con l’arresto di parecchi parlamentari accusati di sostegno del terrorismo. E ancora: lo scontro con l’ex alleato Fethullah Gülen, a detta del governo organizzatore con la confraternita Hizmet del tentato golpe nel 2016, cui sono seguite decine di migliaia di epurazioni fra le file di militari, poliziotti, docenti, magistrati, dipendenti pubblici e privati. Una stretta autoritaria che ha colpito testate d’opposizione, la libertà di stampa e di pensiero di giornalisti, intellettuali, artisti. All’epoca verso costoro il partito repubblicano non s’è mostrato così solidale come alcuni oppositori marxisti e progressisti si sarebbero aspettati. Gli accordi con cui Dimirtaş e colleghi hanno indirizzato il voto su Kılıçdaroğlu sono stati una scommessa obbligata per l’impossibilità di presentare un proprio candidato di peso, che in ogni caso avrebbe scontato un ruolo di minoranza, corposa ma minoritaria rispetto al voto nazionale. Del resto il ‘Tavolo dei sei’ era coalizzato unicamente sulla caduta di Erdoğan, un fattore che polarizza, tanto da metterlo seriamente in difficoltà davanti agli ulteriori problemi della nazione: l’emergenza post terremoto e quella inflattiva. Ma l’alleanza risultava limitata sul proprio programma interno (contrastare il caro vita e riformare il presidenzialismo) e ancor più sul fronte internazionale. Qui il pur contraddittorio personalismo del presidente uscente ha offerto alla Turchia un ruolo di primo piano nelle aree di crisi geopolitiche. Dunque sulla voglia di cambiamento ha prevalso il timore di perdere quella guida consolidata che il sultano offre da un ventennio. Kılıçdaroğlu, passato in una manciata di giorni da uomo d’una promettente primavera turca a sostenitore di rimpatri razzisti, è parso un opportunista che stordiva le speranze progressiste.
Dinamo press, 25 maggio 2023, di Baran Qamişlo
Il 20 maggio 2023 l’esercito iracheno si è presentato all’alba alle porte di Makhmour, cittadina di profughi curdi in un pezzo di deserto tra Erbil, Mosul e Kirkuk. L’UNCHR è tutore del campo. Makhmour è una di quei posti come Şengal e il Rojava che ha combattuto contro ISIS e che ora si trova sotto pressione da parte del governo Turco e in dialogo con le autorità irachene per mettere fine all’assedio del campo
Rapporto di Amnesty International e della Commissione internazionale dei giuristi
AMNESTY INTERNATIONAL Italia, 26 maggio 2023
Le gravi limitazioni e l’illegale repressione dei diritti delle donne e delle bambine da parte dei talebani in Afghanistan devono essere indagate come possibili crimini di diritto internazionale, tra i quali il crimine contro l’umanità di persecuzione di genere.
È quanto hanno dichiarato oggi Amnesty International e la Commissione internazionale dei giuristi, in un rapporto intitolato “La guerra dei talebani contro le donne: il crimine contro l’umanità di persecuzione di genere in Afghanistan”.
Dopo il ritorno al potere dei talebani, gli enormi afflussi di aiuti si sono però prosciugati. Le Ong e le
Nazioni Unite infatti sono state soggette a enormi restrizioni da parte del governo talebano sull'impiego delle donne afghane.
Pressenza,24 maggio 2023, Associazione per i Popoli Minacciati
Il regime islamista sciita dell’Iran e quello islamista sunnita dei Talebani in Afghanistan non si contendono solo l’influenza nella regione, ma anche l’acqua. Questo conflitto di lunga data per i diritti sulle acque di confine del fiume Helmand mostra come l’acqua sia usata come mezzo di pressione e come le minoranze siano strumentalizzate.
EURACTIV, 18 maggio 2023, di Sofia Stuart Leeson
Il progetto Afghan Witness ha raccolto prove documentate del deterioramento dei diritti delle donne in Afghanistan. Sebbene il sostegno e la condanna dei talebani da parte dell’UE siano un passo importante nella giusta direzione, non è però abbastanza.
ROMASette.it, 22 maggio 2023, di Michele Altoviti
La testimonianza della mediatrice culturale Nazifa Mersa Hussain, al corso di formazione per giornalisti. «Politiche oppressive» anche verso le minoranze religiose
La situazione in Afghanistan è sempre più grave e a farne le spese è come sempre la parte più fragile del paese i bambini e le donne. Ormai l'Afghanistan è un paese dimenticato dai media.
L'Ancora online, 22 maggio 2023, di Simone Incicco
“In tutto l’Afghanistan, ci sono quasi 16 milioni di bambini e bambine che si svegliano affamati. Vanno a letto affamati. Non hanno acqua pulita per dissetarsi. O coperte morbide in cui dormire. Sono ormai troppo abituati a lavorare in casa, per strada, nei campi, nelle miniere e nei negozi. In troppi vivono nella paura di subire violenze o matrimoni precoci.
Circa il 90% della popolazione in Afghanistan è sull'orlo della povertà "e i bambini ne sopportano il peso", ha detto giovedì a New York il rappresentante del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF) nel paese, Fran Equiza.
UN News, Aiuto Umanitario, 18 maggio 2023
Questo articolo è stato pubblicato la prima volta su Pagine Esteri il giorno 12 maggio 2023. A causa di un attacco hacker avvenuto il giorno successivo, il pezzo è andato perduto. Lo ripubblichiamo oggi
Eliana Riva, Pagine Esteri, 17 maggio 2023
Erdogan ha evitato il tracollo perché ha saputo dare riconoscimento politico alla parte di paese più conservatrice che vede nell’islam la sua primaria fonte di identità e nelle manie di potenza del presidente lo strumento per l’affermazione di sé nel consesso internazionale
Chiara Cruciati, Jacobin Italia, 16 maggio 2023
In questo gelido inverno Rawa ha distribuito pacchi di cibo alla gente ridotta in estrema povertà. Ecco il loro racconto
Rawa, febbraio 2023, Città di Kabul
Comunicato stampa dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia
Alla cortese attenzione dell’opinione pubblica – Abbiamo appreso che nella serata di ieri 12 Maggio, la giornalista Emanuela Irace è stata fermata all’aeroporto Sabiha Gökçen di Istanbul e trattenuta per più di 5 ore per poi essere espulsa dal paese.
Rete Kurdistan Italia, 12 maggio 2023
#TurchiaAlVoto. La giornalista Emanuela Irace sarebbe stata fermata in areporto di Istanbul era diretta a Mardin dalle autorità turche. Irace fa parte di una delegazione paratita con sindacalisti italiani e giuristi arrivati in Turchia nella missione degli osservatori internazionali per le prossime elezioni di domenica.