dal blog di Enrico Campofreda - 5 Agosto 2015
Successione spinosa e sanguinaria - Nei giorni immediatamente successivi alla sua fresca nomina a capo dei talebani, più o meno ‘ortodossi’, Ahktan Mansour ha ripetutamente dichiarato di voler seguire le orme tracciate dal mitico mullah Omar. E ha seminato dubbi sul processo di pace ricercato dalla presidenza Ghani, ribadendo il desiderio di concentrarsi sull’incremento della Sha’ria e del sistema islamico piuttosto che su colloqui di pace “a ogni costo”.
Negli annunci ripresi dall’agenzia Reuters e dall’emittente Al Jazeera Mansour ha esposto con enfasi che “non possiamo dimenticare il sangue di generazioni di mujaheddin, perciò dobbiamo lottare fino alla vittoria. Le nostre divisioni fanno solo piacere ai nostri nemici”.
Principali destinatari del messaggio due potenziali rivali: Siraj Haqqani, uno dei cinque figli del defunto Jalaluddin che altre fonti considerano non più avverso, e lo sheikh Rehmatullah. Con loro vari comandanti del satellite talebano sostenevano l’idea d’un successore per linea parentale, individuato nel giovane mullah Yaqub, figlio ventiseienne di Omar. Seppure bollato d’inesperienza, poteva essere invocato come nuovo leader proprio dalla dissidenza che alligna fra taluni membri della Shura di Quetta.
Attentati e ipotesi di morte - Invece da tre giorni a questa parte l’ipotesi del figlio celebre è svanita. Yaqub sarebbe stato ucciso in una delle esplosioni verificatesi a Quetta nel fine settimana. Una di esse è stata rivolta anche al convoglio che trasportava Mansour che, secondo quanto riferito da Tolo tv, risulta scampato alla morte. L’attacco è avvenuto nell’area di Chaman, che confina con la grande provincia afghana di Kandahar, lì il neo leader dei Taliban s’è recato per stabilire accordi con tre importanti guide religiose.
Eminenza grigia di Chaman è il mullah Razzaq, che s’era apertamente opposto alla nomina di Mansour come riferimento per la politica futura dei turbanti nella regione. Anche un deputato e capo talebano vicino a Mansour, Haibatullah Noorzai, è finito in un agguato andato a vuoto, lo sparatore originario del Beluchistan, è stato arrestato dalla polizia pakistana. Se le notizie che gli stessi organi locali riportano col condizionale venissero confermate l’evidenza d’uno scontro, accanto a un’ampia spaccatura nei ranghi talebani, risulterebbe palese, introducendo lo spettro d’una nuova guerra fra bande.
Ma non c’è da escludere che fra le tante deflagrazioni ci sia anche lo zampino dell’Intelligence di Islamabad. La biografia di Mansour, cinquantenne del distretto di Kandahar formatosi in una madrasa pakistana della provincia di Pakhtnkhawa, vanta un pedigree di combattente antisovietico.
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