Delegazione CISDA in Afghanistan per celebrare l’8 marzo
8 Marzo 2017
 Questo l’intervento della delegazione CISDA in Afghanistan all’incontro con Hambastagi, il Partito della libertà.
Questo l’intervento della delegazione CISDA in Afghanistan all’incontro con Hambastagi, il Partito della libertà.
Care compagne e cari compagni, siamo veramente onorate per avere la possibilità di celebrare questo 8 marzo con voi. Essere qui è, per noi, un grande privilegio.
Oggi, 8 marzo, Le donne di 49 paesi del mondo hanno deciso di scendere in piazza per “protestare e scioperare contro la guerra che ogni giorno subiscono sui loro corpi: la violenza fisica, che ogni giorno uccide migliaia di donne, psicologica, culturale, economica, che rende la donna sottomessa al potere patriarcale che molto spesso si intreccia con il potere religioso.
E in Afghanistan l’uso della religione per fini politici e di potere è stato devastante per le donne, cui è stato sottratto ogni diritto, e per la società intera. Lo sciopero generale dell’8 marzo è la risposta delle donne alla “violenza strutturale della società, in famiglia, al lavoro, a scuola, negli ospedali, in tribunale, sui giornali, per la strada”.
Quali sono le richieste del movimento delle donne?
- La risposta alla violenza è l’autonomia delle donne
- Senza effettività dei diritti non c’è giustizia né libertà per le donne
- Sui nostri corpi e sulla nostra salute decidiamo noi
- Se le nostre vite non valgono, non produciamo
- Vogliamo essere libere di muoverci
- Vogliamo distruggere la cultura della violenza attraverso la formazione
- Rifiutiamo i linguaggi sessisti e misogini
L’8 marzo non è solo una celebrazione. Vogliamo che sia 8 marzo tutti i giorni.
In questo mondo globalizzato, dove il capitalismo morente lancia violentissimi colpi di coda per sopravvivere, crediamo che la solidarietà internazionale sia fondamentale. Continuiamo a costruire ponti tra noi, a incontrarci, a sostenerci, a lottare insieme per gli stessi ideali di giustizia, libertà e pace; e non perdiamo la speranza. La solidarietà e la lotta sono l’unica soluzione.
Non hanno perso la speranza i compagni e le compagne del Kurdistan, che stanno combattendo una durissima battaglia contro daesh e nello stesso tempo contro lo stato turco, dove il dittatore fascista Erdogan sta facendo di tutto per annientare le speranze di pace di un popolo negato anche della sua lingua, e oppresso da 40 anni.
Per loro il confederalismo democratico promosso da Ocalan è l’unica soluzione di pace per tutti i popoli del medio oriente. Così recita la sua costituzione:
“Con l’intento di perseguire libertà, giustizia, dignità e democrazia, nel rispetto del principio di uguaglianza e nella ricerca di un equilibrio ecologico, la Carta proclama un nuovo contratto sociale, basato sulla reciproca comprensione e la pacifica convivenza fra tutti gli strati della società, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, riaffermando il principio di autodeterminazione dei popoli.”
Per i compagni kurdi non c’è democrazia senza la partecipazione attiva delle donne. E allora chiudiamo il nostro intervento con uno slogan che amano scrivere ovunque:
Jin Jihan Azadi (donna, vita, libertà)
 
 
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