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A Kabul, una giovane artista usa l’arte per dare voce al silenzio delle donne

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amu.tv Sharif Amiry 8 giugno 2025

KABUL — In un paese in cui alle donne è stato impedito di accedere all’istruzione, al lavoro e alla libertà di espressione, una giovane artista si rivolge alla pittura e alla tela per parlare a nome di coloro che non possono più farlo.

Con colori audaci e pennellate decise, Amna Yousufi, una giovane pittrice di Kabul, afferma di usare la sua arte per documentare le lotte invisibili delle donne, dai matrimoni forzati alla perdita dello spazio pubblico.

“In questa opprimente oscurità, l’arte è la mia unica finestra: un modo per far sentire al mondo il dolore di cui non possiamo più parlare”, ha dichiarato in un’intervista.

Yousufi ha iniziato a dipingere molto prima del ritorno al potere dei talebani nel 2021, ma afferma che il suo lavoro ha assunto un’urgenza ancora maggiore dopo la presa del potere da parte del gruppo.

“Dopo che i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan, ho capito che l’arte poteva essere uno strumento di resistenza, un modo per esprimere il dolore e le realtà che abbiamo troppa paura di dire ad alta voce”, ha affermato. “Questi dipinti sono diventati un linguaggio per le voci che sono state messe a tacere”.

Il suo lavoro riflette le esperienze vissute dalle donne afghane, ritraendo temi come la violenza domestica, il velo forzato e le restrizioni alla libertà di movimento e all’istruzione. Molti dei suoi soggetti appaiono senza volto o nascosti da veli, un motivo visivo che, a suo dire, rappresenta sia la cancellazione che la sopravvivenza.

“Questo è il mio messaggio a tutte le donne, in Afghanistan o altrove, che vivono nell’ombra”, ha aggiunto.

Sebbene le sue opere non possano essere esposte al pubblico a causa delle attuali restrizioni, alcune delle sue opere sono circolate silenziosamente online e tramite reti private. Attiviste per i diritti delle donne ed educatrici descrivono iniziative come quella di Yousufi come atti vitali di sfida e memoria.

Sotto il regime talebano, le rappresentazioni di esseri viventi – in particolare donne – sono state scoraggiate o addirittura vietate, e il gruppo ha definito le voci delle donne “awrah”, un termine usato per giustificare il loro silenzio negli spazi pubblici.

Tuttavia, Yousufi continua a dipingere – non per le gallerie, dice, ma per la memoria.

“Ogni linea, ogni colore”, ha detto, “è un modo per impedire che il nostro silenzio diventi permanente”.

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