Talebani, terremoti, siccità, alluvioni: così la solidarietà delle ong resiste a tutto in Afghanistan
TPI The Post Internazionale, 12 settembre 2025, di Antonio Scali
Un’emergenza umanitaria senza precedenti. Instabilità politica ed economica, disastri naturali, violazione dei più basilari diritti umani. La situazione in Afghanistan è ormai da tempo disastrosa. Sono passati quattro anni da quando, nell’agosto 2021, i talebani hanno ripreso il potere nel Paese. La crisi economica morde sempre più, e minaccia di lasciare più del 97 per cento della popolazione in estrema povertà.
Così molte famiglie sono costrette a compiere scelte drastiche, che nessun genitore vorrebbe mai prendere, come ritirare i figli da scuola per mandarli a lavorare, venderli o, nel caso delle ragazze, farle sposare precocemente. In Afghanistan 22,9 milioni di persone (più della metà degli abitanti del Paese) versano in drammatico bisogno di assistenza umanitaria: di queste, 12,4 milioni sono bambini sotto i 18 anni d’età, come sottolinea l’Unicef.
Una catastrofe dopo l’altra
La mancanza di accesso ai servizi essenziali, all’educazione, al lavoro e alle opportunità di sostentamento acuisce ancor di più le disparità, e aggrava le condizioni delle fasce più deboli, come donne e minori. Le principali criticità riguardano l’accesso a cibo, protezione e servizi sanitari. Le aree di maggiore bisogno sono quelle più remote, spesso identificate come “white areas”, dove i servizi essenziali come l’acqua potabile risultano fortemente limitati, se non inesistenti. Come se non bastasse, anche la natura sembra “accanirsi” su questa terra, negli ultimi anni martoriata da alluvioni, siccità e devastanti terremoti, come quello dello scorso 31 agosto che ha provocato più di duemila morti.
Da quando nel 2021 il nuovo governo talebano è tornato al potere, la crisi economica si è fatta più acuta, la popolazione è più povera (alle donne è vietato lavorare in quasi tutti i settori), e il sistema sanitario è collassato. I numeri, d’altronde, parlano chiaro. In questo momento nel Paese 21 milioni di persone non hanno accesso ad acqua sicura e servizi igienico-sanitari essenziali, oltre 19 milioni sono prive di assistenza medica di base, 7,8 milioni necessitano di supporto nutrizionale, e oltre 820mila bambini sono in immediato pericolo di vita per malnutrizione acuta grave.
In questo contesto sociale e politico così complesso diventa difficile anche portare avanti le attività delle decine di organizzazioni non governative italiane e internazionali che da anni operano sul territorio, con forti rischi per l’incolumità di operatori umanitari e sanitari.
Assistenza sanitaria
Eppure, sono diverse le grandi organizzazioni solidali e sociali che, nonostante tutto, resistono e portano avanti i loro progetti per cercare di migliorare le condizioni di vita della popolazione afghana. Proviamo con una rapida carrellata a dare risalto alle attività e ai progetti più significativi.
Emergency lavora in Afghanistan dal 1999 e oggi è presente nel Paese con tre Centri chirurgici (a Kabul, Lashkar-Gah e Anabah), un Centro maternità ad Anabah, una rete di 40 posti di primo soccorso e Centri sanitari e delle cliniche in alcune carceri del Paese. Gli ospedali di Emergency continuano a rappresentare un punto di riferimento fondamentale per la popolazione locale, offrendo cure gratuite e di qualità. Uno dei punti di forza delle loro attività è l’impegno per formare la popolazione locale. Per questo gli ospedali a Lashkar-gah, Kabul e Anabah sono anche Centri di formazione post-laurea in chirurgia e traumatologia, pediatria, ginecologia e ostetricia e anestesia ufficialmente riconosciuti dal Ministero della Sanità afgano. «Nelle nuove generazioni di giovani medici e infermieri e nella formazione vediamo ancora una speranza per il futuro», spiega Dejan Panic, direttore del programma di Emergency in Afghanistan. «È fondamentale che tutti, donne comprese, possano tornare ad avere il proprio spazio nella società, e che la comunità internazionale non abbandoni questo Paese».
Inoltre non possiamo dimenticarci del lavoro svolto dal Comitato internazionale della Croce Rossa, al servizio del popolo afghano da oltre 40 anni, fornendo assistenza sanitaria di base e supporto alla riabilitazione fisica, riunendo le famiglie separate dai conflitti e migliorando l’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici e all’elettricità. Il Cicr, poi, è intervenuto prontamente dopo il terribile terremoto di fine agosto.
Aiuti all’infanzia
In prima linea per sostenere i bambini bisognosi invece c’è l’Unicef, presente in Afghanistan dal 1949. Tra gli obiettivi del 2025, quello di raggiungere con terapie salvavita 824mila bambini con Malnutrizione Acuta Grave e 7,4 milioni con somministrazione di vitamina A. L’organizzazione punta poi ad assistere con cure mediche di base più di 19 milioni di persone e 340mila bambini con vaccinazioni contro il morbillo. Fondamentale, inoltre, l’obiettivo di raggiungere 3,9 milioni di persone con acqua sicura, 3,4 milioni con servizi idrici e igienico-sanitari appropriati e 4,4 milioni con programmi di promozione dell’igiene. Particolare attenzione verrà data all’aiuto di bambini sfruttati e abusati, e per potenziare l’istruzione, raggiungendo due milioni di ragazzi con programmi di emergenza nelle scuole. Un impegno a fianco della popolazione locale che va avanti da oltre 70 anni, grazie ad un solido rapporto di fiducia con le comunità, come dimostra l’immediata mobilitazione da parte di Unicef di risorse, uomini e aiuti dopo il devastante terremoto che ha colpito il 31 agosto la parte orientale del Paese.
Tra le organizzazioni maggiormente attive sul territorio non possiamo poi non citare Save The Children, presente nel Paese da oltre 40 anni. L’associazione, in particolare, pone l’attenzione sulla gravità della scelta del governo talebano di impedire a moltissime ragazze di frequentare le scuole di istruzione secondaria e l’università. Inoltre, alle donne viene proibito di lavorare per le associazioni umanitarie. In tanti anni di attività in quella nazione, Save The Children ha portato avanti aiuti salvavita come cure mediche anche nelle aree più remote, curando 73mila casi di malnutrizione acuta infantile e fornendo supporto sanitario a oltre 30mila donne. Molti sforzi sono stati profusi nel campo dell’istruzione, con l’allestimento di spazi sicuri dove i bambini possano giocare e studiare. In particolare, un recente progetto – sviluppato in undici strutture sanitarie strategicamente distribuite in vari distretti – ha portato avanti interventi chiave riguardanti l’assistenza prenatale e postnatale, programmi di vaccinazione, trattamento della malnutrizione acuta, supporto all’alimentazione dei neonati e dei bambini e attività di promozione dell’igiene.
Tra le organizzazioni presenti sul territorio afghano c’è anche ActionAid, che ha da poco lanciato il suo piano strategico fino al 2029. Diverse le aree di intervento su cui si vuole investire nei prossimi anni: l’emancipazione di donne e ragazze, promuovendo al contempo diversità, inclusione ed equità; il sostegno a soluzioni sostenibili e durature e ad azioni positive per il clima, come lo sviluppo della biodiversità e il maggior utilizzo delle energie rinnovabili; l’aiuto alle popolazioni colpite da conflitti, disastri naturali e altre crisi. L’obiettivo è quello di sostenere la ripresa di queste comunità per contribuire a un Afghanistan più resiliente e pacifico.
Il contributo dall’Italia
C’è anche l’Italia tra i Paesi che, con le proprie organizzazioni, continua a dare un contributo per il futuro dell’Afghanistan. Pangea, ad esempio, è una fondazione milanese presente a Kabul dal 2003, con progetti in difesa dei diritti umani delle donne, microcredito ed empowerment per la loro indipendenza sociale. Tra le varie attività svolte sul territorio, il progetto Jamila consente alle donne di frequentare corsi, ricevere assistenza e accedere al programma di microcredito per avviare o incrementare attività lavorative. Un progetto che punta all’emancipazione sociale ed economica delle afghane, e per questo mal digerito dai talebani. Tra le altre cose, il programma permette alle donne che hanno seri problemi di salute di usufruire gratuitamente di visite mediche specializzate e se incinte viene offerto un percorso di accompagnamento per una maternità sicura.
A fianco delle donne afghane, dal 1999, c’è anche l’onlus Cisda – Coordinamento italiano in sostegno donne afghane. Tra i progetti sostenuti, quelli a favore dell’istruzione scolastica, visto che, come detto, i talebani hanno vietato l’accesso ai corsi della scuola secondaria alle ragazze nella quasi totalità dei distretti. E ancora il progetto Sartoria, per rendere le donne autonome lavorando da casa, dato che non possono lavorare né nei servizi pubblici (ad eccezione dei ruoli che non possono essere ricoperti da uomini in campo sanitario ed educativo) né in quelli privati. Un modo quindi per ridare loro dignità e riaffermare il diritto al lavoro femminile.
E ancora Nove Caring Humans, operativa in Italia dal 2012 e dall’anno seguente in Afghanistan. Tra i progetti portati avanti, quello di un orfanotrofio femminile a Kabul, per far riconquistare il diritto all’infanzia a decine di bambine sopravvissute a violenze, abbandono e traumi profondi. E ancora il progetto Percorsi di Benessere, per garantire assistenza psicologica alle donne e alle ragazze afghane, sempre più provate dalle crescenti restrizioni imposte dal regime talebano.
In prima linea, per chiudere la nostra carrellata, anche Intersos, che punta a raggiungere le popolazioni vulnerabili nelle aree più remote. L’organizzazione nel 2024 ha assistito 526.652 persone nelle province di Kabul, Kandahar, Uruzgan e Zabul. Vengono forniti aiuti essenziali riguardanti salute, nutrizione, protezione e accesso all’acqua potabile, con l’obiettivo di restituire dignità e rafforzare la resilienza delle comunità. In particolare, vengono garantiti servizi sanitari di base e specialistici, tra cui consultazioni per malattie trasmissibili e non trasmissibili, salute materno-infantile, supporto per la salute mentale, assistenza sessuale e riproduttiva, nonché servizi ostetrici di emergenza. Importanti anche le campagne di vaccinazione e quelle di sensibilizzazione per promuovere l’igiene. Intersos, inoltre, si rivolge a donne sopravvissute a violenza di genere, famiglie sfollate e persone che ritornano da altri Paesi, offrendo loro spazi sicuri, supporto psicosociale e assistenza logistica per l’accesso ai servizi necessari nelle loro città. Organizzazioni e attività che, dunque, nonostante i forti limiti imposti dal regime talebano, portano avanti il loro impegno per un Afghanistan più prospero e pacificato. Un obiettivo strategico anche a livello geopolitico, per riportare la pace nell’area, nell’interesse di tutti.
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