Roma, 7 Settembre
(ANSA) In Afghanistan, nell’ultimo decennio, “c’è stata una catena di uccisioni di giornalisti compiuti da assassini che rimangono nell’ombra.
Si tratta per la maggior parte di omicidi di natura politica, e non criminale: alcuni circoli politici nascosti cercano di reprimere la liberta’ di espressione uccidendo i giornalisti”.
A parlare dopo il feroce assassinio del giornalista televisivo Sayed Hamid Noori (la 27/a vittima dal 2001) è Sayed Yaqub Ibrahimi, fratello di Sayed Pervez Kambakhsh: il giovane giornalista condannato prima a morte e poi a 20 anni di reclusione per aver scritto dei diritti delle donne nell’Islam, e graziato dal presidente Karzai, esattamente un anno fa.
Kambakhsh era subito riparato in una localita’ segreta all’estero, e anche Yaqub Ibrahimi, giornalista ancora prima del fratello piu’ giovane, ha poi dovuto lasciare l’Afghanistan a causa delle pressioni che subiva, e ora gode dell’asilo politico in un altro Paese.
Dopo ogni assassinio, tutti organizzati con grande abilità, prosegue, ”il governo promette di trovare i responsabili , ma in questi nove anni non abbiamo mai saputo se sono stati catturati e puniti”
“Anche Zakia Zaki, Shakibaa Saanga e altri – sottolinea – sono stati uccisi in modo simile, e gli assassini sono scomparsi per sempre”.
”Penso – conclude l’ex redattore del britannico Institute for War and Peace Reporting – che il governo non sia onesto sulla liberta’ di espressione in Afhganistan o perlomeno abbia due facce, quella per i media e quella reale. Ai media dicono the sostengono i giornalisti e, dopo ogni caso, che troveranno gli assassini, ma la realta’ e’ ben diversa”.
Luciana Borsatti (ANSA)
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