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Afghanistan, donne rivoluzionarie

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Linda Chiaramnote  –  Peacereporter
Intervista a Samia Walid, attivista clandestina di Rawa, associazione politica femminile afgana che dal 1977 lotta per i diritti umani e la democrazia

Samia Walid è uno dei nomi di copertura che usa una giovane donna afgana da oltre tredici anni attivista di Rawa, la più antica associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan: indipendente, democratica e antifondamentalista che si batte per la laicità, la giustizia sociale e la difesa dei diritti umani e delle donne. Creata nel ’77 da alcune intellettuali dell’università di Kabul, dapprima ha contrastato l’occupazione sovietica, poi ha gestito i campi profughi in Pakistan. Rawa si occupa di progetti di formazione, istruzione, assistenza medica, sostegno alle vittime di guerra, alle donne maltrattate e agli orfani. Samia è nata a Kabul, ha vissuto alcuni anni in uno dei campi pakistani gestiti da Rawa, a ventitre anni è tornata a Kabul dove ha frequentato l’università, poi conclusa in Pakistan, ora vive in Afghanistan.
Qual è la situazione del paese e quali scenari si aprono dopo l’uccisione di Bin Laden?

Dopo dieci anni sotto il controllo della Nato l’Afghanistan è disastrato, occupato, dominato da signori della guerra, talebani e politici corrotti. Nel 2001 le truppe americane attaccarono con il pretesto di portare democrazia, difendere i diritti delle donne e fare guerra al terrorismo. Il vero obiettivo era costruire una base strategica per controllare la produzione dell’oppio. Ora la situazione è anche peggiore di quella al tempo dei talebani, nel frattempo diventati più forti. L’Afghanistan è uno dei governi più corrotti al mondo, il fondamentalismo dell’alleanza del nord è ancora più saldo e molti parlamentari sono estremisti. La situazione delle donne è drammatica, manca la sicurezza, il sistema scolastico e quello sanitario non sono migliorati. Il paese ha ricevuto miliardi di dollari, ma i fondi sono finiti per lo più nelle tasche dei signori della guerra e delle Ong. La situazione economica è gravissima, nei villaggi mancano le scuole. Dell’uccisione di Bin Laden i paesi occidentali hanno parlato come di un’operazione di successo, ma soprattutto per le donne le cose non cambieranno. Anche senza di lui al-Qaeda, talebani e fondamentalismo sono vivi e vegeti. Per sconfiggere al-Qaeda bisogna combattere le sue idee, al potere ci sono terroristi più pericolosi di Bin Laden. Continueranno i crimini contro civili innocenti, Usa e truppe Nato.
Come si vive nel tuo Paese?

È molto pericoloso per un’attivista. Rawa conta circa duemila iscritte e lavora in clandestinità, è molto critica anche sulla politica statunitense e gli agenti segreti dei fondamentalisti ci danno la caccia. Crediamo sia impossibile costruire una società democratica con la forza delle armi, per raggiungere questo obiettivo bisogna battersi con una mobilitazione dal basso. Al momento sembra non ci sia speranza di raggiungere la democrazia, ma un giorno la gente si sveglierà. Guardiamo alla Tunisia e agli altri paesi arabi, lo scorso anno nessuno avrebbe mai immaginato questa rivoluzione, a volte basta una scintilla a far sollevare la popolazione. Siamo sicure che per noi capiterà lo stesso, la popolazione è stanca. Alcune settimane fa in una provincia del nord c’è stata una grande dimostrazione contro le truppe Nato dopo un attacco in cui sono rimasti uccisi quattro civili innocenti. C’è una lenta presa di coscienza. Dieci anni fa avevamo fiducia che le truppe cambiassero le cose, ora abbiamo capito che sta agli afgani lottare, la gente deve prendere il potere. La popolazione ha di fronte diversi nemici: la Nato, i talebani, l’alleanza del nord e il governo corrotto di Karzai. Nessuno sta facendo niente di buono per la gente, ma solo i propri interessi. Le truppe non sono lì per la nostra democrazia, lo stesso vale per i talebani che dicono di combattere per l’Islam e un Afghanistan libero e indipendente, ma che non sono altro che marionette di alcuni paesi islamici come l’Arabia Saudita. Anche gli uomini dell’alleanza del nord sono criminali, fondamentalisti, lo stesso Karzai è un fantoccio.
Che ruolo svolgono i media nel Paese?

Da noi pochi hanno accesso a internet, ci sono molto canali televisivi, giornali, radio, ma appartengono al governo e sono controllati, molti sono di proprietà degli Usa, ricevono soldi dall’americana Nbc quindi seguono soprattutto la politica statunitense nel paese. I crimini contro le donne perpetrati dalla Nato vengono quasi ignorati, la televisione trasmette serial indiani, musica, moda, stile, per tenere occupata la gente e controllare le menti facendo il lavaggio del cervello alle giovani generazioni. La società civile deve nascere dal basso. Quella che c’è ora, specie a Kabul, è soprattutto frutto delle Ong, di istituti che ricevono soldi per realizzare progetti, ma che spesso non si occupano dei problemi reali della gente. Trattano con i signori della guerra, i talebani, il governo, ma non parlano mai di rovesciarlo e di mandar via fondamentalisti e talebani dalla scena politica afgana. I criminali non possono dominare un paese, ma devono andare davanti ad un tribunale e in prigione.
Quali sono le vostre battaglie e di cosa vi state occupando ora?

Siamo un’organizzazione politica, lottiamo per la democrazia, i diritti delle donne, i diritti umani e l’indipendenza, ora stiamo lavorando per rendere consapevoli le donne e creare un fronte contro i signori della guerra, l’occupazione e i talebani. I democratici nel nostro paese sono molto deboli, negli ultimi trent’anni non hanno mai ricevuto supporto, molti sono stati assassinati, altri sono scappati. Le università e le scuole sono controllate dal governo e dai signori della guerra, non c’è possibilità per le idee democratiche di crescere e diffondersi nella società. Solo tutti insieme si può essere più forti.
Come fa Rawa a lavorare in questa situazione?

La nostra attività sociale non può essere underground, per scuole e orfanotrofi usiamo altri nomi o la copertura di Ong. Per l’attività politica invece è necessario restare nell’ombra e stare molto attente, per parlare c’incontriamo nei bazar o all’università. Usare il burqa è un modo per stare al sicuro, l’unico uso positivo, nessuno sa niente su chi ci sia sotto. Purtroppo non possiamo svolgere attività allo scoperto in tribunale o ai congressi, ma siamo in contatto con altri movimenti democratici. Abbiamo sostenitori in varie province e villaggi.
Qual è la battaglia che conta di più per te?

L’istruzione delle donne è la chiave del cambiamento, per lottare devono avere gli strumenti necessari. È importante anche istruire gli uomini, depositari del potere.

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