Afghanistan: parlamentari e uomini armati fanno irruzione in un orfanotrofio
Agoravox, 6/10/2011 – Enrico Campofreda
La Kabul 2011 che s’approssima a ricordare dieci anni di Enduring Freedom – la missione che esportava democrazia e normalizzazione – vede gli uomini delle istituzioni temere l’istruzione e l’emancipazione del popolo proprio come i talebani nel quinquennio del loro regime.
Nei giorni scorsi a Kabul un noto organismo della società civile – Afghan Child Education Care Organization – ha subìto l’ennesimo violento attacco. Senza sangue ma con un terrore che non si cancella. Lo narra la responsabile Andeisha Farid: “Siamo tornati a essere bersaglio di un’inspiegabile ostilità. L’assurdo è che essa proviene da figure istituzionali, da membri del Parlamento”.
Scortati da guardie armate, Razia Sadat Mangal, Najia Orgonwal, Kamal Nasir Osuli, che siedono nella Wolesi Jirga hanno fatto irruzione nella struttura per orfani Mehan di Kabul.
“Sono arrivati senza avvisare, accusavano, minacciavano, erano contornati da agenti che brandivano fucili. Sembrava un’operazione militare contro un covo di Al Qaeda ma noi siamo un orfanotrofio. Ancora più assurdo quello che con voce aggressiva reclamavano i parlamentari. Ci accusavano di tenere ‘un bordello per occidentali’ dicevano che volevamo ‘convertire i bambini al cristianesimo’. La Mangal era la più ostile, sosteneva di aver visto il via vai di uomini. Noi spiegavamo che si trattava dei volontari che insegnano lingua inglese, operatori dell’Ong Asia Foundation, funzionari delle ambasciate inglese e statunitense”.
Razia Sadat Mangal eletta nella Wolesi Jirga, aveva già tentato in precedenza d’introdursi nel centro in compagnìa di armati. Le era stato impedito perché la legge prescrive l’obbligo di un’autorizzazione per entrare in questi luoghi protetti che ospitano bambini o donne abusate.
All’Afceco hanno il sospetto che la parlamentare indispettita per il precedente rifiuto abbia cercato appoggio in altri rappresentanti della Camera agitando le congetture criminose. Prosegue Farid:
“La perquisizione in stile poliziesco ha raccolto qualche piccolo strumento musicale, più libri e computer usati per la didattica così il livore mostrato dal trio è cresciuto. Urlavano: ‘Perché insegnate musica? Perché spendete soldi per questi bambini?’. Hanno girato armati nei corridoi e per le stanze dando la caccia a minori terrorizzati. Qualche ragazzina aveva la voce soffocata dall’ansia e dalle lacrime mentre era costretta a rispondere alle domande. Insieme ad altri dello staff ci siamo opposti alla barbarie, siamo stati minacciati dal sedicente “Comitato d’esame” di dover rispondere dell’attività di Afceco in Parlamento. Noi non temiamo nulla, agiamo in piena autonomia e correttezze seguendo princìpi umanitari riconosciuti dalla Comunità Internazionale e siamo in regola con tutte le norme richieste dal governo. A cui chiediamo: con tutti i problemi che deve risolvere l’Afghanistan perché membri della vita pubblica usano energie per accanirsi contro orfani e una Ong del tutto regolare?”.
Già perché? Le Ong fuori da collusioni e intrighi con l’attuale governo afghano sono oggetto di attacchi e ostacoli, com’è accaduto nei mesi scorsi a chi organizza gli shelter usati per proteggere le donne fuggite dall’oppressione maschile, contro cui si scagliano allo stesso modo talebani, signori della guerra e tutto il pastunwali governativo e istituzionale.
Sul tanto celebrato Parlamento afghano, che nelle ultime inaffidabili elezioni infarcite di brogli s’è riempito di uomini (e qualche donna) prossimi al potere, il balletto della democrazia di facciata è giunto al capolinea. È difficile credere alla favola d’un Paese moderno che i politici di cui si contorna Karzai starebbero costruendo.
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