IMPUNITÀ, MILIZIE E LA POLIZIA LOCALE AFGHANA
In Afghanistan i gruppi armati stanno proliferando. Dieci anni dopo l’invasione dell’Afghanistan guidata dagli USA in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001, l’insorgenza guidata dai Talebani risulta intensificata in molte parti del paese. Come risposta, il governo afghano e i suoi sostenitori internazionali, all’interno di una strategia di disimpegno internazionale, stanno potenziando l’esercito nazionale e la polizia in tempi velocissimi. Il governo ha riattivato diversi gruppi armati irregolari, in particolare nel Nord. Sono state anche create centinaia di piccole nuove milizie, guidate da potenti figure locali e a volte dalle comunità stesse, per rispondere alla situazione di progressivo deterioramento della sicurezza in molte parti del paese. Le forze armate internazionali che operano in Afghanistan lavorano in stretta collaborazione con queste milizie, molte delle quali sono state accusate di violazioni dei diritti umani.
Per decenni, gli afghani hanno patito gravi violazioni dei diritti umani per mano delle milizie locali, che includevano una varietà di gruppi irregolari: dai gruppi armati al comando di leader tribali alle imprese private per la sicurezza; dalle bande criminali ai gruppi di ribelli organizzati. La parola afghana che maggiornamente si avvicina al temine “milizia” è arbaki. Questa parola indica anche le forze irregolari create dai vecchi programmi governativi. Milizie di ogni tipo hanno commesso sanguinose vendette tribali, assassini mirati, traffici illegali ed estorsioni. Frequenti sono anche gli stupri di donne, ragazze e bambini.
Di solito, le milizie sono controllate da uomini descritti come potenti locali o signori della guerra – tipicamente, vecchi comandanti mujahideen che hanno costruito il loro potere durante la guerra santa (jihad) di resistenza contro i Sovietici – che godono di una rete di protezione estesa fin nel cuore del governo locale e nazionale.
Le milizie irregolari hanno portato molti afghani ad allontanarsi dal governo centrale e in alcune zone hanno contribuito all’espansione dell’insorgenza armata; in un classico circolo vizioso, l’intensificarsi della guerriglia ha provocato un aumento dell’appoggio del governo alle milizie.
Per esempio, la provincia di Kunduz nel nordest dell’Afghanistan, di gran lunga una delle regioni più sicure del paese, ora pullula di milizie armate. L’aumento delle milizie in questa zona è dovuto alla risposta locale al rapido deterioramento della sicurezza determinato dai Talebani e altri gruppi armati che a partire dal 2008 si sono introdotti nella provincia occupandone aree significative.
Ma l’aumento delle milizie è anche frutto di una precisa politica del Direttorato Nazionale per la Sicurezza (National Directorate of Security, NDS), che ha ridato vita a milizie dei decenni precedenti, principalmente attraverso le reti di Shura-e Nazar (“Consiglio di Supervisione” del Nord, un tempo guidato da Ahmed Shah Masood) e di Jamiat-i Islami. Il NDS ha fornito denaro e armi senza alcun controllo sui requisiti per ottenerli. Grazie ai legami di potere con ufficiali di alto grado delle forze di sicurezza locali e del governo centrale, questi gruppi agiscono nell’impunità.
Nella provincia di Kunduz il dilagare delle milizie e la loro crescita di potere sono diventati perniciosi. Human Rights Watch ha raccolto numerose denunce di violazioni dei diritti umani compiute da milizie nella provincia di Kunduz, che includono uccisioni, stupri, pestaggi ed estorsioni. In molti casi, non è stata intrapresa alcuna azione legale contro i responsabili di questi crimini. Per esempio, nel distretto di Khanabad, nell’agosto 2010, una milizia ha ucciso un giovane che non voleva unirsi al gruppo. Il locale rappresentante del sistema giudiziario si è rifiutato di predisporre alcun arresto, perché il comandante della milizia aveva legami con il capo della polizia locale e con un potente della regione, Mir Alam, che gestisce gruppi armati illegali.
In questa situazione complessa, ora gli Stati Uniti e il governo afghano stanno fornendo armamenti militari, addestramento e salario a migliaia di uomini reclutati in una nuova forza armata organizzata a livello di comunità: la Polizia Locale Afghana (Afghan Local Police, ALP).
Creata per ordine degli USA e finanziata dagli USA, la Polizia Locale Afghana è ufficialmente destinata a “garantire la sicurezza alle comunità locali e impedire le infiltrazioni di gruppi insorgenti nelle aree rurali”. E’ formalmente concepita per supportare le forze armate per la sicurezza nazionale fornendo protezione a livello di comunità di villaggio, ma senza potere di coercizione. Di fatto, viene vista dagli USA come un modo per fare fronte al gravoso impegno di passare il controllo della sicurezza al governo afghano entro il 2014, mantenendo la stabilità nelle parti remote del paese.
Mentre creavano la Polizia Locale Afghana, il governo afghano e gli USA dicevano di avere imparato la lezione dal passato e che questa volta sarebbe stato diverso. I loro sostenitori sottolineano in particolare ciò che viene descritto come misure rigorose per coinvolgere le comunità locali nella scelta e nel controllo delle reclute, insieme a sforzi per evitare di accrescere il potere di milizie preesistenti e alla attenta supervisione di speciali forze operative USA sopra la maggior parte delle nuove formazioni della Polizia Locale Afghana.
Se pure questi intenti sono lodevoli, quando sono state create le unità della Polizia Locale Afghana non è tuttavia stato fatto abbastanza per controllare le condizioni che avevano permesso alle vecchie milizie sostenute dai passati governi di commettere crimini nell’impunità, aggirando così il mandato delle comunità e minando alla radice l’obiettivo di garantire una diffusa sicurezza. Di fatto, molti afghani hanno rivelato a Human Rights Watch che è ben difficile distinguere questa nuova forza d’ordine dalle arbakai (il plurale di arbaki, milizia).
Il costante ricorso alle milizie come rimedio rapido per la sicurezza suggerisce una mancanza di comprensione di quanto può essere violenta e oppressiva anche una piccola milizia, quando opera senza il necessario controllo e commette crimini nell’impunità.
Nel momento in cui le milizie si abbandono a stupri, assassini, ruberie e intimidazioni, e non c’è un ricorso neanche minimo alla giustizia da parte delle vittime, la creazione delle milizie non diminuisce l’insicurezza; anzi, la crea.
[…] Mettendo in luce il fallimento dell’attuale programma di sicurezza e i casi di abusi commessi dalle unità della Polizia Locale Afghana, non intendiamo minimizzare le alte perdite di vite umane e il terrore causato dalle bombe dei Talebani, dagli omicidi mirati, alle esecuzioni e dai rapimenti della popolazione civile, che sono stati documentati in precedenti report di Human Rights Watch. Abbiamo sempre dato largo spazio alla disperazione degli afghani e al loro profondo bisogno di sicurezza. Ma come chiarisce bene questo report, la mancanza di sicurezza non viene solo da elementi “anti-governativi”. La debolezza del potere centrale, la corruzione endemica, le violazioni dei diritti umani e l’impunità delle forze armate sostenute dal governo sono forti incentivi alla ribellione e alla guerriglia, che devono essere affrontati se si vuole che l’Afghanistan conosca sviluppo e vera stabilità.
Human Rights Watch, dal report “Just Don’t Call It a Militia” FARE LINK http://www.hrw.org/node/101507
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