Soldati a Kabul e più basi Usa ecco il prezzo pagato a Obama
WikiLeaks, per l’aeroporto Dal Molin è stasta una resa. Letta e La Russa: faremo ciò che volete. Via i caveat per i militari italiani in Afghanistan: potranno combattere a fianco dei marines
di LUCA FRAIOLI
ROMA – Più militari italiani in Afghanistan, pronti a combattere al fianco dei marines, senza i tanti vincoli imposti dai “caveat” che impediscono ai nostri soldati di intervenire in tutto il territorio afgano e soprattutto di partecipare a operazioni d’attacco. E poi il via libera all’ampliamento delle basi Usa nella Penisola, alla loro completa autonomia dalle autorità italiane, allo stoccaggio sul suolo nazionale di armi che, almeno in teoria, il nostro Paese ha messo al bando. Dai nuovi cablo sull’Italia venuti in possesso di WikiLeaks emerge che Washington, in cambio del sostegno al governo Berlusconi, chiede la massima collaborazione in campo militare. E la ottiene, sempre.
L’AFGHANISTAN
In alcuni casi gli americani sono persino sorpresi dalla disponibilità dell’alleato: i cablo rivelano che il Pentagono si aspetta dal governo italiano l’invio in Afghanistan di rinforzi limitati: non più di 500 uomini. E invece Roma decide di spedire a Herat 1200 soldati, con più mezzi blindati, aerei ed elicotteri da combattimento. Non solo, il ministro della Difesa Ignazio La Russa assicura al segretario della Difesa americano Robert Gates che saranno eliminati tutti i “caveat” che limitano le operazioni dei soldati italiani. Tutti tranne uno: ci vorrà un preavviso di sei ore per far intervenire i nostri militari insieme ai marines. “Ma” garantisce La Russa “si tratta solo di una misura psicologica che non avrà alcuna conseguenza pratica”. Insomma, il nostro contingente in Afghanistan ora può combattere in prima linea senza alcun impedimento
Gli americani ringraziano. E apprezzano La Russa quando “con la sua copertura politica” vengono schierati i parà della Folgore. Per la diplomazia Usa questo significa che il ruolo dell’Italia in Afghanistan cambia radicalmente: non più solo a presidio del territorio, ma in prima linea nelle operazioni d’attacco ai Taliban. Rimane una zona d’ombra che, stando ai cablo di WikiLeaks, ci viene rinfacciata in ogni colloquio: gli italiani devono smetterla di pagare tangenti ai guerriglieri in cambio della incolumità delle loro truppe.
LA BASE DI VICENZA
Nei rapporti dei diplomatici americani l’Italia è “una piattaforma strategica unica per le truppe Usa, permettendoci di raggiungere facilmente le aree turbolente del Medio Oriente, dell’Europa orientale e dell’Africa. E con Africom sarà partner ancora più significativo della nostra proiezione di forza”. Africom sta per Africa Command, è il comando responsabile delle operazioni militari americane in Africa che a fine 2009 si insedia a Vicenza. I diplomatici Usa confessano di essere molto soddisfatti per la riuscita dell’operazione e per il contributo di Paolo Costa, commissario straordinario del governo italiano. Le proteste dei pacifisti e dei vicentini, del movimento “No Dal Molin”, sono solo un ricordo. Anche grazie alle rassicurazioni di La Russa: abbiamo fiducia nel Consiglio di Stato, dice il ministro ai suoi referenti dell’ambasciata Usa, ma se vinceranno i ricorsi presentati contro l’ampliamento della base, vi garantiamo comunque una soluzione. Non sarà necessario: il massimo organo di consulenza giuridico-amministrativa emetterà tra il luglio e l’ottobre del 2008 una raffica di pareri favorevoli all’ampliamento della base di Vicenza, che potrà così ospitare la 173esima brigata aviotrasportata delle forze armate Usa.
Resta il problema della extraterritorialità: gli statunitensi esigono che quello all’interno del muro di cinta venga considerato suolo americano, con leggi americane e militari americani a farle rispettare. Gli italiani replicano che l’extraterritorialità vale solo per le basi costruite nell’immediato Dopoguerra, ora la Costituzione lo vieta. Ma non serve. A Vicenza, fa notare Washington, c’era il comando Setaf per l’Europa meridionale. Basta estendere all’Africom la continuità giuridica della vecchia base. E con Gianni Letta si arriva all’aut aut: se non volete l’Africa Command ci sono altri Paesi pronti a ospitarlo. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio accetta. Ancora una volta senza contropartita.
LE ALTRE BASI
Stessa richiesta qualche centinaio di chilometri più a sud. A Gricignano d’Aversa, provincia di Caserta, è stata costruita una caserma da mezzo miliardo di dollari per il personale della Sesta Flotta. Le autorità americane anche in questo caso pretendono l’extraterritorialità. Ma stavolta la base è ex novo e la Costituzione non può essere aggirata. Tuttavia, rivelano i cable di WikiLeaks, il ministro La Russa suggerisce la soluzione: un patto bilaterale che garantisca completa autonomia ai militari americani in fatto di sicurezza e vigilanza. In sostanza: niente carabinieri tra i piedi.
Un altro successo gli americani lo incassano a Sigonella. Nell’aeroporto militare siciliano gli Usa dislocano i Global Hawk, ricognitori teleguidati che possono spiare oltre le linee nemiche. Il via libera era stato dato dal governo Prodi, ma per gli Usa è importante chi concretizza. E anche questa volta è Silvio Berlusconi a portare a termine l’operazione.
Più complessa la situazione a Niscemi. A pochi chilometri dalla cittadina in provincia di Caltanissetta dovrebbe sorgere la mega-antenna del Muos (Mobile User Objective System), perno di un sistema di comunicazioni capace di raggiungere i contingenti Usa in qualsiasi parte del mondo si trovino ad operare. Ma la popolazione è contraria e nonostante le sollecitazioni di Robert Gates (“garantiamo che l’antenna non provocherà danni alla salute”) Letta e La Russa non riescono a superare le resistenze dei siciliani.
A Camp Darby, considerato il più grande deposito di munizioni dell’esercito Usa al di fuori del territorio statunitense, c’è un’altra questione da risolvere: nella santabarbara vicino Pisa sono stoccate anche le terribili cluster bomb, al centro di polemiche in tutto il mondo perché trasformano i terreni su cui cadono in campi minati pericolosissimi per le popolazioni civili. Le autorità americane chiedono a Gianni Letta se questo è un problema. Ma il sottosegretario rassicura: noi non interverremo. E infatti, pur avendo aderito nel 2008 al trattato che mette al bando le cluster bomb, il Parlamento italiano non lo ha ancora ratificato.
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