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Intervista alla senatrice afgana Biliqees Roshan

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Cristiana Cella, “L’Unità” 17 aprile 2012

Chi, ieri mattina, a Kabul, ha avuto il coraggio di andare al lavoro ha trovato la città spettrale e deserta. Un silenzio irreale dopo la notte di guerra. Le esplosioni si sono sentite in molte zone della città. Nessuno ha dormito molto.
La battaglia, durata 18 ore, si è conclusa all’alba con l’intervento risolutivo degli elicotteri Isaf che hanno eliminato gli ultimi talebani asserragliati negli edifici del centro cittadino. Sul terreno sono rimasti 51 morti, 36 miliziani, 11 uomini delle forze di sicurezza e 4 civili, 74 i feriti. Poi, lentamente, la città ha ripreso il suo ritmo convulso. Gli abitanti di Kabul non sembrano sorpresi dall’attacco.

Kabul15aprile 150x150Il deterioramento della sicurezza era evidente, dicono, e non è la prima volta che talebani armati si aggirano in città e fanno dei palazzi in costruzione i loro rifugi. Insomma se lo aspettavano.
Abbiamo raggiunto Bilqees Roshan, 38 anni, senatrice del Parlamento afghano, eletta dal Consiglio Provinciale di Farah. Cerca con tenacia, di risolvere i problemi della gente della sua provincia, da due anni. Qualche volta con successo. Si trovava in Parlamento all’inizio dell’attacco.

«All’una e trenta stavamo andando al Ministero dell’Istruzione quando abbiamo sentito gli spari e un razzo ci è passato sopra la testa. Poi la sparatoria si è fatta più intensa e la polizia non ha più permesso a nessuno di lasciare l’ edificio».
Un’esperienza difficile, sicuramente, ma Bilqees, come molti afghani, è ben allenata. Anche essere una donna, indipendente, nel Parlamento afghano, è difficile e rischioso. Le minacce sono all’ordine del giorno. «La presenza stessa di criminali di guerra nel governo di Karzai è una minaccia per chi cerca di dire la verità e vuole davvero la democrazia, soprattutto se è una donna. Vengono in Parlamento armati, sono ferocemente misogini, ignorano la Costituzione. Io continuo a dire quello che penso ma è difficile parlare liberamente, siamo in pochi a farlo, hanno tutti paura. C’è perfino un parlamentare eletto da Karzai che, ogni volta che apro bocca, si mette a gridare che ascoltare una donna parlare è haram, vietato dal Corano».
Non c’è da stupirsi che alcuni parlamentari abbiano preso le armi per difendere il palazzo. Le armi non mancano, nemmeno lì.

Attacchi simili al cuore di Kabul ci sono già stati nel 2011 ma questo è stato più consistente e ben organizzato. Come lo interpreta, Bilqees?
«È un’azione dimostrativa, un messaggio dei talebani e del Pakistan attraverso di loro, che vuole controllare le trattative con gli Usa: ci siamo, siamo forti, possiamo colpire dovunque vogliamo. Dimostrano che né l’esercito afghano né le truppe straniere controllano il territorio. Nelle trattative in corso ognuno vuole la sua parte e vuole partire da un punto di forza».

Sono davvero più forti i talebani?
«No, sono solo ben appoggiati. Dall’Isi pakistana prima di tutto, ma sono sostenuti anche da alcuni membri del governo e ci sono connivenze anche con le truppe Isaf. È anche per questo che possono arrivare fin dentro i centri del potere. Se lo volessero davvero li avrebbero già fermati, lo possono fare. E comunque l’esercito non è in grado di controllare la situazione. Anche questa volta hanno avuto bisogno dell’intervento Isaf».

Pensa che questo attacco sia da riferire a un gruppo talebano in particolare, come la Rete di Haqqani?
«È possibile che gruppi esclusi dalle trattative vogliano riprendere terreno ma non è importante, secondo me. Quali che siano le parti in causa, quali che siano gli accordi, passeranno sopra la testa della popolazione. Qualunque governo riusciranno a imporci sarà comunque una disgrazia per il Paese e le truppe straniere resteranno nelle loro basi di Shendand, Logar, Bagram … fin quando gli servirà».

I talebani hanno parlato, rivendicando la battaglia, di vendetta per la strage di civili e i roghi del Corano. Come ha reagito la popolazione di Kabul? Qualcuno li appoggia?
«La maggior parte della popolazione, a Kabul come nelle altre parti del Paese, non ha più fiducia in nessuno: né in Karzai, né nella presenza straniera né tanto meno nei talebani. Nessuno ha mai fatto i loro interessi né li ha mai protetti. Sono tutti nemici, per loro, e non ho sentito nessuno prendere apertamente le parti dei talebani. Non più».

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