Lavorare per la democrazia a Kabul
Pubblichiamo la lettera della presidente dell’associazione afghana OPAWC (Organization of Promoting Afghan Women’s Capabilities), sostenuta dalla comunità internazionale democratica e tra gli altri dal CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane). Dalle sue parole, la realtà della gente che vuole ancora lottare per la democrazia in un paese devastato dagli interessi militari ed economici interni e del mondo occidentale.
Cari amici, come state? Spero che stiate bene.
Credo che OPAWC sia davvero sfortunata. Oggi che è il 17 aprile, e aspettavamo in ufficio dei potenziali donatori provenienti dall’India, ma purtroppo le condizioni sono cambiate.
Kabul è stata sotto attacco per due giorni. Ventisette ribelli si sono appostati in tre zone strategiche di Kabul – Shah-e-Now, nei pressi del Palazzo del Parlamento e a Pulcharkhi – e in altre province come Paktia, Logar e di Jalalabad. I ribelli, le forze afghane e le altre forze armate presenti nel nostro paese hanno combattuto per 22 ore a Kabul, sparando e gettando bombe ovunque.
La città ha perso la sua fisionomia, le strade sono state bloccate e le persone sono rimaste intrappolate nei loro uffici; il tasso di inquinamento era altissimo, dappertutto si sentiva il cattivo della polvere da sparo.
Il risultato è questo: ferimento di 40 poliziotti e di 25 civili solo a Kabul. 15 persone sono morte di cui tre sono civili: queste sono le cifre fornite dal Governo, ma i giornalisti hanno affermato che i morti sono molti di più.
La domanda che ogni cittadino si pone è questa: come sono riusciti gli insorti a spostare qui un tale numero di armi, leggere e pesanti? Razzi addirittura?
Ancora una volta è stato dimostrato quanto il governo, le forze di polizia e le altre forze armate siano corrotti. È chiaro che la polizia aveva collegamenti con insorti. I residenti che abitano in quelle zone hanno riferito ai media che da cinque giorni queste persone si aggiravano per Kabul, con auto dai vetri oscurati.
Ecco care amiche, questo è il motivo per cui i nostri ospiti indiani, i nostri potenziali donatori hanno cancellato il loro programma e non sono venuti nel nostro ufficio.
Mi dispiace darvi questa brutta notizia, ma questa è la nostra realtà.
Un caro saluto
Latifa
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