L’iniziativa “Mimose Afghane” per l’8 marzo
Da: L’Unità.it – Articolo di Cristiana Cella
Al di là della festa, l’8 marzo è da sempre, per le donne, una giornata di lotta e di condivisione, in ogni angolo del mondo. Contro la violenza sulle donne, in primo luogo, malattia sociale profonda e vergognosa, che colpisce ovunque, anche nel nostro paese. Ma che in Afghanistan, dove la devastazione della guerra e della miseria e la violenza del fondamentalismo islamico sono scatenate da decenni, distrugge quotidianamente innumerevoli vite. Lasciamo le mimose a incoronare gli alberi, e, invece dei fiori, proponiamo ai nostri lettori un gesto concreto di solidarietà: una sottoscrizione straordinaria ‘una tantum’, bastano anche pochi euro, per partecipare, in questa giornata, al progetto costruito intorno alle ‘vite preziose’ di donne e bambine afghane in fuga dall’orrore e in cammino verso la propria dignità e una vita normale, che sia loro, lontana dal dolore, per la prima volta.
Per condividere, appunto: gli ostacoli, per noi inconcepibili, sulla loro strada e le battaglie delle donne che per loro e per i propri diritti combattono, senza mai arrendersi da decenni, in condizioni ancora oggi difficilissime. E che spesso, anche grazie al nostro aiuto, riescono a vincere.
Con il progetto fin dal 2010 sulle pagine dell’Unità abbiamo dato voce a questi immensi silenzi e abbiamo raccontato le vite offese di bambine, ragazze e donne che hanno avuto il coraggio e l’opportunità di chiedere aiuto. Da qui, e da un’idea dei nostri lettori, è nato il progetto ‘Vite Preziose’. Si propone, lo ricordiamo, il sostegno a distanza di donne afghane, rifugiate nelle ‘case protette’ o che hanno chiesto aiuto nei Centri Legali di Hawca, Ong di donne afghane, che si occupa della loro sicurezza, della loro salute, dei loro problemi psicologici e legali. Un appello a cui hanno risposto in tanti. Sono ormai 20 le ragazze afghane che possono contare sui lettori dell’Unità, ogni mese, per un anno, per ricostruirsi una vita.
Un traguardo importante che vogliamo ancora superare. Nei prossimi giorni, sul sito dell’Unità, racconteremo le storie delle ultime cinque donne che fanno parte del progetto e che aspettano uno sponsor. Quel piccolo sostegno economico che arriva dall’Italia, immediato e diretto, fa davvero la differenza nelle loro vite, perché la totale dipendenza economica è il primo anello della catena che le lega alla violenza delle loro famiglie. ”Finalmente le donne rispondevano sorridendo alle domande sulle loro incerte prospettive future: ‘tra quindici giorni ritorno nella casa dei miei genitori, adesso posso persino permettermi di aiutarli’; ‘avrò presto un lavoro indipendente’; ‘posso curarmi, e poi voglio imparare un lavoro e occuparmi da sola dei miei figli’. Ce lo racconta, in una lettera al giornale, Cristina Cattafesta, presidente del Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane), che ha visitato lo Shelter di Hawca, a Kabul, come fa ormai da 12 anni, nel dicembre scorso. E che ci ha trovato una nuova speranza.
- Chi vuole contribuire alla sottoscrizione straordinaria, può fare un versamento sul conto del progetto: IBAN: (Coordinate Bancarie Int.) IT 32 I 08425 37740 000040361339
- INTESTATO A: CRISTIANA CELLA- HAWCA-PROGETTO VITE PREZIOSE CAUSALE: SOSTEGNO UNA TANTUM 8 MARZO+ NOME SPONSOR
Chi vuole sponsorizzare, totalmente o in parte, una donna, può scrivere una mail a: vitepreziose@gmail.com
Quello che raccoglieremo con la sottoscrizione potrà essere utilizzato per integrare le ‘adozioni a distanza’, per le spese extra, soprattutto mediche, cui spesso devono far fronte. Oppure i contributi potranno, tutte insieme, sponsorizzare un’altra donna. Nelle scorse settimane anche Shaziya, di cui abbiamo parlato negli ultimi aggiornamenti di gennaio, ha trovato l’aiuto di Maria Pia, Laura e della Onlus Cisda (Coordinamento Italiano Donne Afghane). Ricordiamo che la giovanissima Fatoma ha ancora bisogno di un sponsor per avere un aiuto regolare. La sua storia l’abbiamo pubblicata nei mesi scorsi. Le abbiamo destinato le donazioni ‘una tantum’ che ci sono arrivate dai lettori. La sua famiglia non è violenta, anzi, salta i pasti per poterla curare, ha una grave malattia cardiaca. Curarsi, in Afghanistan, costa molto e se avesse un aiuto costante, le cose, per lei e per la sua famiglia, potrebbero migliorare.
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