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Che cosa ha realizzato l’occidente in Afghanistan?

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Stop the War Coalition – Rabia Khan – 19 ottobre 2013

È facile descrivere l’Afghanistan come uno “stato fallito” senza contestualizzare le ragioni per cui il paese è in tumulto.

Nel 2014 vedremo il ritiro delle truppe NATO dall’Afghanistan, dodici anni dopo l’inizio della guerra contro Al Qaeda e i Talebani, cominciata nell’autunno del 2001.
Molte sono state le spiegazioni fornite per giustificare l’invasione in Afghanistan – dalla necessità di trovare e punire coloro che avevano causato lo scempio dell’11 settembre, alla liberazione delle donne afghane e allo sradicamento del commercio di oppio. I politici e i media hanno costantemente cercato di legittimare questa guerra agli occhi del pubblico.

Nelle settimane che seguirono l’11 settembre ci venne detto che l’invasione era un atto di auto-difesa da parte di George W. Bush e della sua amministrazione, sottolineando che non si trattava di una ritorsione. Giudicare se l’invasione fosse legalmente o moralmente giustificata richiederebbe molto tempo e molte energie, ma se sia stata o meno un successo può essere determinato dai fatti.

Vittoria o sconfitta?
Sembrano esserci ben poche cose positive da citare circa il “successo” dell’invasione.
Certo, l’arrampicata al potere dei Talebani nelle maggiori città afghane è diminuita e in queste città c’è più libertà per le donne, che sarebbero altrimenti confinate nelle loro case. In questi luoghi la possibilità per le ragazze di ricevere un’educazione è decisamente più elevata che nel resto del paese, ma purtroppo ciò accade solo dove ci sono le basi NATO.

La crescita della produzione di oppio è esponenziale, nonostante le offerte di “sussidio” a quegli agricoltori che ne evitano la coltivazione. Questa offerta è decisamente poco allettante se si considera l’enormità dei raccolti di oppio esistenti e l’ottimo clima che l’Afghanistan offre per la sua crescita, per non parlare del grande profitto che se ne può trarre.

Inoltre, la presenza dei Talebani nel sud del paese è difficile da rimuovere. Recentemente le forze britanniche hanno subito molte perdite nelle province di Kandahar e di Helmand, e nella provincia di Herat i Talebani sono ancora molto forti. Si potrebbe anche argomentare che l’intera operazione è stata infruttuosa, poiché Osama Bin Laden è stato ucciso quasi dieci anni dopo l’invasione dell’Afghanistan. Bin Laden non è stato trovato nelle Montagne Hindu Kush tra l’Afghanistan e il Pakistan, dove l’intelligence statunitense credeva si nascondesse, ma in una zona panoramica e tranquilla del Pakistan del nord.
A maggior ragione, ora che l’intenzione degli Stati Uniti è quella di costruire un dialogo con i Talebani, sorge spontaneo chiedersi se tutte le drastiche azioni effettuate finora siano state veramente necessarie per combattere l’estremismo. Se poi aggiungiamo la costante crescita di Al Qaeda nello Yemen, in Siria e nell’intero Maghreb, l’intera operazione appare completamente inutile.

 

La condizione dell’Afghanistan
In ogni caso, denigrare l’invasione ora non risolve comunque i problemi basilari dell’Afghano medio. L’Afghanistan resta una delle nazioni più povere del mondo con il numero più elevato di rifugiati sia interni che esterni. Il livello di alfabetizzazione è ancora molto basso e il tasso di corruzione è altissimo.

Rifornire il paese di fondi sotto forma di aiuti e progetti umanitari non risolve i problemi se i grandi capi a Kabul non controllano le discrepanze che si creano nell’utilizzo di questi fondi e se continuano a trascurare la necessità di maggiori supporti medici femminili, che potrebbero diminuire almeno in parte l’altissimo livello di mortalità, causato anche dalla mancanza di educazione per le donne. La crisi nell’educazione delle donne afghane non si risolverà se il governo non informa le comunità rurali della sua importanza e di quanto questa sia indispensabile per la crescita del paese.

Anche gli Afghani stessi devono fare uno sforzo concertato per unificare l’Afghanistan, in cui un Pashtun non è superiore ad un Uzbeko o un Uzbeko ad un Hazara. Questo modo di pensare deve diventare una priorità per i politici afghani e per il personale militare, in modo che tutta la popolazione venga considerata parte integrante del paese e possa provare un senso di appartenenza e fratellanza. Questo è l’unico modo per evitare che si ripeta un’ulteriore sanguinosa guerra civile come quella che ha devastato il paese negli anni ’90.

Tenendo in considerazione tutto ciò, è facile descrivere l’Afghanistan come uno “stato fallito” senza contestualizzare le ragioni per cui il paese è in tumulto. Tuttavia, è fondamentale analizzare queste motivazioni per comprendere quali siano i meccanismi da applicare in modo che l’Afghanistan e il suo popolo possano rifiorire.

Se poi consideriamo gli anni dell’ingerenza colonialista, i tentativi di impossessarsi del territorio, l’ipocrisia dei paesi confinanti e la corruzione all’interno della classe dirigente politica afghana come fattori che contribuiscono a biasimare la condizione attuale dell’Afghanistan, diventa ancora più facile capire perché l’Afghanistan stia ancora cercando le sue fondamenta e stia lottando per diventare quel paese prospero e libero che il suo popolo desidera.

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