Afghanistan: 8 marzo Giornata Internazionale dell’Orgoglio Femminile – Una lotta quotidiana
L’8 marzo, GIORNATA Internazionale della donna, ha assunto sempre di più nel corso di questi ultimi decenni in Italia il sapore di una festa più che di una celebrazione. Se ne è perso il significato politico originario, man mano che le conquiste delle donne divenivano, almeno apparentemente, più stabili, assumendo a volte contorni un po’ grotteschi e triviali.
In realtà, non c’è alcunché da “festeggiare”: l’altissimo numero di femminici compiuti solo nello scorso anno in Italia fanno decisamente vacillare l’idea che ciò che è stato faticosamente ottenuto dal movimento delle donne sia una conquista acquisita per sempre.
Ma ci sono paesi al mondo in cui dare una connotazione politica alla Giornata Internazionale delle Donne è un atto davvero rivoluzionario e profondamente significativo.
Il mio pensiero va in particolare alle donne afghane: per loro, così prive di diritti elementari, l’8 marzo è senz’altro più di una semplice celebrazione.
Ce lo conferma Latifa Ahmadi, direttrice di Opawc – Organization Promoting Afghan Women Capabilities (www.opawc.org), un’associazione afghana laica e democratica tra le più attive del paese. “Il governo ha sempre festeggiato l’8 marzo come se fosse un thè da bere in compagnia e poi ognuna a casa propria”, ha spiegato con una similitudine efficace l’attivista politica afghana, “cioè promettendo in questa giornata grandi concessioni alle donne: diritti, uguaglianza, parità di accesso all’istruzione, alla sanità, per poi rimangiarsi tutto a partire dal giorno successivo”.
LOTTA QUOTIDIANA Invece, per Latifa e per le sue compagne la festa deve rinconquistare il suo significato: “Noi l’abbiamo trasformata nella festa dell’orgoglio femminile e del rispetto che pretendiamo quotidianamente nei confronti della donna in famiglia e in ogni ambito della vista sociale”.
Una battaglia difficile e quotidiana. Stando ai dati forniti da Human Rights Watch, infatti, l’87% delle donne afghane denuncia di essere stata vittima di violenza, nella metà dei casi di natura sessuale: il 60% dei matrimoni è forzato e il 57% riguarda ragazze al di sotto dei 16 anni. L’autoimmolazione, poi, è uno dei metodi più usati dalle donne per sfuggire alla violenza e alla brutalità della loro vita: nel 2010 nel solo ospedale di Herat sono arrivate 80 donne che avevano tentato il suicidio dandosi fuoco.
Dello stesso parere sono le donne dell’Associazione RAWA – Revolutionary Association Women of Afghanistan – la più antica associazione femminista afghana fondata nel 1976 da Meena, poi assassinata in un agguato da un gruppo fondamentalista islamico.
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