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Afghanistan, un incerto futuro tra crisi e povertà

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Il Fatto – 18 aprile 2014, di Roberto Colella

images copy copyTutto il mondo è Paese. Se poi si va alle urne in paesi dove la democrazia né la si può esportare né la si può imporre la situazione si complica. In Afghanistan il capo dell’ufficio reclami della Commissione elettorale Abdul Sattar Saadat ha riscontrato brogli e irregolarità nelle elezioni presidenziali svoltesi recentemente: “Posso dire con sicurezza che si sono verificati brogli e che è stata violata la legge”.
La lotta per la presidenza è tra fra l’ex ministro degli Esteri e grande rivale di Karzai nel 2009, Abdullah Abdullah, e l’ex ministro delle finanze Ashraf Ghani.

È anche vero però che questi due candidati si presentavano con l’appoggio di due warlords come Mohammad Mohaqiq (il primo) e Abdurrashid Dostum (il secondo), quest’ultimo accusato tra l’altro di aver usato dell’acido su delle donne senza velo nel 1970.

Questo fa intuire che la vita politica dell’Afghanistan è in salita e per nulla rassicurante. Di sicuro resta l’alta affluenza alle urne soprattutto in alcune province come quella di Bamyan. Che poi la politica hazara avrebbe dominato il voto a Bamyan era anche prevedibile visto che si tratta della terza etnia del Paese, però in pochi avrebbero scommesso sul risultato di Abdullah visto che si trattava del territorio dell’altro candidato Karim Khalili.

Intanto il ritiro delle truppe continua e avanza l’idea di un Afghanistan federale dove i Taliban o meglio i nuovi Taliban siano relegati in un’area precisa nella speranza che l’Afghanistan non resti a lungo un luogo dove si combatte una sorta di proxy war. L’ipotesi di Hillary Clinton, discussa a margine del vertice Nato di Lisbona, prevedeva la suddivisione del paese in due parti: la prima parte comprendeva la regione del Balucistan afghano, con capitale Kandahar ed a maggioranza Pashtun; la seconda parte, con capitale Kabul, comprendeva i territori settentrionali a maggioranza turkmena, uzbeka e tagika fedeli agli Usa.

Ai nuovi Taliban l’idea di una spartizione dell’Afghanistan verso uno Stato Federale non può non intrigare anche se l’idea di essere poi rilegati in una zona precisa li porterebbe allo scontrarsi con i Pashtun democratici. Intanto nella capitale Kabul la guerra e la crisi sono un’arma letale. La povertà avanza e la città è diventata preda dei cinesi. Questi ultimi hanno macchine elettriche per fare un intero burqa in pochi minuti e hanno messo in crisi l’artigianato locale.

In molte zone manca poi l’acqua così come l’elettricità eppure i telefonini vanno a ruba e i pochi ricchi insieme ai soldati della coalizione importano bottigliette d’acqua di plastica da Abu Dhabi consumandone milioni ogni anno mentre la maggior parte della popolazione vive senza acqua potabile. Nel corso di tre decenni di disordini in Afghanistan, le infrastrutture di fornitura dell’acqua sono state distrutte, mentre le istituzioni responsabili per la gestione e l’erogazione dei servizi sono crollate.

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