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Chi viene ucciso dai droni in Afghanistan? Ci sono più attacchi di droni in Afghanistan che in qualsiasi altra parte del mondo.

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RAWANews – 24 luglio 2014, di Alice K. Ross, VICE News.

drone strike victims in pakistan childrenUn contadino di nome Miya Jan, ha detto al “Los Angeles Times” che il pomeriggio del 7 settembre dello scorso anno, a Watapur, nella provincia afghana di Kunar, ha sentito un ronzio sopra la testa, ha alzato lo sguardo e visto un drone; pochi minuti dopo ha sentito un’esplosione.

Raggiunto il luogo dell’esplosione ha visto un veicolo distrutto e ha capito che apparteneva a suo cugino. Tra i corpi, ha riconosciuto suo fratello con la sua famiglia. “C’erano brandelli dei corpi dei miei familiari sparsi per tutta la strada”, ha dichiarato. “Ho preso quei brandelli dalla strada e dal camion e li ho avvolti in un pezzo di carta per seppellirli”.

Ci sono state dichiarazioni e contro-dichiarazioni all’indomani dell’attacco. I funzionari afghani hanno detto che nel veicolo c’erano almeno otto civili, ma forse addirittura 11. Invece l’International Security Assistance Force (ISAF) ha riferito che l’attacco aveva ucciso 10 “forze nemiche”. Un portavoce dell’ISAF ha detto al “New York Times” che avrebbero fatto un’indagine.

Anche la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) ha indagato. Dopo aver parlato con più di 50 testimoni, ha concluso che, quando è stato colpito, il veicolo trasportava sei “ribelli”, insieme a 11 civili, tra cui quattro donne e quattro bambini. Una bambina di 4 anni è stata gravemente ferita.

Di fronte a questa affermazione dell’UNAMA, l’ISAF ha inizialmente “negato la possibilità che ci fossero vittime civili”. In seguito a ulteriori pressioni, l’ISAF ha confermato la morte di una donna e di un bambino, e “non ha escluso la possibilità che anche un’altra donna avesse perso la vita”.

Un portavoce ISAF ci ha riferito che sono state prese precauzioni per evitare di uccidere civili nell’attacco. “ISAF ha identificato un singolo bersaglio in un veicolo e lo ha seguito in una zona lontana da villaggi abitati e, nonostante un attento controllo, l’ISAF non era al corrente che ci fossero almeno tre civili nel veicolo colpito.”
“Sebbene la missione dell’ISAF abbia colpito gli insorti, purtroppo l’attacco ha provocato tre vittime civili.”

Abbiamo potuto prendere visione della relazione interna sulle vittime provocate dall’ISAF risalente al settembre 2013: nonostante UNAMA abbia segnalato la morte di 10 civili la relazione dichiara che, nell’incidente, sono state registrate solo tre vittime civili. Non è stata riconosciuta la morte degli altri civili e questo fa svanire la possibilità di inserire ulteriori morti nell’anonimo foglio di calcolo.

Questo non è l’unico episodio in cui l’ISAF sembra aver sottostimato le vittime civili. Nel 2010, il giornalista di “Science” John Bohannon incluso nell’unità di monitoraggio vittime civili dell’ISAF, ha visto i dati. Ha notato che le stime dell’organizzazione erano spesso molto al di sotto di quelle di UNAMA; per i bombardamenti del 2009 e del 2010 erano inferiori del 74%.

Un comandante dell’ISAF ha spiegato che l’organizzazione ha accesso a tutte le province e che le sue valutazioni a volte vengono effettuate dall’alto. “Contiamo solo ciò che riusciamo a vedere”, ha detto Bohannon. “Si possono fare delle stime… [ma] raramente vediamo davvero i corpi delle vittime.”
L’apparente riluttanza iniziale a riconoscere le vittime civili all’indomani dell’attacco di Watapur sembrerebbe in contrasto con la strategia militare dichiarata. Nell’agosto 2010, un mese dopo aver assunto il comando delle forze internazionali in Afghanistan, il generale David Petraeus ha pubblicato le istruzioni su come l’ISAF dovrebbe gestire la contro-insurrezione.

Ha ordinato alle truppe di “stare dalla parte della verità… di prendere informazioni accurate dalla catena di comando, dalla popolazione afghana, e dalla stampa il più presto possibile… Se riconosceremo insuccessi e fallimenti, comprese le vittime civili, e poi sapremo come rispondere e avremo imparato qualcosa”.
Elizabeth Minor, una ricercatrice dell’Oxford Research Group, un gruppo di esperti che ha studiato il monitoraggio delle vittime nei conflitti in tutto il mondo, fa eco a quello che Petraeus ha detto alle truppe: “La registrazione trasparente delle vittime del conflitto è essenziale, non importa quale tattica o armi vengono utilizzati. È necessaria per riconoscere e comprendere l’impatto della violenza, ma anche per valutare la condotta e le politiche delle parti in conflitto”.

I droni attaccano in Afghanistan più che in qualsiasi altra parte del mondo; l’attacco di Watapur è uno dei più noti tra i 1.000 che hanno colpito il paese negli ultimi 13 anni. Eppure non si sa quando e dove questi attacchi abbiano avuto luogo – o quante persone abbiano ucciso. L’uso dei droni è stato monitorato meglio nelle campagne americane in Pakistan, Yemen e Somalia di quanto non sia successo rispetto all’Afghanistan.

Il Bureau of Investigative Journalism (Ufficio di giornalismo investigativo) e altri ricercatori hanno utilizzato fonti pubbliche – resoconti dei media, dichiarazioni giudiziarie, rapporti delle ONG, e indagini indipendenti sul campo – per ricostruire il quadro di ciascuno dei 450 attacchi condotti nelle campagne statunitensi condotte segretamente, facendo emergere almeno 2.681 vittime, tra cui 480 civili.
Fare rapporti dal Pakistan, dallo Yemen, e in particolare la Somalia è pericoloso e difficile, e questo emerge dalle relazioni disponibili. Ma, considerate nel loro insieme, queste fonti dipingono un quadro più chiaro di come siano stati utilizzati i droni, e di come il loro uso si sia evoluto. Ad esempio, i dati mostrano un notevole calo delle vittime civili colpite nel corso degli ultimi cinque anni in Pakistan.
Ma non esiste documentazione pubblica disponibile riguardante l’Afghanistan.

Gli attacchi aerei rappresentano una piccola porzione dell’orrendo costo delle vittime civili a seguito delle violenze in Afghanistan – 1%, secondo l’ultimo rapporto di UNAMA. Nei primi sei mesi del 2014, il rapporto ha documentato più di 1.500 morti tra i civili; le cause principali sono state il fuoco incrociato durante le battaglie e le mine poste sulle strade.
Ma le informazioni di dominio pubblico sollevano questioni preoccupanti circa l’accuratezza dei droni rispetto ad altri aerei. L’UNAMA pensa che nel 2013 siano stati uccisi 45 civili in attacchi di droni, un numero che rappresenta più di un terzo del totale delle morti di civili a seguito di attacchi aerei – e più di tre volte il bilancio 2012. (Nel 2012, l’anno più recente per il quale sono disponibili i dati, circa 1 su 5 di tutti i bombardamenti aerei sono stati effettuati da droni.)

E la morte di civili continua: l’UNAMA ha diffuso i dati che ci dimostrano che nella prima metà del 2014, erano stati individuati otto civili deceduti in seguito ad attacchi di droni – un calo rispetto totale dello scorso anno, ma simile al 2012, quando l’UNAMA ha registrato 16 civili uccisi. L’organizzazione ha fatto sapere che queste cifre potrebbero essere sottostimate.

Nel frattempo, uno studio 2013 che ha analizzato dei dati classificati dall’ISAF, ha constatato che gli attacchi dei droni hanno significativamente più probabilità di uccidere civili rispetto ad attacchi effettuati con altri aerei.
C’è anche la questione della responsabilità. A differenza delle campagne condotte in segreto che gli Stati Uniti portano avanti da soli, in Afghanistan due nazioni operano con droni armati: il Regno Unito e gli Stati Uniti. Ma c’è un vuoto d’informazione rispetto a quali forze sferrino gli attacchi.

Il Regno Unito, che ha effettuato nel Paese più di 300 attacchi con i droni, ha sempre dichiarato che c’è stato un solo attacco in cui sono morti dei civili: quello del marzo 2011 nel quale sono deceduti quattro contadini. Nel dicembre 2013, tre mesi dopo l’attacco di Watapur, l’allora Segretario alla Difesa Philip Hammond ha ribadito questa affermazione in un editoriale del “Guardian”.
Invece gli Stati Uniti non hanno riconosciuto pubblicamente alcuna responsabilità nell’attacco di Watapur – o in altri 18 attacchi di droni effettuati nel 2013, che secondo UNAMA hanno causato vittime civili. Né vi è alcuna spiegazione sulle ragioni per cui la precisione apparentemente raggiunta dal Regno Unito non sia stata raggiunta dagli Stati Uniti.

In Pakistan e Yemen i media e altre fonti contribuiscono ad aumentare la mancanza di informazioni ufficiali; ci sono rapporti dal terreno, ufficiali locali e a volte anche sconosciuti ufficiali statunitensi. Ma la nostra analisi rileva che in Afghanistan molti attacchi probabilmente non sono messi a rapporto. Altri sono segnalati solo da una singola fonte, o includono solo dettagli vaghi.
Non è sempre chiaro se un attacco viene lanciato da un aereo o no; secondo le dichiarazioni anonime di un analista “il problema è che l’Afghanistan è un luogo molto caotico e quando avviene un’esplosione a volte non è nemmeno chiaro se sia una bomba sganciata da un aereo o se si tratti di un odigno esplosivo improvvisato”, ha detto.
Abbiamo raccolto segnalazioni di attacchi a settembre 2013 e ne abbiamo individuati 34, di cui 10 attacchi di droni. Gli attacchi descritti come provenienti da droni avevano significativamente più probabilità di colpire i civili rispetto ad altri attacchi aerei, ma le segnalazioni sono troppo poche per trarre conclusioni definitive.
Rachel Reid, che guida la ricerca su Afghanistan e Pakistan presso la Open Society Foundation, avverte che per quanto in piena attività, le basi operative avanzate dell’intelligence sono chiuse ed è difficile monitorare i rischi per i civili.

“Via via che gli Stati Uniti si ritirano dall’Afghanistan”, ha detto, “[e] le reti di informatori che forniscono all’intelligence dati su potenziali obiettivi vengono smantellate, la qualità di intelligence che informa sugli attacchi peggiora, facendo probabili errori di identificazione e di vittime civili.”

Notizia tratta da VICE News dal Bureau of Investigative Journalism.

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