Diritti delle donne in Afghanistan: un passo avanti, dieci indietro.
Di Gabriella Tesoro, 10.02.2014 – it.ibtimes.com
Rischiano di andare per aria 12 anni di successi in materia dei diritti delle donne in Afghanistan.
I motivi sono diversi. In primo luogo, c’è un negoziato segreto tra il presidente Hamid Karzai e i talebani che sta facendo tremare i sostenitori del sesso femminile. In secondo luogo, c’è il mancato accordo con gli Stati Uniti sulla sicurezza a lungo termine, che potrebbe portare le forze interazionali americane e le agenzie umanitarie a lasciare il Paese. Per intenderci, si tratta dei maggiori difensori dei diritti delle donne afghane. In terzo luogo, nella lista degli undici candidati alle prossime elezioni presidenziali di aprile, ci sono molti signori della guerra e fondamentalisti islamici che condividono il punto di vista dei talebani.
Le conseguenze cominciano già ad essere evidenti. Da luglio, quattro agenti donne della polizia sono state uccise e lo scorso anno diversi membri femminili del Parlamento hanno rischiato di essere assassinate nella provincia di Ghazni.
A peggiorare questo clima di intolleranza ci pensa proprio il Parlamento che aveva proposto di abrogare l’obbligo di riservare il 25 per cento dei seggi dei consigli provinciali alle donne. Dopo un’intensa attività di lobbying, gli attivisti sono riusciti a ottenere comunque un 20 per cento dei seggi, e ora si attende solo la firma del presidente. “I nemici giurati delle donne hanno quasi eliminato la quota – ha tuonato Soraya Sobhrang, rappresentante nazionale delle donne per Human Rights Commission – Hanno comunque il potere di aprire la strada a qualunque legge vogliano”. E infatti, un’altra proposta di legge favorisce i matrimoni precoci, in quanto aumenta i diritti di tutela che i padri hanno sui figli rispetto alle madri e agli stessi tribunali. Un ultimo disegno di legge vieta nei processi di ascoltare la testimonianza di un membro della famiglia contro un altro, rendendo di fatto impossibile perseguire la violenza domestica che in Afghanistan è altissima.
L’ultimo spiraglio per evitare l’approvazione di questi due progetti di legge rimane proprio il presidente Karzai, che potrebbe rifiutarsi di approvarli, ma, dopo i negoziati dei talebani, sarà difficile prevedere le sue mosse.
Secondo quanto si legge nella sezione dedicata all’Afghanistan del rapporto 2013 di Human Rights Watch, questi enormi passi indietro sono causati anche dal calo di attenzione che la comunità internazionale ha nei confronti del Paese: “Con l’interesse internazionale in Afghanistan rapidamente calante, gli oppositori dei diritti delle donne hanno colto l’opportunità per ridurre i progressi compiuti dopo la fine del regime talebano”.
A favore dei provvedimenti contro le donne si è schierato il deputato Qazi Nazir Ahmad Hanafi, che accusa le attiviste di essere anti-islamiche: “Quelli che sono contro queste leggi sono le persone che possiedono i centri di accoglienza (si tratta di rifugi nati in tutto l’Afghanistan dopo la caduta dei talebani, che accolgono le vittime di violenza, ndr) e li gestiscono come bordelli. Queste persone non hanno aiutato le donne in Afghanistan, hanno distrutto le famiglie. Questo è un Paese islamico e le donne saranno trattate e rispettate secondo la guida islamica”.
Hasina Safi, un’attivista che gestisce un’ampia rete di organizzazioni che tutelano i diritti delle donne, ha affermato che nelle ultime tre settimane, data la situazione allarmante, molti gruppi hanno avuto una serie di colloqui con le ambasciate occidentali, ricevendo rassicurazioni sul fatto che l’assistenza finanziaria non sarebbe stata interrotta. Ma il problema è sempre quello: in Afghanistan le organizzazioni in difesa delle donne sono promosse, sostenute e finanziate da donatori internazionali, raramente all’interno del Paese, e prima o poi Kabul dovrà tagliare il cordone ombelicale. Che ne sarà allora di quelle donne?
Nader Nadery, direttore dell’Afghanistan Research and Evaluation Unit, è ottimista: “I gruppi di donne afghane non sono più voci individuali. Ora sono una potente voce collettiva, se non un movimento vero e proprio, e sarà difficile per qualsiasi politico ignorarla completamente”.
Insomma, i progressi sui diritti delle donne ci sono, ma sono fragili e oltretutto reversibili. Starà all’Afghanistan del domani dimostrare di saper portare avanti le proprie conquiste, soprattutto quando il cordone ombelicale con la comunità internazionale dovrà essere reciso.
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