Afghanistan, talebani issano bandiera nella piazza principale di Kunduz
Repubblica/Esteri – 28 settembre 2015
I combattenti talebani hanno issato nella piazza principale di Kunduz la loro bandiera, dopo essere entrati nel centro della città. Lo hanno fatto sapere fonti della sicurezza afghana e testimoni. Gli scontri fra i militanti e le forze di sicurezza sono in corso a circa 500 metri dalla residenza del governatore, ha aggiunto il suo vice dopo essere fuggito.
La polizia afghana ha ammesso che i talebani controllano metà di Kunduz, centro strategico nel nord del Paese, e il governo ha inviato un contingente dell’esercito con l’obiettivo di riprendere il controllo della città “entro 24 ore”.
Nell’offensiva lanciata dai talebani sono morte almeno 35 persone e altre 54 sono rimaste ferite. I ribelli hanno occupato diversi edifici governativi e all’inizio dell’offensiva hanno preso il controllo di un ospedale gestito dal governo, con 200 posti letto, in un quartiere meridionale della città.
La bandiera dei talebani sventola nella pizza principale di quella che è diventata la prima grande città riconquistata dai miliziani dal 2001. Circa la metà della città, la quinta del Paese, “è caduta nelle loro mani e le nostre forze non hanno ancora ricevuto sostegno, mentre ci combattimenti continuano”, ha spiegato il portavoce della polizia, Sayed Sarwar Hussaini.
Tradizionalmente i talebani – di etnia pashtun, come i ‘cugini’ pakistani – sono forti nel centro e nel sud dell’Afghanistan e non sono mai stati profondamente radicati nel nord del Paese.
Crocevia commerciale sulla rotta verso il Tagikistan, Kunduz al momento -secondo fonti giornalistiche sul posto- risulta deserta, perchè gli abitanti sono nascosti nelle case. L’offensiva è cominciata nella notte e i combattimenti sono proseguiti per tutta la mattinata. Non è la prima volta che la città viene minacciata quest’anno: due volte, in aprile e giugno, i talebani hanno compiuto incursioni. La caduta della città sarebbe una grave perdita per il presidente Ashraf Ghani, che quando è stato eletto nel 2014 aveva promesso di riportare la pace nel suo Paese, dilaniato da 30 anni di conflitto.
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