Ciò che il Mullah Omar ha tolto all’Afghanistan e che non può essere restituito.
Adam Taylor – The Washington Post, Rawanews – 30 luglio 2015
Per ora le grotte di Bamiyan ospitano solo afghani senza tetto a causa della guerra e del caos pluridecennale, un’altro ricordo dell’eredità lasciata da Omar in Afghanistan.
Due foto della statua di Buddha , alta 54,860 metri, a Bamiyan, nel centro dell’Afganistan, il 18 dicembre 1997, (a sinistra) e dopo la sua distruzione il 26 marzo 2001 (Muzammil Pasha, Sayed Salahuddin/Reuters)
Il defunto leader talebano Mullah Omar ha avuto un ruolo importante nella storia. Permettendo a Osama bin Laden e ad al-Qaeda di rifugiarsi dopo che erano stati espulsi dal Sudan nel 1996, Omar ospitò l’organizzazione ed il suo leader mentre pianificavano l’attacco al World Trade Center a New York. Quando Omar si rifiutò di consegnare bin Laden agli Stati Uniti scatenò l’invasione dell’Afganistan e con essa una guerra totale al terrorismo.
Omar può aver modellato la storia, ma in un certo senso, l’ha distrutta. Mentre non è chiaro se avesse avuto qualche sentore degli attacchi del 2001 (i talebani ed al-Qaeda avevano fondamentalmente punti di vista differenti sugli attacchi terroristici all’occidente), ebbe un ruolo personale in uno degli atti più scioccanti che i talebani mai avessero fatto: la distruzione delle statue del Buddha a Bamiyan.
Quell’atto ebbe luogo qualche mese prima degli attacchi che avrebbero condotto alla caduta di Omar, e come quegli attacchi possono aver introdotto una nuova era nella distruzione dell’estremismo islamico.
Era il marzo 2001 quando le truppe talebane fecero saltare le due statue che erano state scolpite in una parete in una valle di Bamiyan. Le statue risalivano al sesto secolo a.c., una reliquia della Via della Seta che attraversa l’Afghanistan. Erano delle imprese d’ingegneria così come opere d’arte: la più grande delle due era 54,860 metri d’altezza e le due statue erano scolpite nella roccia, gli abiti erano modellati in argilla. Erano tra le più impressionanti statue di Buddha nel mondo, e sicuramente le più grandi.
Dal momento che i talebani presero il controllo di Kabul nel 1996 imposero regole rigide agli afghani, bandirono perfino la musica, ma avevano mostrato dei limiti. Quando Omar emise un editto il 26 febbraio 2001 che domandava di distruggere tutte le statue in Afghanistan, si sperò che le pressioni internazionali potessero salvare le statue. “Questi generi di bravate vogliono solo essere sensazionali,” Salam Marayati, capo del Muslim Public Affairs Council a Los Angeles, dichiarò all’Washington Post allora. “Sono indecenti e idioti.”
Comunque, fu chiaro che i talebani sarebbero andati avanti nei loro propositi: quando i primi tentativi di distruggere le opere d’arte con carri armati e artiglieria fallirono, reclutarono persone del posto per piazzare cariche esplosive dentro le statue. L’operazione richiese diverse settimane, ma per la metà marzo le statue furono distrutte. Dopo la distruzione le autorità sacrificarono 100 vacche e distribuirono la carne ai poveri: un rito islamico di espiazione che era inteso non per compensare la distruzione, ma per scusarsi perché la distruzione era durata più a lungo del previsto.
Ciò suscitò l’indignazione internazionale. “I talebani hanno commesso un crimine contro la cultura,” il capo dell’UNESCO , Koichiro Matsuura, affermò in una dichiarazione. “È abominevole assistere alla fredda e calcolata distruzione di proprietà culturali che erano l’eredità del popolo afghano, e, per la verità, di tutta l’umanità.”
Omar e gli altri ufficiali talebani addussero, tuttavia, giustificazioni religiose per la distruzione delle statue, indicando come i testi islamici proibiscano l’idolatria. “Questi idoli sono stati divinità per gl’infedeli,” affermava l’editto di Omar del febbraio. “La decisione sui Buddha fu presa secondo le regole dell’Islam,” Quadratullah Jamal, ministro dell’informazione talebana, dichiarò al Post. “Non fu fatta per insultare una religione in particolare, ma una volta che un ordine islamico è emesso non può più essere cambiato.”
Negli anni seguenti altri gruppi hanno usato simili giustificazioni mentre distruggevano statue ed altre reliquie con attacchi in Libia, Pakistan, Tunisia ed Egitto. Lo Stato Islamico, il gruppo estremista che controlla gran parte dell’Iraq e Siria, si è messo sistematicamente a distruggere opere d’arte antiche e pre islamiche che vedono come idolatre. Come per l’attacco ai Buddha di Bamiyan, queste distruzioni di solito non causano la morte di persone, ma tentano di cancellare la nostra storia e le nostre culture.
Un più attento esame dei commenti fatti dagli ufficiali talebani nel 2001 suggerisce che, comunque, ci fu un processo decisionale più complicato di quello che affermarono all’inizio. Un inviato talebano, Sayed Rahmatullah Hashimi, dichiarò al New York Times che la decisione di distruggere le statue era stata presa per ragioni economiche, la rabbia di vedere come organismi internazionali avevano offerto soldi per il restauro delle statue, mentre gli afghani rimanevano disperatamente poveri, anche a causa delle sanzioni internazionali.
“Se avessimo voluto distruggere le statue l’avremmo potuto fare tre anni fa,” Rahmatullah disse al Times. “Allora perché non lo facemmo? Nella nostra religione, se qualcosa è innocuo, semplicemente lo lasciamo. Se del denaro è speso per delle statue mentre dei bambini stanno morendo di fame lì vicino, allora diventano dannose, e noi le distruggiamo.”
Ci fu senz’altro un cambiamento nel pensiero Talebano: nel 1999 Omar aveva emanato un editto nel quale diceva che le statue del Buddha di Bamiyan meritavano “rispetto” e che potevano essere usate a scopi turistici. Nel 2001, tuttavia, i talebani avevano fatto una serie di azioni verso un’ideologia più conservatrice. Alcune teorie suggeriscono che bin Laden aveva appoggiato la distruzione delle statue prima che i talebani prendessero il potere, e che esperti arabi e pachistani furono chiamati in aiuto per la distruzione dei Buddha.
Da quando le statue sono state distrutte ci sono stati vari tentativi di mobilitazione per la ricostruzione, ma non si è trovato un accordo. Per ora le grotte attorno a Bamiyan ospitano solo afghani senza tetto a causa della guerra e del caos pluridecennale, un’altro ricordo dell’eredità lasciata da Omar in Afghanistan.
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