Guerra in Afghanistan? I candidati presidente Usa l’hanno nascosta.
Remocontro di Ennio Remondino – 22 settembre 2016
Presto saranno i 15 anni della guerra statunitense in Afghanistan, ma stranamente, sull’argomento nessuno dei due candidati presidente dice una parola. Un silenzio ‘bipartisan’ sospetto, denuncia l’International New York Times. Nessuno ansioso di parlare di una guerra che è costata tante vite e centinaia di miliardi di dollari, senza pacificare quasi niente. Ma noi italiani insistiamo a schierare nostri soldati dove gli stessi candidati presidente Usa fuggono
Un po’ per vergogna per quanto fatto, un po’ per paura. Non sapere ancora oggi come uscirne, quasi alla scadenza dei 15 anni da quella sciagurata iniziativa della presidenza Bush. 15 anni pieni di guerra in Afghanistan, misteriosamente scomparsi. Sui ambedue i fronti della accanita campagna elettorale per la Casa Bianca. Che accade? Se lo chiede sull’International New York Times, Max Fisher.
«U.S. would rather not talk about it Cautious candidates and a weary public are part of a bipartisan silence over the war, which is still costing lives and billions».
Scopriamo così che nessuno oggi negli Stati Uniti sembra ansioso di discutere su una guerra che sta ancora costando vite americane (quelle degli afghani, montagne di morti, non sono citate dal NYT), e centinaia di miliardi di dollari.
E l’Afghanistan è tornato nella attenzioni politiche dei due candidati presidente solo quando la polizia di New York ha arrestato un cittadino americano di origini afghane, Ahmad Khan Rahami, accusato di aver messo le bombe a Manhattan e nel New Jersey. Trump e Hillary Clinton balbettano [Trump, ‘typically harsh’, e Clinton, ‘typically detailed’].
Tutti ad evitare come la peste l’argomento.
Strano, perché i due -rileva Max Fisher- sono sempre ansiosi di discutere la Siria e l’Iraq subito dopo gli attacchi terroristici legati a quei paesi. Ma quando gli investigatori trovano le connessioni del terrorismo in casa e l’azione americana in Afghanistan, i ‘responsabili pubblici e politici dell’America’, così vengono definiti, si danno alla fuga politica.
Il fatto è che nessuna delle due parti ha interesse a richiamare l’attenzione su questo fallimento bipartisan. E nessuno dei due candidati ha una politica migliore da offrire. Nessun guadagno politico per i candidati, e complicità silente degli elettori, sostiene il NYT. È da troppe presidenziali, almeno 4, che gli americani hanno di fronte lo spettro di una della guerra in corso.
E tutti sembrano felici di far finta che la guerra in Afghanistan, che ha ucciso più di 2.300 americani e un numero infinito di afghani e persino qualche soldato italiano, non esista.
Per decenni, spiega Fisher, i leader hanno raccontato l’Afghanistan come una bella terra senza legge alla quale gli Stati Uniti avrebbero portato i valori di democrazia americani. Un nuovo Far West un po’ più lontano da casa.
Una avventura iniziata in tempi lontani. 1979, quando l’Unione Sovietica entrò in Afghanistan e gli Stati Uniti armarono i ribelli, i mujaheddin afghani contro altre formazioni lealiste. Ribelli organizzati l’uno contro l’altro in una lunga guerra civile che ha dato origine ai talebani.
Dopo l’11 settembre, l’invasione americana dell’Afghanistan nel 2001. Il governo talebano cadde rapidamente, ponendo da subito una domanda che attende ancora oggi una risposta credibile.
Ora che cosa? Quello che dovrebbe avvenire dei talebani, ad esempio, e tra le spinte contrapposte tra i due popoli maggioritari, pashtu e dari.
Poi l’Iraq si conquista tutte le attenzioni e le risorse dalla questione, fino al 2008, quando Barack Obama viene eletto presidente e promette di mettere fine ad una guerra, solo quella, che allora appariva vinta.
In realtà, è noto, gli Stati Uniti, alla ricerca di alleati dove si poteva, sul campo utilizzano anche i peggiori elementi della società afghana. Signori della guerra abilitati alla corruzione, al traffico di droga e alla violenza, peggiori dei nemici talebani.
E mentre gli attacchi dell’11 settembre diventavano il passato, gli Stati Uniti scoprono di non essere riusciti a sradicare i talebani, che anzi, controllavano strategici pezzi di territorio. Rischio patatrak, con gli elettori Usa, stanchi di finanziare missioni in Afghanistan che non portavano ad alcuna conclusione. Obama ha semplicemente ritardato o rallentato il ritiro delle truppe, coinvolgendo anche noi italiani in uno sforzo militare e finanziario che appare sempre di più insensato.
Forse è il caso che anche il nostro governo, alla pari dei due candidati alla Casa Bianca, inizi a cancellare l’Afghanistan dalle nostre mappe geopolitiche.
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