La musica di Negin contro i talebani
di Flavia Cappadocia – La Repubblica – 3 maggio 2016
“Chiudo gli occhi e sogno Beethoven”
Sogna di duettare un giorno con il pianista cinese Lang Lang e ascolta Chopin anche mentre dorme. Negin Khpalwak ha 19 anni ed è la più giovane direttrice d’orchestra dell’Afghanistan. I capelli lunghi e neri sono in parte nascosti dal velo e gli occhi scuri illuminano il viso.
Per la musica ha sfidato il regime talebano, ribellandosi alla sua famiglia e a un destino già scritto. ”Nella mia città non ci sono scuole e studiare musica è impossibile. Mi dicevano che una ragazza non può suonare, che è contro la tradizione”.
Ma a queste parole Negin non ha mai creduto. Nata nel 1997 a Chatral, in Pakistan, città di 20 mila abitanti sulla sponda occidentale del fiume Kunar, a pochi chilometri dal confine con il territorio afghano, è cresciuta in una famiglia conservatrice di etnia pashtun.
Il regime talebano, istituito nel 1996, ha proibito l’educazione femminile bandendo ogni forma d’intrattenimento, compreso l’ascolto della musica, e cancellando qualsiasi possibilità di avvicinarsi al mondo dell’arte.
Oggi Negin dirige la Zhora Orchestra, un ensemble sinfonico tutto al femminile che unisce musica occidentale e tradizionale. Ha iniziato a suonare il pianoforte di nascosto, a 13 anni, quando si era già trasferita in un orfanotrofio di Kabul [l’orfanotrofio di AFCECO, NdR] nel 2006 per frequentare la scuola.
”La musica è tutto per me. Mi piacciono Chopin, Beethoven. Anche Tchaikovsky”, racconta. ”Sono i miei preferiti, ma io adoro tutta la musica occidentale. Mi ricordo che un giorno sono tornata a casa con una collezione delle sinfonie di Beethoven. Chiudevo gli occhi e mi venivano in mente solo cose belle. Cercavo di immaginare la sua vita. Quando la partitura all’improvviso cambiava, cercavo di capire che cosa volesse raccontare, che cosa avesse vissuto”.
La famiglia di Negin l’ha ripudiata dopo un’apparizione televisiva all’interno dell’Afghanistan National Institute of Music. ”I miei parenti erano furibondi. Mio padre, invece, cercò una sorta di mediazione, voleva riportarmi in Pakistan, a Jalalabad, ma un altro zio disse che mi avrebbero uccisa. Non è colpa loro, è che non hanno nessun tipo di educazione. Ma io non potrò mai più tornare a casa. Mio padre è l’unica persona che mi ha sempre sostenuta e mi protegge, senza di lui non ce la farei. Anche se mi manca la mia casa so che il mio futuro è qui in Afghanistan e che un giorno la nostra musica arriverà in tutto il mondo”.
Quella che per molti in Occidente è considerata una passione, un hobby, o un lavoro, per le donne afghane rappresenta un sogno quasi impossibile. ”Un giorno all’orfanotrofio è venuta Adriana Mascoli, un’insegnante di pianoforte italiana che ci ha parlato dell’Afghanistan National Institute of Music dove si sarebbero tenute delle audizioni. Ci ho pensato per un paio di giorni, poi ho deciso di partecipare, ma senza dire niente a nessuno tranne che a mio padre. Mia madre, però, era venuta a saperlo da un’amica e la sua reazione è stata pessima. Ha sempre voluto che io diventassi medico. Invece ho passato le selezioni. Era il 2010”.
L’Afghanistan National Institute of Music frequentato da Negin è stato inaugurato proprio in quell’anno: fondato e diretto dal musicologo Ahmad N. Sarmast anche grazie al contributo della Banca Mondiale, vanta insegnanti provenienti da tutto il mondo, Russia, Colombia, Italia. La scuola riserva posti speciali a orfani e bambini cresciuti in strada, ma soprattutto a bambine e ragazze.
Una decisione controversa nell’Afghanistan post-talebano che a Sarmast è quasi costata la vita in un attentato kamikaze nel centro culturale francese di Kabul, l’11 dicembre del 2014. Durante un concerto dell’orchestra sinfonica del National Institute of Music due kamikaze si sono fatti saltare in aria e uno spettatore è rimasto ucciso. Infatti secondo gli estremisti Sarmast ”dissacra i valori islamici”, aprendo le porte dell’istruzione alle ragazze e unendo musica occidentale a quella tradizionale. Rimasto solo lievemente ferito nell’attentato, il direttore ha fatto stabilmente ritorno a Kabul dove continua a fare della sua scuola un punto di riferimento contro qualsiasi forma di esclusione sociale.
È anche grazie al suo coraggio se Negin ha potuto frequentare l’Istituto che nel 2013 l’ha scelta per rappresentare la scuola in un viaggio negli Stati Uniti, durante il quale si è esibita al Carnegie Hall di New York e al Kennedy Center di Washington.
Oltre a frequentare lezioni di pianoforte, sarod e dirluba – strumenti cordofoni predominanti insieme al sitar nella musica tradizionale di Pakistan, Bangladesh e Afghanistan – Negin ha iniziato a coordinare altri musicisti: ”La prima volta che ho diretto è stato quando la maestra Allegra mi ha chiesto ‘Negin, prova tu’. Mi piacque tantissimo. Poi alla mia amica Mena è venuta l’idea di un fare un gruppo solo femminile. All’inizio eravamo sei. Ora siamo trentaquattro”.
La vita di Negin è scandita dalle lezioni: ”Mi sveglio alle 5, faccio esercizi fino alle 6. Poi esco per andare a scuola dove le lezioni iniziano alle 8. Di solito mi fermo a suonare fino al pomeriggio inoltrato e infine torno all’orfanotrofio. Qui prepariamo un tè, chiacchieriamo, poi ceniamo. Se non ci sono compiti mi esercito ancora. Vado a letto presto. Ma a volte mi sveglio in piena notte e ascolto ancora un po’ di musica. Non esco quasi mai, solo il venerdì, ma raramente, perché uscire è un problema. A volte mio padre viene a trovarmi e se c’è qualche festa speciale mi porta in un posto bello”. La lotta contro l’oppressione e il terrore non fanno che rafforzare sempre di più la determinazione di Negin.
”Spero di essere un esempio per tutte le ragazze che cercano di realizzarsi, di fare qualcosa. La voce di un cantante a volte mi fa piangere, ma l’emozione mi dà speranza. La musica è questo. La musica è speranza”.
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