Il disastro dell’intervento in Afghanistan: produzione di oppio record, più 87%
Greenreport.it, 16 novembre 2017
Aumentano le entrate dei talebani e degli altri gruppi armati in un Paese sempre più corrotto. Vi ricordate le motivazioni dell’intervento armato degli Usa in Afghanistan, nel quale è ancora impantanata anche l’Italia? Pacificare il Paese; eliminare i talebani; liberare le donne; spazzare via le piantagioni di oppio e costruire una nuova economia.
A 16 anni dall’inizio di quella disastrosa e sanguinosa avventura -, avviata per vendicare l’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono da parte di sauditi Al Qaeda – l’Afghanistan è ancora in guerra, i talebani non sono mai stati così forti, le donne non sono mai state così oppresse de la produzione di’oppio afgano ha fatto un altro balzo dell’87% e ha raggiunto un nuovo record.
Infatti, secondo l’Afghanistan Opium Survey appena pubblicato dell’United Nations office on drugs and crime (Unodc) e dal ministero dell’Afghanistan per la lotta ai «La produzione di oppio in Afghanistan è aumentata dell’87% fino a raggiungere un livello record di 9.000 tonnellate nel 2017 rispetto ai livelli del 2016» e «L’area coltivata a papavero da oppio è aumentata fino a raggiungere il record di 328.000 ettari (ha) nel 2017, in aumento del 63% rispetto ai 201.000 ettari del 2016».
Presentando il rapporto il esecutivo dell’Unodc, Yury Fedotov,ha detto che «È tempo che la comunità internazionale e l’Afghanistan riorganizzino il controllo sulle droghe e che riconosciamo che ogni nazione ha una responsabilità condivisa per questo problema globale».
Secondo Unodc e governo afghano «L’aumento della produzione è dovuto principalmente ad un aumento dell’area coltivata a papavero da oppio, mentre ha contribuito anche un aumento della produzione di oppio per ettaro. Il maggiore aumento dei rendimenti si è verificato nella regione meridionale, dove il rendimento medio è cresciuto del 19% e della regione nord-orientale, con un aumento del 14%».
L’Afghanistan è il primo coltivatore al mondo del papavero da cui vengono prodotti l’oppio e l’eroina e i livelli record della produzione di oppio e della coltivazione del papavero pongono molteplici sfide all’Afghanistan, ai Paesi confinanti e ai molti altri paesi di transito o consumo degli oppiacei afghani.
Il boom della coltivazione del papavero da oppio rimpinguerà le casse dei talebani e dei loro concorrenti dello Stato Islamico, ma anche dei signori della guerra alleati del governo di Kabul, «Mentre – spiega l’Unodc . un’eroina di qualità più elevata e a basso costo raggiungerà i mercati di consumo in tutto il mondo portando ad un aumento del consumo e alle conseguenze dannose correlate».
Aumenta la produttività: in Afghanistan quest’anno la resa media dell’oppio è stata di 27,3 chilogrammi per ettaro (kg/ ha), il 15% in più rispetto al 2016. E questo nonostante i governatori provinciali fedeli al governo dicano di aver eradicato di 750 ha di papaveri da oppio, con un aumento del 111% rispetto al 2016 quando ne vennero eradicati 355 ettari. Nel 2017, l’eradicazione è avvenuta in 14 province, rispetto alle 7 province del 2016. Durante l’ultima campagna di eradicazione, sono morte 6 persone e 8 sono rimaste ferite negli scontri con i gruppi tribali armati che controllano le piantagioni.
Ma il rapporto fa notare che «La coltivazione del papavero da oppio si è estesa a nuove regioni e in molte province sono stati osservati forti aumenti. Nel Paese il numero di province prive di papaveri è diminuito da 13 a 10. Dopo oltre un decennio, Ghazni, Samangan e Nuristan hanno perso il loro status poppy-free. Il numero di province interessato dalle coltivazioni è aumentato di conseguenza da 21 a 24. Solo a Hilmand, la coltivazione è aumentata di 63.700 ettari (79%), rappresentando circa la metà dell’incremento totale. Seguirono Balkh (+10.000 ha), Kandahar (+7.500 ha), Nimroz (+6.200 ha) e Uruzgan (+6.000 ha)».
La regione meridionale dell’Afghanistan – controllata dai talebani e dai loro alleati – ha la maggiore quota di produzione di oppio nazionale con il 57%, che equivale a circa 5.200 tonnellate. La seconda regione di produzione di oppio più importante dell’Afghanistan è quella settentrionale – in mano alle milizie uzbeke e tagike spesso alleate del governo – con 1.400 tonnellate e il 16% della produzione afghana. Al terzo posto c’è la regione occidentale che guarda con 1.200 tonnellate e il 13%. Le restanti regioni orientali, nordorientali e centrali rappresentano insieme il 12% della produzione di oppio.
Il rapporto sottolinea che «Durante lo stesso periodo di riferimento, i prezzi medi alla produzione agricola al momento del raccolto sono diminuiti in tutte le regioni dell’Afghanistan, da meno 7% nell’ovest a meno 50% nel nord-est. L’unica eccezione è stata la regione meridionale, dove i prezzi sono rimasti stabili e sono diminuiti solo dopo il raccolto. Con un valore di 1,39 miliardi di dollari Usa e circa il 7% del Pil stimato dell’Afghanistan, nel 2017 il valore stimato della produzione di oppio nella produzione di oppio è aumentato del 55% rispetto ai livelli del 2016».
Fedotov evidenzia che «Queste cifre spaventose dovrebbero farci prendere considerevole pausa di riflessione su come trovare una soluzione praticabile e realizzabile per fermare le droghe illecite che fluiscono dall’Afghanistan, Esorto nuovamente la comunità internazionale a rivedere il suo impegno con l’Afghanistan e a riconoscere che potrebbero essere necessarie nuove valutazioni e revisioni politiche».
Per il Paese si tratta di una notizia terribile: «In Afghanistan . conclude Fedotov – che già soffre per l’oppio prodotto all’interno dei suoi confini, aumenterà l’abuso di droghe, con una maggiore dipendenza dall’economia illegale e livelli crescenti di corruzione».
Ecco come è ridotto, dopo 16 anni di intervento occidentale e italiano, un Paese dove dovevamo portare la democrazia, la pace e la prosperità.
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