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Afghanistan: almeno 3.300 civili morti negli ultimi 12 mesi di violenze

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Sicurezza Internazionale – MG Rutigliano 24/9/19

talebani grandeIl Ministero della Sanità Pubblica afghano ha riferito che negli ultimi 12 mesi le violenze nel Paese hanno causato la morte di oltre 3.300 civili e il ferimento di oltre 14.600 persone.

Il periodo di tempo considerato va dal 16 settembre 2018 al 10 settembre 2019. “Raccogliamo dati in tutte e 34 le nostre province e quando i numeri vengono verificati li inseriamo nel sistema”, ha dichiarato Mir Lais Mustafa, capo del Dipartimento di Risposta agli Incidenti del Centro di Comando e Controllo afghano. Il rapporto non specifica a chi siano da attribuire le responsabilità di tali decessi. Tuttavia, il documento specifica che i civili morti a causa di attentati kamikaze sono ben 460 e i feriti ammontano a 1.200. Queste morti sono facilmente attribuibili ai talebani e le altre vittime sono la conseguenza, invece, di scontri o di attacchi aerei ordinati dal governo afghano. 

Una Commissione indipendente per la tutela dei diritti umani ha sollevato preoccupazioni riguardanti le vittime civili causate dalle operazioni e dagli attacchi aerei delle forze armate afghane, supportate da Paesi stranieri. “Sfortunatamente, abbiamo visto vittime civili delle operazioni delle forze di sicurezza nel distretto di Sayed Abad, nella provincia centrale di Wardak, e nel distretto Khogyani, della provincia di Nangarhar”, ha dichiarato Abdul Shakur Mashkur, membro della Commissione indipendente per i diritti umani. Il Ministero della Difesa e il Ministero degli Interni afghani, da parte loro, dichiarano di aver messo in atto tutti gli sforzi possibili per prevenire vittime collaterali durante le operazioni militari. “Le forze di sicurezza si stanno impegnando a fondo per prendersi cura della vita dei civili e non danneggiarli”, ha affermato Rohullah Ahmadzai, portavoce del Ministero della Difesa. “Ogni volta che i civili vengono colpiti da un errore delle forze di sicurezza, investighiamo sull’incidente e coloro che sono stati negligenti subiscono gravi punizioni”, afferma Nusrat Rahimi, portavoce del Ministero degli Interni.

Tali preoccupazioni diventano sempre più consistenti alla luce dei recenti avvenimenti nel Paese. Almeno 40 persone sono rimaste uccise e 3 sono state ferite durante un raid notturno delle forze governative nel distretto di Musa Qala, nella provincia di Helman, nel Sud dell’Afghanistan, la notte tra domenica 22 settembre e lunedì 23 settembre. Alcuni testimoni oculari, incluso un membro del consiglio provinciale, hanno riferito la notizia.
I residenti locali hanno aggiunto che molte vittime erano civili che stavano tornando a casa da una festa di fidanzamento quando il loro veicolo è stato colpito dall’aviazione afghana, supportata da quella degli Stati Uniti. I feriti sono stati portati in un ospedale nella capitale della provincia, la città di Lashkargah.
Il Ministero della Difesa ha riferito che almeno 22 militanti stranieri talebani sono stati uccisi nel raid e altri 14 sono stati arrestati, durante le operazioni.
Inoltre, alcuni depositi delle armi del gruppo sono stati distrutti nell’assalto. Tra i militanti arrestati vi erano 5 cittadini pakistani e 1 cittadino del Bangladesh. Il Ministero ha poi aggiunto che le indagini che sulle vittime civili sono in corso e verranno condivise al più presto con i media. I talebani, da parte loro, accusano il governo e le forze straniere di uccidere il popolo afghano. 

Il raid arriva 5 giorni dopo un altro attacco, avvenuto il 18 settembre, dove almeno 30 civili sono stati uccisi e 40 sono rimasti feriti. Anche in tale occasione, il raid è stato effettuato con il supporto aereo degli Stati Uniti. L’assalto era finalizzato alla distruzione di un nascondiglio usato dai militanti dell’ISIS. Tuttavia, il bombardamento ha accidentalmente colpito un campo vicino, dove si trovavano alcuni raccoglitori di pinoli, secondo quanto hanno riferito 3 funzionari del governo all’agenzia di stampa Reuters. Sohrab Qaderi, membro del Consiglio Provinciale di Nangarhar, ha dichiarato che un attacco con droni ha causato la morte di 30 operai in un campo e almeno altre 40 persone sono rimaste ferite.
Il Ministero della Difesa di Kabul ha confermato l’operazione, ma ha rifiutato di condividere ulteriori dettagli sulle vittime. Le forze armate statunitensi non si sono mostrate disponibili a commentare l’avvenimento. 

La situazione di violenza in Afghanistan è in parte la conseguenza di una crisi diplomatica in corso e a causa di questa rischia di peggiorare. I colloqui di pace tra USA e talebani sono iniziati il 13 ottobre 2018 in Qatar con l’obiettivo di porre fine a 18 anni di guerra in Afghanistan.
Tuttavia, nonostante all’inizio di settembre 2019 le due parti fossero molto vicine al raggiungimento di un accordo, i colloqui sono stati bruscamente interrotti. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha cancellato gli incontri con i leader dei talebani, che dovevano tenersi a Camp David, nel Maryland. Annunciando la cancellazione di tali discussioni, l’8 settembre, Trump ha citato l’attentato talebano a Kabul del 5 settembre, in cui 12 persone, tra cui un soldato americano, sono state uccise.

L’Afghanistan è, da decenni, caratterizzato da profonda instabilità. Come evidenziato dal presidente, Ashraf Ghani, in occasione della cerimonia del centenario dall’Indipendenza del Paese dal Regno Unito, che si è tenuta il 19 agosto, al momento il Paese si trova a dover affrontare due principali minacce. La prima vede come protagonisti i talebani, mentre la seconda riguarda la presenza dell’ISIS sul territorio.
Questi si sono recentemente installati nel Paese a seguito della fuga da altre regioni mediorientali. I talebani, invece, si sono affermati come gruppo dominante del Paese dopo il crollo dell’Unione Sovietica e, dalla fine di una guerra civile tra diversi gruppi locali. Nel 1996, hanno governato gran parte dell’Afghanistan. Dopo essere stati decimati dagli americani, a seguito dell’invasione del 2001 e dell’intervento della NATO nell’agosto 2003, i talebani sono tornati a essere attivi e a compiere numerose offensive per riprendere il controllo del governo.     

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