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La clemenza per i talebani non porterà la pace in Afghanistan

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Aljazeera.comRustam Ali Seerat – 30 settembre 2020 

L’impunità incoraggia solo i gruppi armati a continuare le loro violenze contro la popolazione civile.

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Quando viene data una scelta tra sicurezza e libertà, le persone scelgono sempre la sicurezza. Questo è il motivo per cui così tanti dittatori e demagoghi sopravvivono creando un falso senso di minaccia e si presentano poi come salvatori.

La stessa logica si applica quando alle persone viene data una scelta tra sicurezza e giustizia. Sceglierebbero la sicurezza alla giustizia. Nel caso dell’Afghanistan, negli ultimi decenni questo ha alimentato un ciclo vizioso di violenza.

L’assenza di conseguenze legali per la violenza e i crimini di guerra ha solo incoraggiato ulteriormente i gruppi armati. La liberazione dal carcere di combattenti talebani nell’ambito di un accordo tra Stati Uniti e talebani e il proseguimento dei negoziati tra il gruppo armato e il governo afghano non porterà alla pace. Solo un completo processo di giustizia di transizione lo farà.

La storia si ripete

La decisione di mettere da parte la giustizia per presumibilmente mantenere la sicurezza e la pace non è un fatto senza precedenti nella storia afghana recente.

Durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan (1979-1987), più di 800.000 persone persero la vita. Gli Stati Uniti e diversi paesi musulmani hanno sostenuto la lotta dei mujaheddin contro le forze sovietiche. Entrambe le parti durante il conflitto hanno regolarmente commesso gravi violazioni dei diritti umani e violazioni del Diritto Internazionale Umanitario. Mentre le atrocità commesse dalle forze sovietiche erano ampiamente riportate, i crimini di guerra commessi dai mujaheddin nello stesso periodo non furono documentati.

Dopo il ritiro delle truppe sovietiche, scoppiarono lotte intestine tra vari gruppi di mujahideen che portarono a commettere ancora più crimini di guerra. Nel febbraio 1993, ad esempio, le lotte intestine tra fazioni di signori della guerra sfociarono nel massacro di Afshar, in cui furono brutalmente assassinati fino a 1000 uomini, donne e bambini Hazara. I combattimenti tra mujaheddin sono durati dal 1992 al 1994 e sono costati fino a 50.000 vittime civili. Sono state queste violenze e sconvolgimenti che hanno dato vita ai talebani, che hanno conquistato Kabul nel 1996 e hanno istituito un emirato islamico. Nell’agosto 1998 i talebani hanno giustiziato tra 2000 e 5000 civili del gruppo etnico Hazara nella città settentrionale di Mazar-i-Sharif.

Gli attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti hanno giocato a favore degli stessi mujahideen, nuovi alleati nella coalizione guidata dagli Stati Uniti che ha invaso l’Afghanistan nell’ottobre 2001, contro i talebani. Nel 2007, dopo l’insediamento a Kabul di un governo sostenuto dagli Stati Uniti, i leader mujaheddin coinvolti nelle guerre civili degli anni ’90 hanno approvato una legislazione in parlamento che concede loro l’amnistia per i loro crimini di guerra. La giustificazione fornita per queste leggi era semplice: se la comunità internazionale e il governo afgano cercassero di portarli di fronte alla giustizia, i mujaheddin provocherebbero più caos e insicurezza.

Pertanto, non sono state adottate misure di giustizia transitoria, sacrificando così la loro assunzione di responsabilità al fine mantenere una pace illusoria dopo il 2001. Continuando a soffrire per più di due decenni, il popolo afghano, che è stato la principale vittima dei crimini di guerra dei mujaheddin, ha abbandonato la giustizia nella speranza di ottenere più sicurezza.

L’assenza di un processo giudiziario di transizione contro i mujaheddin ha incoraggiato i Talebani, e rassicurato i suoi membri, che non ci sarebbero state conseguenze per le loro azioni. Cosi hanno continuato a commettere violenze e atti sempre più raccapriccianti contro il popolo afghano. In altre parole, l’impunità di cui godevano i mujaheddin non ha davvero portato la pace in Afghanistan.

Questo approccio all’etica della guerra è problematico, non solo perché nega la giustizia per le vittime delle atrocità dei Talebani, ma anche perché rafforza la capacità dei Talebani di prolungare la guerra per raggiungere l’obiettivo di instaurare una teocrazia.

Giustizia di transizione in Afghanistan

Il rilascio di migliaia di combattenti Talebani dopo che il gruppo armato ha concluso un accordo con gli Stati Uniti il ​​29 febbraio di quest’anno è stato giustificato come necessario per far ripartire i negoziati di pace. Tuttavia, i pronostici sono contro qualsiasi pace sul lungo termine nel paese.

I talebani non rinunceranno alla violenza perché sanno che è solo attraverso di essa che possono avere potere politico. Anche con i suoi enormi scandali di corruzione e la sua stessa storia di violenza contro i civili, il governo di Kabul è ancora preferito dal 92% degli afgani, secondo un sondaggio del 2015. Qualsiasi impunità di cui godono i Talebani motiverà anche altri gruppi a continuare a commettere crimini contro il popolo afghano.

Per questo motivo, crescono le richieste di processare i leader dei Talebani presso la Corte penale internazionale (CPI).Tuttavia, è improbabile che essi affronteranno presto il tribunale. Non solo il governo afghano e i suoi sostenitori internazionali sarebbero felici di concedere l’amnistia ai membri del gruppo se dovessero accettare di fare la pace, gli stessi Stati Uniti non sono disposti a consentire alla Corte di indagare sui crimini che le sue truppe presumibilmente hanno commesso nel paese.

Inoltre, un’indagine della CPI in questo nodo critico rischia di minare i colloqui di pace in corso a Doha, in quanto potrebbe scoraggiare i Talebani ad accettare di fare la pace. Ma ci sono modi per ottenere una certa giustizia di transizione senza insistere su un’indagine della Corte penale internazionale.

I crimini di guerra commessi in Afghanistan negli ultimi quattro decenni da tutte le parti possono e devono essere documentati ufficialmente. Ciò metterebbe fine ai tentativi diffusi di “imbiancare” la storia e costringerebbe gli autori di questi crimini ad affrontare una certa responsabilità. A seguito della documentazione di questi crimini, tutti i partiti politici, compresi i comunisti, le fazioni mujahideen e i Talebani, dovrebbero ufficialmente scusarsi con il popolo afghano in generale e le vittime della loro violenza in particolare, per riconoscere ufficialmente ed espiare i loro crimini passati.

Le scuse pubbliche dei leader coinvolti in crimini di guerra hanno un precedente. Durante la sua campagna elettorale del 2013, il vicepresidente di Ashraf Ghani, Abdul Rashid Dostum, si è scusato per aver preso parte alle guerre civili degli anni ’90. Le scuse e l’impegno di Dostum a non ripetere mai i suoi errori passati sono stati accolti con favore da molti afgani.

Al popolo afghano viene nuovamente chiesto di scegliere tra giustizia e sicurezza. Sebbene un riconoscimento dei crimini di guerra e la promessa da parte degli autori di non ripeterli non guarirebbe le vittime di questi crimini, può essere un passo importante verso la guarigione dell’Afghanistan. Se questi passi sono sostenuti dall’impegno della comunità internazionale per prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani nel paese, l’Afghanistan può finalmente lasciarsi alle spalle il suo doloroso passato e voltarsi verso il futuro.

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