AFGHANISTAN. Amensty International. Rapporto 2023 – 2024
Amnesty International. Rapporto 2023 – 2024 – Asia e Pacifico – Afghanistan, Aprile 2024
REPUBBLICA ISLAMICA DELL’AFGHANISTAN
Nel contesto del peggioramento della crisi umanitaria e degli sconvolgimenti economici, la popolazione afgana ha subìto un’estrema repressione e violazioni dei diritti umani. I talebani hanno imposto sempre più restrizioni a donne e ragazze, con l’evidente obiettivo di cancellarle completamente dalla sfera pubblica.
Ci sono stati appelli internazionali a indagare su questa persecuzione di genere come crimine contro l’umanità. La libertà d’espressione è stata erosa e coloro che esprimevano pacificamente opinioni critiche nei confronti dei talebani hanno subìto sparizioni forzate, detenzioni illegali, arresti arbitrari, tortura e altri maltrattamenti. È continuata la cultura dell’impunità, anche per crimini di guerra e contro l’umanità. Sotto il dominio talebano, la libertà di religione si è ulteriormente ridotta. I gruppi etnici, comprese le minoranze religiose, hanno vissuto una crescente emarginazione, pregiudizi e sgomberi forzati. I talebani hanno imposto esecuzioni e punizioni corporali pubbliche, come la lapidazione e la fustigazione.
DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E CULTURALI
La devastante crisi umanitaria si è aggravata nel corso dell’anno, esacerbata dalla presa del potere dei talebani nel 2021, da disastri come terremoti e inondazioni e anni di continua siccità. Le agenzie delle Nazioni Unite hanno stimato che il numero di persone bisognose di assistenza è aumentato da 18,4 milioni nel 2022 a quasi 29 milioni all’agosto 2023. L’Oms ha avvertito che milioni di persone erano a rischio di malnutrizione e malattie, con scarso o nessun accesso all’assistenza sanitaria e al cibo, di cui 2,3 milioni di minori a rischio di malnutrizione acuta. Oltre all’isolamento internazionale e alle sanzioni economiche in risposta alla presa del potere da parte dei talebani, a fine novembre il programma di risposta umanitaria delle Nazioni Unite per l’Afghanistan aveva ricevuto solo il 34,8 per cento dei fondi. Le difficoltà umanitarie erano destinate ad aumentare anche per il rimpatrio di massa dei rifugiati afgani da parte del Pakistan. Anche l’Iran e la Turchia hanno continuato a rimpatriare i rifugiati afgani.
Il sistema sanitario ha continuato a dipendere dagli aiuti internazionali ed è rimasto fragile a causa della mancanza di infrastrutture e risorse adeguate.
DIRITTI DI DONNE E RAGAZZE
Secondo Amnesty International e la Commissione internazionale di giuristi (International Commission of Jurists – Icj), le restrizioni draconiane dei talebani ai diritti di donne e ragazze, insieme al ricorso ad arresti e detenzioni arbitrari, sparizioni forzate, torture e altri maltrattamenti, potevano equivalere al crimine contro l’umanità della persecuzione di genere1.
Ad aprile, i talebani hanno esteso il divieto per le donne di lavorare fuori casa, aggiungendo anche i posti di lavoro presso le Nazioni Unite, creando così ulteriori problemi per la fornitura di assistenza umanitaria. Sono rimasti in vigore i divieti per le donne occupate nel settore pubblico, tranne che in settori come la sanità, l’istruzione primaria o specifiche istituzioni di sicurezza, come gli aeroporti o le carceri femminili. Alle donne è stato vietato di apparire in pubblico da sole o di viaggiare per più di 72 chilometri senza un accompagnatore maschio. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, la chiusura forzata dei saloni di bellezza a partire da luglio ha colpito circa 60.000 imprese gestite da donne.
È continuato il divieto per le donne di partecipare ad attività sportive o di visitare i parchi pubblici. In alcune province, tra cui Herat, le autorità talebane hanno riferito di aver introdotto ulteriori restrizioni localizzate, come il divieto alle donne sole di andare al ristorante.
Sono aumentate le restrizioni all’istruzione delle ragazze. Oltre al divieto di iscrizione alle scuole oltre la scuola primaria, a giugno alle Ong internazionali, inclusi i programmi guidati dall’Unicef, è stato vietato di fornire istruzione a livello di comunità ed è stato chiesto loro di passare i programmi alle organizzazioni locali. Secondo quanto riferito, tra giugno e luglio quasi 4.500 donne sono state licenziate dai posti di lavoro nel settore dell’istruzione.
Diverse agenzie delle Nazioni Unite hanno segnalato un aumento dei matrimoni precoci e forzati, nonché della violenza di genere e dei femminicidi, rimasti impuniti. I talebani hanno progressivamente dissolto il quadro istituzionale di sostegno alle sopravvissute alla violenza di genere, che era attivo sotto il precedente governo, lasciando che le sopravvissute dipendessero dalla legge della sharia (legge islamica) e fossero a rischio di ulteriori abusi. Sono stati diffusamente segnalati casi di donne e ragazze vittime di depressione che, in alcuni episodi, le ha portate al suicidio.
DISCRIMINAZIONE
Le persone appartenenti ai gruppi etnici hazara, uzbeko, turkmeno e tagico hanno subìto una crescente emarginazione e lo sgombero forzato dalle loro case e dalle loro terre. Secondo quanto riferito, persone appartenenti alla comunità beluci sono stati arrestati e fatti sparire con la forza.
I talebani hanno risolto le controversie sulla terra e sul bestiame a favore delle comunità kuchi, di etnia pashtun, che si spostano stagionalmente, e hanno costretto le comunità hazara locali a pagare risarcimenti per casi relativi alla scomparsa di capi di bestiame risalenti a oltre 20 anni fa. Secondo quanto riferito, in alcuni casi le comunità kuchi hanno attaccato i residenti hazara.
Oltre ai pestaggi degli hazara e alla distruzione delle loro proprietà, compresi veicoli, case e raccolti, sei uomini hazara sono stati uccisi tra giugno e agosto nell’area di Khas Urozgan, nella provincia di Urozgan. Sono perdurate le preoccupazioni circa l’impunità per questi crimini. A ottobre, secondo quanto riferito, due uomini hazara sono stati uccisi al confine tra i distretti Lal wa Srajangal e Dawlat Yar, della provincia di Ghor. A novembre e dicembre sono stati segnalati diversi omicidi di uomini hazara, compresi leader religiosi, nella provincia di Herat.
ATTACCHI E UCCISIONI ILLEGALI
I civili hanno continuato a subire attacchi in tutto il paese, nonostante la violenza legata al conflitto si sia ridotta dopo la presa del potere da parte dei talebani. La missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (United Nations Assistance Mission in Afghanistan – Unama) ha registrato 3.774 vittime civili tra agosto 2021 e maggio 2023 (1.095 morti; 2.679 feriti), la maggior parte delle quali sono state attribuite al gruppo armato Stato islamico-provincia del Khorasan (Islamic State of Khorasan Province – Is-Kp). Il 13 ottobre, l’Is-Kp ha rivendicato la responsabilità di un attentato a una moschea sciita/hazara nella provincia di Baghlan, che ha provocato la morte di almeno 20 persone e il ferimento di oltre 60.
Nel contesto dei combattimenti con il Fronte di resistenza nazionale (Frn), a giugno Amnesty International ha riferito che i talebani avevano messo in atto punizioni collettive nei confronti di civili nella provincia di Panjshir, compresi arresti arbitrari di massa o di interi villaggi. Il rapporto ha inoltre documentato che, solo tra il 12 e il 14 settembre, i talebani avevano effettuato almeno 14 esecuzioni extragiudiziali di detenuti dell’Frn nei distretti di Khenj e Darah e molte altre esecuzioni extragiudiziali nei distretti di Khenj, Darah e Rokha. Si stima che il numero totale di persone uccise in un contesto extra giudiziario durante questo periodo sia almeno 48, forse molte di più2.
È proseguita impunemente una serie di esecuzioni extragiudiziali di massa di persone associate al precedente governo e di membri di gruppi armati che resistevano ai talebani. Tali esecuzioni costituiscono crimini di guerra. L’Unama ha registrato almeno 218 uccisioni extragiudiziali di membri del precedente governo e di personale di sicurezza tra agosto 2021 e giugno 2023.
PENA DI MORTE, TORTURA E ALTRO MALTRATTAMENTO
Persone sono state sottoposte ad arresti e detenzioni arbitrari e a sparizioni forzate e sono rimaste a rischio di esecuzione, morte in custodia, tortura e altri maltrattamenti. L’Unama ha registrato 1.600 episodi di violazioni dei diritti umani in detenzione tra gennaio 2022 e luglio 2023, metà dei quali costituiscono tortura e altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti.
A giugno, Amnesty International ha riscontrato prove che i talebani nel 2022 avevano torturato a morte almeno tre civili, accusati di essere affiliati all’Frn, nella provincia di Panjshir. Non è stata segnalata alcuna indagine su questo o altri casi di tortura.
A maggio, le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per il continuo ricorso alle esecuzioni e alle punizioni corporali pubbliche da parte dei talebani. Fino a giugno era stata segnalata almeno un’esecuzione pubblica. La Corte suprema de facto dell’Afghanistan ha riferito che centinaia di persone erano state condannate alla qisas (legge del taglione), anche alla lapidazione. È continuato il ricorso a punizioni corporali pubbliche assimilabili a tortura e altri maltrattamenti. L’Unama ha documentato che 274 uomini, 58 donne e due ragazzi sono stati fustigati pubblicamente, tra novembre 2022 e aprile 2023, e 103 persone sono state condannate a tali punizioni a partire da maggio.
LIBERTÀ DI RELIGIONE E CREDO
Le minoranze religiose, tra cui sciiti, sikh, indù, cristiani, ahmadi e ismailiti, hanno continuato a subire emarginazione, pregiudizi e discriminazioni.
Citando ragioni di sicurezza, sono state imposte restrizioni a eventi e celebrazioni religiose tra cui, a luglio, la commemorazione dell’ashura, che è osservata principalmente dai musulmani sciiti. Il 28 luglio, nella provincia di Ghazni, quattro persone hazara sciite, tra cui un minore e una donna, sono state uccise e altre sei sono rimaste ferite dagli spari delle forze talebane per disperdere le commemorazioni dell’ashura.
I talebani hanno escluso la giurisprudenza sciita dal sistema educativo, così che l’insegnamento religioso era basato esclusivamente sul culto islamico sunnita.
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
Lo spazio per la libertà d’espressione e per i media ha continuato a ridursi drasticamente. A marzo, almeno due giornalisti, un uomo e una donna, sarebbero stati uccisi in un attentato dinamitardo. Decine di persone sono state arbitrariamente arrestate e molestate per aver espresso critiche nei confronti dei talebani o per violazione delle regole talebane. Almeno 64 giornalisti sono stati detenuti dai talebani per periodi variabili tra agosto 2021 e agosto 2023. Murtaza Behboodi, giornalista franco-afgano, è stato rilasciato dopo nove mesi di detenzione.
Tra agosto 2021 e agosto 2023, oltre l’80 per cento delle giornaliste ha smesso di lavorare a causa delle crescenti restrizioni. Altre limitazioni comprendevano l’apparizione in televisione delle donne solo a volto coperto.
I talebani hanno chiuso con la forza per 20 giorni la stazione radiofonica e televisiva Hamisha Bahar, nella provincia di Nangarhar, perché aveva tenuto corsi di giornalismo a persone di genere misto.
Tra la presa del potere dei talebani nell’agosto 2021 e l’agosto 2023, più della metà degli organi d’informazione registrati ha chiuso i battenti e due terzi di tutti i giornalisti hanno lasciato il lavoro.
È continuata la repressione nei confronti di coloro che esprimevano opinioni critiche nei confronti dei talebani, anche verso chi lo faceva attraverso l’uso dei social media. Tra questi figurava Rasoul Parsi, un professore universitario arrestato a marzo e che a fine anno era ancora in detenzione.
LIBERTÀ DI RIUNIONE PACIFICA
Si è fatto ricorso a forza illegale ed eccessiva per attaccare proteste pacifiche, molte delle quali guidate da donne. Le Nazioni Unite hanno riferito che, tra marzo e giugno, sono state documentate in tutto l’Afghanistan 95 proteste guidate da donne. Secondo quanto riferito, i talebani hanno usato armi da fuoco, idranti e pistole stordenti per disperderle, come nel caso della manifestazione guidata da donne contro la chiusura forzata dei saloni di bellezza, svoltasi nella capitale Kabul il 18 luglio.
Sono continuati gli arresti arbitrari e le sparizioni forzate di chi partecipava a manifestazioni e di conseguenza molte proteste sono state spostate su piattaforme online.
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
Attivisti, difensori dei diritti umani e membri della società civile hanno continuato a subire violenze, intimidazioni e sorveglianza e molti sono stati vittime di arresti arbitrari, sparizioni forzate e detenzione illegale. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, i detenuti hanno subìto torture e altri maltrattamenti, compresi abusi sessuali.
Nida Parwani e Zhulia Parsi, due attiviste per i diritti umani, sono state arrestate rispettivamente il 19 e 27 settembre, insieme ad alcuni familiari, e rilasciate a dicembre. Matiullah Wesa, un attivista per il diritto all’istruzione, è stato rilasciato a ottobre dopo sette mesi di reclusione. Nargis Sadat e Parisa Azada Mubariz sono state arrestate arbitrariamente dai talebani e rilasciate dopo un periodo di reclusione, mentre molti altri attivisti e giornalisti sono rimasti in carcere.
DIRITTI DELLE PERSONE RIFUGIATE
Il diffuso timore di persecuzioni da parte dei talebani ha portato migliaia di persone a lasciare il paese. Molti temevano attacchi da parte di attori non statali come l’Is-Kp. Oltre 1,4 milioni di rifugiati afgani in Pakistan erano a rischio di rimpatrio forzato3. Secondo quanto riferito, a dicembre erano più di 490.891 i rifugiati afgani rimpatriati in Afghanistan dal governo pakistano. Molti altri hanno dovuto subire il rimpatrio o la minaccia di rimpatrio dall’Iran e dalla Turchia.
DIRITTI DELLE PERSONE SFOLLATE INTERNAMENTE
In conseguenza dei molti anni di conflitto, l’Afghanistan contava uno dei più consistenti gruppi al mondo di persone sfollate internamente. Quelle rimpatriate dal Pakistan e da altri stati hanno dovuto affrontare le dure condizioni invernali senza risorse adeguate, tra cui alloggio, accesso al lavoro, assistenza sanitaria e mezzi di sussistenza adeguati.
DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI, TRANSGENDER E INTERSESSUATE
Le relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso sono rimaste illegali e punibili con la morte. Le persone Lgbti hanno continuato a subire una moltitudine di violazioni dei diritti umani perpetrate dai talebani, tra cui discriminazioni, violenza mirata, minacce e detenzione arbitraria. Molte hanno continuato a vivere nascoste, temendo per la propria vita, mentre sono stati segnalati anche alcuni episodi di matrimoni forzati di persone Lgbti.
IMPUNITÀ
La cultura dell’impunità è rimasta dilagante, in particolare per i crimini di diritto internazionale. A fine anno non erano ancora stati resi pubblici i risultati delle indagini in corso da parte della Corte penale internazionale4. Amnesty International ha chiesto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di istituire un meccanismo internazionale indipendente di accertamento delle responsabilità incaricato di raccogliere e conservare prove per possibili procedimenti penali, in aggiunta al mandato del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan. A luglio, il Relatore speciale ha dichiarato che la grave discriminazione contro donne e ragazze equivaleva al crimine contro l’umanità di persecuzione di genere. Ha inoltre affermato che l’obiettivo dei talebani di dominio totale su donne e ragazze, realizzato governando con discriminazione sistemica, potrebbe essere “definito come apartheid di genere”.
L’accesso alla giustizia per il popolo afgano è stato gravemente limitato poiché i talebani hanno sospeso o abolito le leggi esistenti, introducendo invece un’interpretazione restrittiva della legge della sharia e sostituendo i precedenti professionisti giudiziari e legali con i loro candidati preferiti.
Note:
1 Afghanistan: The Taliban’s War on Women: The Crime against Humanity of Gender Persecution in Afghanistan, 25 maggio.
2 Afghanistan: “Your sons are in the mountains”: The collective punishment of civilians in Panjshir by the Taliban, 7 giugno.
3 Pakistan: Halt mass detentions and deportations of Afghan refugees, 10 novembre.
4 Afghanistan: ICC justice should match victims’ demands, 6 dicembre.
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