Afghanistan, uccise due donne giudici della Corte suprema
Nessuno per ora ha rivendicato l’attacco, ma secondo il governo e la Nato i responsabili sono i talebani che vogliono indebolire la struttura del Paese in vista del loro ritorno al potere
Giampaolo Cadalanu, la Repubblica, 17 gennaio 2021
Non si ferma l’offensiva dei Talebani contro gli esponenti della società civile afgana. Negli ultimi dieci mesi quasi ventimila attacchi
Due donne, giudici della Corte suprema, sono state uccise stamattina a Kabul mentre andavano al lavoro. Uomini armati hanno assalito l’auto su cui viaggiavano, giustiziando le passeggere e ferendo l’autista. Per ora nessuno ha rivendicato l’attentato, ma è opinione comune che questo faccia parte dell’offensiva lanciata dai Talebani contro gli esponenti della società civile afgana.
Magistrati, giornalisti, intellettuali, medici sono diventati obiettivo di una campagna di omicidi volta a indebolire il fronte governativo ma anche la struttura stessa del Paese, in vista di un ritorno degli integralisti in posizioni di potere, con la partenza delle truppe americane e alleate. E’ “l’attacco contro un’intera generazione”, dice il presidente Ashraf Ghani, “con lo scopo di destabilizzare il Paese e indebolirne la fiducia nelle nuove generazioni e fra le donne in particolare”.
Gli “studenti coranici”, tuttora impegnati nelle trattative di pace inter-afgane a Doha, smentiscono il coinvolgimento, ma non ci sono dubbi sull’origine degli attacchi. Lo stesso carattere di vere e proprie esecuzioni mirate conferma che non sono opera dell’Isis-Khorasan, la sezione afgana dello Stato islamico. Quest’organizzazione si distingue invece per attacchi più indiscriminati, spesso diretti contro la minoranza sciita degli Hazara, o magari contro l’università. In altre parole: la strategia dei due gruppi appare completamente diversa. I Talebani vogliono indebolire le fasce più laiche e ridurre il ruolo delle donne per mettere le basi di una ricostruzione dell’Emirato. L’Isis-K invece cerca di disputare al gruppo rivale la leadership della jihad e al momento persegue scopi più direttamente terroristici, sfogando allo stesso tempo l’odio anti-sciita.
“I Talebani hanno concentrato i loro sforzi su Kabul perché respinti in aree come l’Helmand”, dice il ministro degli Interni Massoud Andarabi. E anche la Nato punta il dito contro i fondamentalisti guidati dal mullah Akhundzada: secondo fonti dell’Alleanza il fatto stesso che molti attentati siano a Kabul, dove è solido il controllo della rete Haqqani, conferma che dietro i commando armati ci sono i Talebani, il cui numero due oggi è proprio Sirajuddin Haqqani, leader del gruppo più violento.
La capitale, dice il vicepresidente Amrullah Saleh, non è difesa adeguatamente e dunque il numero di poliziotti schierati a Kabul verrà raddoppiato, mentre il controllo dei monti vicini sarà affidato all’Esercito. Negli ultimi dieci mesi gli attacchi sono stati 18.200, secondo il calcolo dei servizi di sicurezza Nds: di essi, dice il generale Zia Saraj, il 99 per cento è lavoro dei Talebani, mentre l’Isis-K è responsabile di appena l’uno per cento.
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