Di freddo e di fame: così si muore nell’Afghanistan dimenticato
Uno scenario drammatico è quello che viene presentato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati in una nota ufficiale sull’attuale situazione dell’Afghanistan
Globalist – 4 dicembre 2021 – Umberto De Giovannangeli
L’inferno afghano. Freddo, carestia. Uno scenario apocalittico. Che mette a rischio la vita di milioni di esseri umani. L’allarme di Unhcr
Uno scenario agghiacciante, è il caso di dirlo, che l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati tratteggia in una nota ufficiale: “Considerato l’aumento di gravi esigenze umanitarie, l’Unhcr, chiede di assicurare un sostegno molto più consistente ai 3,5 milioni di sfollati interni in Afghanistan, comprese le 700.000 persone costrette a fuggire nel 2021.
La carenza di alloggi coibentati e di indumenti pesanti, la disponibilità ridotta di combustibili per il riscaldamento e la quantità inadeguata di cibo e forniture mediche sono solo alcune delle privazioni a cui le persone costrette a fuggire devono far fronte in Afghanistan, in una fase in cui le temperature iniziano a scendere nettamente sotto zero. Dopo più di 40 anni di conflitto, quella in Afghanistan resta una delle situazioni umanitarie più complesse al mondo, con persone in fuga nel Paese a causa di emergenze correlate al clima e catastrofi naturali.
È previsto che le temperature precipitino a -25⁰C e molte famiglie sfollate sono prive di alloggi adeguati, requisito di primaria importanza per sopravvivere al freddo gelido. La crisi umanitaria che affligge l’Afghanistan si aggrava in maniera inarrestabile giorno dopo giorno. La fame ha raggiunto livelli assolutamente senza precedenti: quasi 23 milioni di persone, ovvero il 55 per cento della popolazione, soffre gravemente la carenza di cibo, e, di questi, quasi 9 milioni sono a rischio carestia.
Fornire derrate alimentari per contribuire a evitare che un’elevata percentuale di popolazione soffra di inedia rappresenta un’altra priorità assoluta. Quest’anno, l’Unhcr ha assicurato assistenza a circa 700.000 persone sfollate all’interno del Paese, la maggior parte delle quali da metà agosto. Attualmente l’Agenzia è in grado di assistere quasi 60.000 persone a settimana. È necessario destinare con urgenza ulteriori risorse ai più vulnerabili: madri sole prive di alloggio o cibo da dare ai propri figli, anziani che devono prendersi cura dei nipoti rimasti orfani, e persone che assistono familiari portatori di esigenze particolari.
L’Unhcr sta facendo arrivare forniture di beni di prima necessità via terra attraverso i Paesi confinanti con l’Afghanistan e mediante ponti aerei umanitari. L’arrivo di altri cinque voli con a bordo scorte per l’inverno in arrivo dal polo di stoccaggio di Amman è previsto per la settimana prossima.
L’Unhcr continuerà ad assicurare supporto durante tutta la stagione invernale fino a febbraio 2022 per aiutare le famiglie sfollate a far fronte alle condizioni climatiche estreme. I beni di prima necessità previsti dal piano di risposta includono coperte termiche e indumenti invernali. Contemporaneamente, gli alloggi sono sottoposti a riparazioni per essere rinforzati, anche tramite la distribuzione di teli impermeabili e materiali isolanti.
L’Agenzia sta inoltre erogando aiuti in contanti alle famiglie vulnerabili, affinché possano soddisfare ulteriori esigenze nei mesi più freddi, quali l’acquisto di combustibile per il riscaldamento.
L’Unhcr ha lanciato una raccolta fondi per l’inverno per alleviare la condizione delle famiglie costrette a fuggire nei mesi potenzialmente più letali dell’anno, sia in Afghanistan sia in altri Paesi.
L’Unhcr esprime gratitudine per il sostegno di governi e donatori privati alle attività dell’Agenzia per aiutare e proteggere le famiglie vulnerabili, tra cui una generosa donazione elargita dal partner privato Fast Retailing, che ha contribuito con 1 milione di articoli di abbigliamento e supporto finanziario, fondamentali per le persone in fuga nei mesi invernali.
Le settimane più fredde della stagione sono alle porte ed è necessario assicurare con urgenza maggiore sostegno affinché l’Unhcr possa continuare a fornire aiuti vitali per l’inverno. I finanziamenti richiesti dall’Unhcr per la situazione in Afghanistan nel 2022 – comprese le continue attività di risposta per l’inverno – ammontano a 374,9 milioni di dollari.
La carestia mina la crescita di un Paese e mina anche speranze e illusioni per Babar Baloch, portavoce dell’ Unhcr che spiega come sia previsto “che le temperature scendano a meno 25 gradi e molte famiglie sfollate non dispongono di alloggi adeguati, un requisito fondamentale per sopravvivere al freddo in Afghanistan. La crisi umanitaria si intensifica ogni giorno. La fame nel paese è davvero arrivata livelli esasperanti. Quasi 23 milioni di persone, il 55 per cento della popolazione, sta affrontando una carestia senza precedenti e quasi nove milioni di loro sono a rischio di carestia”. Si fa quel che si trova, si fa di tutto per guadagnare qualcosa, anche lavori poco raccomandabili. Come Ahmad che è consapevole di quel che fa.
“Lavoravo la mattina per guadagnare un po’ di soldi per i miei genitori; prima andavo a scuola metà giornata, l’altra metà mi preparavo per l’esame di ammissione e questo fino a sera, ma ora la situazione è tale che devo fare qualcosa e lavoro nelle colture d’oppio”
L’allarme di Save the Children
In Afghanistan quasi 800.000 bambini stanno affrontando un inverno gelido senza ripari adeguati. 8,6 milioni di bambini vivono in famiglie che non hanno coperte a sufficienza e più di 3 milioni non hanno il riscaldamento per tenersi al caldo. Nel Paese alcuni bambini sono già morti di fame a causa dell’aumento dei prezzi del cibo che le famiglie non possono più permettersi e 5 milioni di bambini sono a un passo dalla carestia. Questo l’allarme per la richiesta di aiuti immediati lanciato da Save the Children- l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro – che sta sostenendo più di 26.000 famiglie in nove delle province più colpite, fornendo coperte, vestiti caldi e mezzi e combustibile per riscaldarsi.
Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite, circa 1,6 milioni di persone vivono in tende di emergenza o rifugi di fortuna – spesso niente di più se non dei fragili teli di plastica sorretti da bastoni – che offrono scarsa protezione da pioggia, neve e temperature sotto lo zero. In inverno le temperature raggiungono i -12,1˚C in alcune province e i bambini che dormono all’aperto senza vestiti invernali adeguati o senza il riscaldamento sono a grave rischio di ipotermia, infezioni respiratorie acute come la polmonite e, nei casi peggiori, di morte. Circa il 25-30% dei decessi di bambini sotto i cinque anni in Afghanistan sono dovuti a infezioni del tratto respiratorio e il 90% di questi è dovuto a polmonite. Secondo Save the Children le morti infantili potrebbero aumentare questo inverno a causa dell’aggravarsi della crisi umanitaria.
In Afghanistan l’inverno è anche la stagione della fame. Si prevede che quest’anno il Paese affronterà la sua peggiore crisi alimentare. Ad ottobre Save the Children ha rilevato che oltre 14 milioni di bambini soffriranno la fame questo inverno e 5 milioni saranno a un passo dalla carestia.
“Il Paese sta affrontando la peggiore crisi alimentare mai registrata e quest’inverno milioni di bambini dormiranno al freddo e affamati. Le notizie scioccanti di bambini che muoiono di fame dovrebbero farci vergognare tutti” annota Thomas Howells, direttore di Save the Children in Afghanistan. “Anche in circostanze normali, il rigido inverno afghano è una lotta disperata alla sopravvivenza per molte famiglie, ma quest’anno lo sarà ancora di più. Migliaia di famiglie vivono in campi per sfollati, dove spesso un telo di plastica è tutto ciò che hanno per proteggersi dalle gelide temperature invernali. I bambini piccoli che dormono all’aperto in tenda senza vestiti caldi, coperte o riscaldamento, non hanno assolutamente alcuna possibilità di sopravvivere in queste condizioni sotto lo zero. È solo questione di tempo prima che siano vittime di ipotermia, polmonite o, nei casi peggiori, di morte”.
Gli aumenti dei prezzi e il collasso dell’economia hanno spinto molte famiglie sul lastrico. Molte non possono permettersi combustibile o legna da ardere per riscaldare le case. I costi del carburante sono aumentati di circa il 40% nell’ultimo anno e la legna sufficiente per una famiglia durante l’inverno costa circa 200 dollari. Molte famiglie sono costrette a bruciare plastica o altri materiali dannosi per riscaldarsi, aumentando così i rischi per la salute dei bambini nei mesi invernali.
“Sono preoccupata per il prossimo inverno; viviamo in una vecchia tenda e non potremo proteggerci dalla pioggia in inverno. Non posso permettermi cibo a sufficienza per sfamare i miei figli e tenerli al caldo. Non so come li proteggerò dal freddo e come sopravviveremo, sono molto preoccupata. Di notte i bambini hanno tanto freddo, ma non abbiamo abbastanza soldi per comprare legna e riscaldare la tenda” racconta Narges* che ha 27 anni e vive con suo marito e i loro sei figli nella provincia di Kandahar.
“L’inverno sarà difficile quest’anno. Abbiamo bisogno di scorte di cibo, vestiti per i bambini e una casa calda, ma per noi è impossibile avere tutto questo. Siamo preoccupati per i nostri figli e la loro salute, mio figlio più piccolo ha meno di un anno” racconta Mirza*, un operaio che vive con la moglie e i sette figli nella provincia di Faryab.Dopo che la loro casa è stata danneggiata nel conflitto e non potevano permettersi una ristrutturazione hanno dovuto lasciarla e ora vivono in una casa in affitto in un’altra città. “Il prezzo del cibo è in aumento e la maggior parte dei giorni non lavoro. Stiamo cercando di resistere, ma è molto difficile. Ho dovuto chiedere in prestito circa 30.000 AFN (330 dollari) dai miei parenti e dai negozianti. Abbiamo bisogno di gas e legna per riscaldarci e cucinare ma il loro costo per tutto l’inverno sarà di quasi 8000 AFN ($88), che non posso permettermi. Se non riuscirò a guadagnare niente, dovrò chiedere altri soldi in prestito per comprare le cose di cui abbiamo bisogno. Dovrò mandare i miei figli più piccoli a cercare carta e legna per strada per riscaldarci”.
“Stiamo facendo tutto il possibile per fornire alle famiglie l’essenziale di cui hanno bisogno per sopravvivere all’inverno: coperte, vestiti caldi e combustibile per riscaldarsi. Ma c’è un disperato bisogno di più aiuti e servono subito, prima che l’inverno diventi ancora più rigido”, continua Thomas Howells. Save the Children sosterrà più di 26.000 famiglie in nove delle province più colpite questo inverno. Le famiglie riceveranno kit con coperte e vestiti invernali per bambini, tra cui cappotti, calzini, scarpe e cappelli.L’Organizzazione fornirà, inoltre, alle famiglie 200 dollari per l’acquisto di una stufa e legna da ardere sufficiente per tre mesi o una stufa a gas e combustibile.
Fuga in Iran
Da quando i talebani hanno conquistato Kabul, il 15 agosto, almeno 300.000 afghani (circa 4.000 al giorno) si sono rifugiati in Iran, secondo il Consiglio Norvege per i Rifugiati (Nrc).
Secondo quanto riferito il 9 novembre, l’organizzazione prevede che ne arriveranno altre centinaia di migliaia, durante l’inverno. Sull’altro lato del confine, si teme per la capacità di Teheran di gestire un tale afflusso. “Non ci si può aspettare che l’Iran ospiti così tanti afghani con così poco sostegno da parte della comunità internazionale”, ha affermato il segretario generale dell’Nrc, Jan Egeland, in una nota. “Ci deve essere un immediato aumento degli aiuti sia verso l’interno dell’Afghanistan sia verso i Paesi vicini, come l’Iran, prima del micidiale freddo invernale”, ha aggiunto.
Iran e Pakistan insieme ospitano circa il 90% dei cinque milioni di afghani che risultano sfollati oggi, anche se non tutti sono considerati rifugiati. Intanto, anche dentro il Paese, la situazione è critica. Le agenzie delle Nazioni Unite affermano che ben 22.8 milioni di persone – più della metà dei 39 milioni di abitanti dell’Afghanistan – stanno affrontando un’insicurezza alimentare acuta. Si tratta di un aumento consistente, rispetto ai 14 milioni registrati appena due mesi fa. Ciononostante, i finanziamenti per lo sviluppo, stanziati dalla comunità internazionale, rimangono congelati, in attesa di un riconoscimento dell’esecutivo talebano, che ha deposto con la forza il precedente governo.
A Kabul, nei campi per gli sfollati interni, nei giorni scorsi sono morti cinque bambini per il freddo e la fame. Le famiglie erano scappate dalle province per sfuggire alle rappresaglie dei talebani prima che questi arrivassero alla capitale. Nei campi non ci sono strutture sanitarie, i bambini che nascono restano vestiti per ore.
Senza i soldi degli aiuti internazionali anche gli ospedali sono al collasso. “Non siamo in grado di pagare gli stipendi e le forniture a causa della situazione economica”, racconta Atiqullah Kariq, direttore dell’ospedale Dasht-e-Barchi a Kabul. “Eravamo abituati a far nascere 70 bambini al giorno, ma ora siamo scesi a meno di 15. Avevamo più di 100 ostetriche, ora ne abbiamo 6. Stiamo facendo del nostro meglio, ma senza un maggiore aiuto internazionale, non possiamo tornare a lavorare come prima”.
Di freddo. Di fame. Così si muore nell’Afghanistan dimenticato.
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