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IL CISDA A LAST20 di REGGIO CALABRIA

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Il CISDA al Last20, per portare la voce “dell’Afghanistan” martoriato, far parlare le forze di opposizione e di resistenza presenti nei last20, unire le specificità delle donne dei diversi paesi nell’universalità dei diritti di cui tutte le donne devono essere titolari

CISDA, 28 luglio 2021

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Si è appena conclusa la prima tappa di Last20, l’iniziativa proposta per dare voce ai 20 paesi più poveri del pianeta, mentre i rappresentanti dei governi dei G20 discutono dei problemi globali come se spettasse loro decidere per tutti. Abbiamo accettato l’invito di portare a Reggio Calabria la voce e il punto di vista “dell’Afghanistan”, proprio ora che il paese è al centro dell’attenzione per la gravissima crisi politica, militare, sanitaria aggravata dagli accordi ufficiali tra USA/Nato e quelli “informali” delle altre potenze in campo con i talebani.

Il punto di vista delle forze democratiche e antifondamentaliste, e in particolare delle donne, non trova spazio nelle analisi degli scenari politici. Per questo un intervento di Rawa, anche solo in videoconferenza, è per noi un imperativo in ogni occasione piccola e grande, e basterebbe da solo a giustificare qualsiasi sforzo organizzativo. Ed è stato di grande soddisfazione toccare con mano che la stessa impostazione – ovvero dare voce non ai “paesi” ma alle forze di opposizione presenti nei last20 – veniva condivisa dagli attivisti coinvolti. Fare emergere con forza l’iniziativa di resistenza e di lotta di chi, in quei paesi, si oppone al dominio delle proprie élite nazionali complici degli Stati che dominano il mondo. Cercare alleanze e costruire ponti con i settori sociali e le organizzazioni della società civile che anche in Italia e tra la popolazione dei G20, vedono erodere i propri diritti, rifiutano le soluzioni illusorie e demagogiche che promettono benessere attraverso il perpetuarsi dello sfruttamento e della marginalizzazione della maggioranza dell’umanità.

Le donne presenti a L20 hanno avuto la sensazione di riconoscersi tutte “last”: con la specificità delle condizioni storicamente determinate dei rispettivi paesi, ogni intervento ha messo in luce le dinamiche trasversali che appartengono al sistema globale contro cui tutte dobbiamo impegnarci. Mettere in discussione l’oppressione di genere destabilizza il sistema: si può tollerare che un élite privilegiata goda di qualche privilegio, ma non l’universalità dei diritti di cui tutte le donne devono essere titolari. Così la domanda che qualcuna si era posta – parlare delle donne nei paesi di provenienza o in quelli di accoglienza delle migrazioni – è stata completamente superata dal ritrovarsi ovunque chiamate ad assumere un ruolo attivo e solidale.

PANEL SULLE DONNE: IL SIGNIFICATO DELLA NOSTRA PRESENZA

E’ stato un panel molto seguito e partecipato, ricco di contenuti. Ha favorito i rapporti interpersonali tra le donne partecipanti al forum, già dalla fase di confronto su come dar voce a tutte.

L’apertura è stata affidata a Lida, rappresentante di Rawa in collegamento internet, dando la possibilità alle ragazze afghane di seguire in lingua madre mentre gli altri partecipanti hanno fruito della traduzione consecutiva.

Il suo intervento ha dato l’opportunità alle donne degli altri paesi di portare il punto di vista femminile sulle problematiche in esame, riconoscendo i meccanismi che opprimono tutte noi. La denuncia di personalità femminili citate criticamente nel discorso di Lida, le prospettive di resistenza all’interno del paese, il desiderio di impegnarsi facendo il possibile anche dall’estero, hanno stimolato successivi confronti interpersonali.

Il filo che ci unisce

Si sono susseguiti interventi sulle situazioni specifiche dei diversi paesi, ed è emerso con grande evidenza come ovunque funzioni un unico sistema: enormi ricchezze locali a cui la maggioranza della popolazione non ha accesso, lotta delle superpotenze per il controllo di quelle risorse, ricorso a guerre locali per destabilizzare gli equilibri quando non pienamente subordinati ai paesi dominanti, imposizione di governi fantoccio attraverso strumenti economici e militari.

In questo sistema di oppressione la negazione dei diritti delle donne, oltre che di minoranze etniche o religiose, risulta un pilastro irrinunciabile. Anche per questo è strategico rafforzare la resistenza delle donne, che è viva e organizzata in diverse forme, come le compagne presenti hanno testimoniato.

L’attacco ai diritti delle donne è la prima spia di involuzione in senso antidemocratico anche in Occidente.

L’essere riuscite a tenere un filo comune che collegasse aree geopolitiche apparentemente distanti, nord e sud del mondo è quello che diversi partecipanti hanno riconosciuto come valore caratterizzante il panel: ai contributi articolati  di giovani intellettuali africane, si sono affiancati gli interventi coraggiosi di chi si è esposta per la prima volta a parlare in pubblico.

Siamo infatti particolarmente orgogliose che siano state proprio le nostre giovani compagne afghane, rifugiate o migranti, il gruppo più numeroso a tenere viva l‘attenzione sul proprio paese comunicando in ogni modo attraverso oggetti, immagini, cibo e parole.

LA PORTATA DEL FILM “I AM THE REVOLUTION”

Per riuscire a proiettarlo, tra slittamenti e accavallamenti di iniziative, abbiamo fatto ritardare la cena per tutti e, malgrado la stanchezza di una giornata fittissima, il pubblico è arrivato numeroso. Sono state molto apprezzate in particolare la testimonianza di Selay e i suoi incontri con donne di base impegnate nel partito Hambastagi, una realtà che tutti hanno trovato sorprendente.

 

LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO “SOTTO UN CIELO DI STOFFA”

Per compensare il protrarsi di altri dibattiti, la presentazione è stata riprogrammata in apertura di una plenaria, favorendo un’ampia partecipazione. Abbiamo concentrato in pochi minuti la lettura di un brano e un’introduzione, con l’obiettivo di attrarre pubblico al panel delle donne che stava per aprirsi con l’intervento di Rawa, a cui hanno partecipato numerose donne e anche alcuni uomini. E’ stata venduta qualche copia del libro, nuovi contatti hanno chiesto di poter intervistare l’autrice nei prossimi mesi e si è ipotizzato di organizzare presentazioni locali.

 

LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI CARLA DAZZI

L’area mostre è risultata un po’ appartata rispetto alle zone dibattiti, penalizzando tutte le mostre presenti.

Chi è andato a vederle lo ha fatto in autonomia. Abbiamo quindi trasportato qualche pannello in zone più frequentate a seguito di nostri interventi per invitare a visitare lo stand.

L’apprezzamento più significativo ci è arrivato da una ragazza afghana da poco in Italia, ma da diversi anni costretta a spostarsi da un continente all’altro: si è commossa perché si è sentita di nuovo a casa, nel suo paesaggio, tra la sua gente, grazie all’impatto di immagini e memorie che non sapeva di avere ancora dentro.

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