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Intervista a Rawa

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Lavorare in Afghanistan al fianco delle donne e dei bambini in difficoltà: parlano le attiviste di Rawa

Enrico Campofreda, Confronti, 1 settembre 2021

resize Women in burqa with their children in Herat Afghanistan

Pur tra gli ostacoli di collegamento di questi giorni, che vedono diverse militanti del movimento Revolutionary Association Women of Afghanistan e del partito Hambastagi costrette a una sorta di coprifuoco autotutelante, poiché alcune di loro sono ben conosciute dai fondamentalisti taliban e non solo, siamo riusciti a rivolgere loro tre domande. Ci hanno aiutato le attiviste dell’onlus italiana Cisda, che da anni stabilisce con queste afghane e con locali Ong un rapporto di sostegno a progetti sociali. Rispondendo da un numero secretato, una militante conferma come l’organizzazione stia preservando le compagne da possibili arresti e gli strumenti di lavoro (pc, schede elettroniche, cellulari) da sequestri attuati dai talebani. E si prospetta la lotta clandestina…

L’Emirato Islamico del 2021 può differenziarsi da quello del 1996?

Gli afghani hanno conosciuto i taliban che hanno governato il Paese e hanno impresso i terribili ricordi di quei giorni orribili. Allora la situazione delle donne era la peggiore: le ragazze non potevano andare a scuola o all’università, non potevano lavorare né uscire di casa senza il padre, il marito, un familiare maschio. Veniva imposto loro come vestire, se indossare il burqa o l’hijab. La voce alta e la risata erano vietate. Visto che la matrice talebana è la stessa – con medesime regole e natura – la situazione non sarà migliore, specialmente per donne e bambini. I coranici cercano di mostrare un volto differente agli occhi e sotto la pressione della comunità internazionale. Fingono una trasformazione. Dicono di essere cambiati per venire riconosciuti dai governi stranieri.

È probabile che le prime settimane possano apparire poco traumatiche, sappiamo che è una finzione: cercheranno di controllare tutti gli aspetti della vita quotidiana di uomini, donne, bambini. In alcune province, a eccezione di Kabul, gli studenti coranici già non permettono alle donne di recarsi al lavoro e annunciano regole disumane. Non si può uscire senza il mahram (un membro della famiglia, nda), nelle scuole e università le classi di ragazzi e ragazze devono essere separate, le docenti che insegnavano nelle scuole maschili non possono più farlo, stessa cosa per gli insegnanti-uomini negli istituti femminili.

Donne e giovinette devono indossare hijab e burqa. Alle studentesse universitarie sono riservate solo alcune facoltà: medicina, infermieristica, letteratura. Non possiamo dimenticare gli attacchi suicidi e le bombe degli ultimi tempi, le stragi all’Università di Kabul, nei centri religiosi, nelle scuole, i rapimenti, la decapitazione di cittadini. Non è cambiato nulla.

Analisti e politici occidentali battono sul tema dei diritti civili e della condizione femminile compromessi, i vent’anni di Repubblica Islamica guidata da Karzai e Ghani li garantivano?

In un Paese con decenni di guerra sulle spalle le donne e i bambini sono la parte di popolazione più fragile. In una nazione dove non ti è permesso di andare a scuola perché sei una ragazza, dove a dieci anni vieni data in sposa a un uomo di cinquanta, dove ti uccidono perché hai cercato di alzare la voce contro i fondamentalisti, in un Paese che è il peggior posto dove nascere donna, come può essere la nostra vita? Nel corso della storia, le afghane hanno sempre pagato il prezzo più alto. Per vent’anni i talebani sono esistiti in ogni angolo del nostro territorio, specialmente nelle aree rurali e nei villaggi in cui veniva applicata la loro legge. Nella stessa capitale la situazione non risultava migliore: Farkhunda è stata uccisa e bruciata a pochi chilometri dal palazzo presidenziale, la piccola Mahsa è stata rapita e uccisa. Per conoscere il quadro delle donne afghane non dovremmo guardare solo talune che siedono in Parlamento o risultano operative per quelle Ong che hanno l’appoggio degli Stati Uniti. Il governo fantoccio di Ghani ha insediato molte donne al potere e sui seggi parlamentari per mostrare una presunta libertà femminile. Si trattava d’una pantomima per propagandare le sporche politiche occidentali in Afghanistan. Anche all’inizio del 2021, prima che i talebani entrassero a Kabul, più di venti donne – giornaliste, poliziotte, militari, magistrate, operatrici sanitarie – sono state vittime di omicidi mirati, per lo più da parte di fondamentalisti brutali e misogini.

 

L’organizzazione Rawa, sopravvissuta a tanti regimi, proseguirà il suo percorso?

Assolutamente sì, lo farà tornando a operare in completa clandestinità. Proprio questo è il momento in cui dobbiamo stare una al fianco dell’altra e lavorare per le donne e i bambini in difficoltà.

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