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Kabul, sabato rosso sangue

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L’ennesimo attentato – diviso su tre esplosioni: un’autobomba e due ordigni improvvisati – si è sviluppato nel pomeriggio, quando le studentesse d’una scuola del quartiere abitato dalla comunità hazara stavano uscendo dopo la fine delle lezioni

Enrico Campofreda, dal blog, 8 maggio 2021

campo

Ancora donne e ragazze. Ancora Dasht-e Barchi, l’area sciita di Kabul. Ancora morte, ancora sangue. Sangue senza pietà che lascia a terra un centinaio di persone, quaranta vittime e circa sessanta di feriti. Tanti ne arrivano all’ospedale di Emergency, dove i letti quasi non bastano.  L’ennesimo attentato – diviso su tre esplosioni: un’autobomba e due ordigni improvvisati – si è sviluppato nel pomeriggio, quando le studentesse d’una scuola del quartiere abitato dalla comunità hazara stavano uscendo dopo la fine delle lezioni. La zona è stata più volte deturpata da attacchi, un anno fa con l’agguato senza cuore a un ospedale pediatrico di Médecins Sans Frontières nel corso del quale vennero assassinati addirittura neonati. Quello fu un crimine dell’Isil afghano, questo di oggi non è stato rivendicato, ma c’è chi giura che la matrice sia la stessa. I talebani, prim’ancora di ricevere accuse di responsabilità, che l’attuale governo volentieri rivolge loro, si sono dichiarati estranei e hanno condannato l’azione. Il presidente Ghani non ha perso l’occasione per accusarli pur non potendo esibire prove da parte degli uomini dell’Intelligence, solitamente in ritardo su tutto. Ha dichiarato: “I talebani con l’escalation della loro illegittima guerra, si mostrano ancora una volta non solo riluttanti a risolvere i problemi, ma complicano la situazione”. Parole di chi non sa cosa dire e fare, di chi si sente abbandonato dagli stessi mallevadori d’un tempo che hanno organizzato il ritiro militare entro l’11 settembre. Di fatto il rientro delle truppe Nato pone in seria difficoltà l’esercito afghano che, nonostante il decennio di cura, preparazione, finanziamenti e ogni tipo di sostegno ricevuto dall’Occidente non è in grado di garantire la sicurezza al territorio e alle Istituzioni. Intanto la fase di transizione è incertissima, i talebani dovrebbero far parte d’un esecutivo provvisorio su cui è contrario una parte dell’attuale establishment che però non ha né forza bellica, né presa sulla popolazione. Quest’ultima continua a essere bersaglio di contendenti spesso anonimi, come gli attentatori dell’Isil. L’agenzia Onu dell’Unama ha riferito che nei primi tre mesi di quest’anno le vittime civili hanno superato la quota di quelle registrate nel 2019.

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