L’Afganistan strozzato dalla crisi economica “dimentica” i diritti umani
L’autore dell’articolo un giornalista pakistano afferma di aver partecipato ad una serie di importanti incontri tra rappresentanti più anziani dei talebani di medio ed alto livello, da quanto scritto nell’articolo in questi incontri i talebani cercano di presentarsi diversi per poter avere gli aiuti necessari per fronteggiare la grave crisi economica la questione femminile rimane l’ultimo dei loro problemi e comunque nei loro progetti le donne forse svolgere alcune attività in sistemi di segregazione.
InsieOver – 23 ottobre 2021 – di Arshad Yusufzai
Girovagando per le strade abbandonate e deserte di Kabul, appena due giorni dopo la presa della capitale afghana da parte dei talebani, l’unica cosa che era chiaramente visibile era l’incertezza.
La popolazione non aveva alcuna idea del futuro del paese, né tantomeno della propria sicurezza personale, alimentare e finanziaria. Proprio come in ogni altro paese sottosviluppato, anche in Afghanistan l’incertezza per la popolazione con un reddito basso ed un’istruzione scarsa o del tutto assente riguarda principalmente la sicurezza alimentare.
L’ombra della crisi finanziaria
Ogni mattina quelle persone escono di casa con l’obiettivo di guadagnare a sufficienza per riuscire a nutrire le proprie famiglie, che spesso sono composte da oltre una mezza dozzina di figli per coppia. Lo stress di dover riuscire a portare a casa il pane ogni giorno oscura la necessità di avere diritti umani di base, quali la libertà di espressione in ogni sua forma, e ovviamente la vita. Tuttavia, in quei primi giorni, l’unica questione tra le file dei talebani che fosse degna di attenzione era quella di stabilire un controllo sulla nazione che si erano presi circa 40 ore prima. Trovandosi per la prima volta alla guida di un paese devastato dalla guerra, i talebani non erano ancora in controllo della famigerata provincia di Panjshir, e c’era sempre un rischio di attacchi da parte di gruppi rivali tra cui l’ISKP, che si trova principalmente nelle province di Nangrahar e Kunar, nell’Afghanistan orientale lungo il confine col Pakistan.
Nel corso delle tre settimane successive, il sottoscritto ha presenziato ad una serie di importanti incontri tra rappresentanti più anziani dei talebani di medio ed alto livello. In tali occasioni l’incertezza riguardava piuttosto l’instabilità finanziaria in rapida crescita all’interno del paese. Vedendola come una questione prioritaria, i talebani si dedicavano esclusivamente ad assicurare fondi per pagare gli stipendi ai funzionari statali, che non venivano pagati ormai da diversi mesi, ed ovviamente a governare il paese. Temi quali diritti umani, istruzione femminile e libertà di espressione venivano citati durante le conversazioni soltanto nel momento in cui venivano poste delle specifiche domande al riguardo; mentre il paese stava precipitando repentinamente in una crisi finanziaria, tali questioni sembravano non essere altrettanto importanti.
La questione femminile
Guardando il lato positivo ci sono stati però alcuni passi in avanti: è scomparsa la maggior parte dei checkpoint dalle strade, è aumentato il traffico di veicoli e di persone, e le donne hanno ricominciato a frequentare i mercati; la cosa più bella è stata soprattutto vedere i bambini (e le bambine) tornare finalmente a scuola. Durante un incontro con il vice ministro talebano per l’Informazione e la Cultura, Zabihullah Mujahid, gli posi una domanda sulla ripresa dell’istruzione femminile. Come risposta il vice ministro ripetè la promesse talebana di offrire alle ragazze pari opportunità di formazione, illustrando inoltre le tre fasi del piano didattico che i talebani intendono implementare in tutto il paese.
“Stiamo già consentendo ai ragazzi e alle ragazze delle elementari di andare a scuola. Tra questi sono inclusi i bambini fino alla quinta. Gli studenti delle classi 6-12 torneranno a scuola durante la seconda fase; mentre le classi più avanzate, tra cui l’università, ammetteranno solo studenti maschi fino a quando non avremo un sistema separato per le ragazze che includa un corpo docenti, aule didattiche, aule comuni e mezzi di trasporto”, ha spiegato Mujahid.
Zabihullah Mujahid ha poi ribadito la posizione dei talebani di permettere alle donne di lavorare in vari settori. “In alcune professioni, come ad esempio quelle medico-sanitarie, le donne hanno un ruolo molto importante da svolgere. Non possiamo dimenticare i sacrifici di madri, sorelle e mogli che hanno perso i propri cari durante questa lunga guerra. L’Islam riconosce pari diritti a uomini e donne, e noi non priveremo metà della popolazione dei propri diritti garantiti dall’Islam. Tuttavia, per far sì che ciò accada servirà del tempo, poiché prima abbiamo altre questioni più urgenti da risolvere” ha aggiunto il vice ministro.
La stessa narrativa è stata ripresa ovunque, anche durante un’incontro di alto livello tenutosi il 5 settembre con il Mullah Abdul Ghani Baradar, il quale ha evidenziato nello specifico i limiti finanziari come una delle principali cause del ritardo nelle ammissioni di ragazze all’università. Sarebbe lo stesso motivo per cui anche il rientro femminile al lavoro sta subendo dei ritardi, con i talebani che parlano di una mancanza di fondi per fornire strutture lavorative separate e segregate per le donne.
Il pese dell’evacuazione Usa
In un’altra sessione il giorno seguente, Haji Ibrahim Haqqani (zio del capo dell’Haqqani Network, Sirajuddin Haqqani) ha fatto riferimento allo scarso numero di docenti come altra importante ragione di fondo, sostenendo come l’evacuazione americana dall’Afghanistan sia stata di fatto anche una fuga di cervelli; fino al 31 agosto infatti, anche migliaia di abili professionisti (tra cui dottori, ingegneri, banchieri ed insegnanti) hanno evacuato il paese insieme agli altri civili. “Lo stato attuale sarà chiaro una volta che avremo ripristinato tutti i sistemi per la gestione del paese. Tra le altre cose saremo anche a corto di insegnanti e docenti, specialmente donne” commenta Ibrahim Haqqani. Ibrahim ha argomentato, inoltre, che fosse troppo presto perché i talebani mantenessero le loro promesse sui diritti umani e l’emancipazione femminile poiché erano saliti al potere soltanto da tre settimane, soddisfacendo sì alcune aspettative della comunità internazionale ma non tutte, e che solo per l’istruzione femminile servissero almeno dai 3 ai 6 mesi.
I talebani vogliono sistemi educativi e lavorativi segregati per le femmine, all’interno dei quali quest’ultime dovranno studiare e lavorare separatamente dai maschi. Un’altra idea è quella di fornire alle donne sistemi di trasporto separati. Nella proposta dei talebani per il sistema educativo, le docenti insegneranno soltanto a studentesse, e in caso nessuna insegnante fosse disponibile (specialmente nelle classi più avanzate) se ne occuperanno docenti uomini, probabilmente facendo lezione dietro ad un velo o ad un telo. Nonostante i talebani più anziani abbiano ripetutamente impartito chiare istruzioni ai propri soldati affinché si comportino in maniera decente con chiunque, in particolare con le donne, vi è stato comunque un numero di incidenti durante le proteste femminili tenutesi recentemente a Kabul, dove alcuni talebani sono stati visti colpire delle donne con tubi di gomma e puntare armi da fuoco verso di loro.
La nuova visione talebana
Probabilmente alcuni talebani, specialmente quelli che hanno ricevuto un’istruzione più avanzata in Pakistan, Emirati Arabi, Qatar e Turchia, hanno una posizione più moderata in merito a diverse tematiche che dalla prima generazione di talebani erano viste invece come del tutto inaccettabili. Allo stesso modo, in molti ritengono che i talebani che una volta lavoravano nella sede politica di Doha abbiano mitigato la propria posizione su vari temi grazie ad un contatto prolungato con il mondo moderno. Anche se fosse davvero così, i talebani “di ampie vedute” rimangono un numero decisamente esiguo rispetto ad una maggioranza che vuole ancora seguire l’interpretazione più radicale della legge islamica della Shari’a.
Un’altra sfida che si sta avvicinando rapidamente riguarda la rigida stagione invernale in Afghanistan, durante la quale i settori agricolo ed industriale del paese rasentano i livelli minimi di produttività, forzando la popolazione a ricorrere a tutti i propri risparmi per sopravvivere a questi lunghi inverni. Tutto questo rende ancora più urgente un tempestivo supporto finanziario da parte degli Stati più abbienti; tuttavia, collegare attività di assistenza umanitaria all’ottemperanza dei diritti umani o dell’istruzione femminile potrebbe risultare deleterio per i circa 39 milioni di afghani.
Nonostante le diverse rassicurazioni verbali da parte dei talebani alla comunità internazionale in merito ai diritti umani, all’occupazione e all’istruzione femminile, pare che il mondo dovrà aspettare ancora qualche mese, un anno o anche due prima di vedere un netto cambio di rotta a favore dei diritti umani fondamentali della popolazione in Afghanistan. Per ora il problema più grande che devono affrontare i nuovi leader afghani e anche la popolazione locale è lo sgretolamento delle risorse finanziare del paese. I talebani, insieme a molti afghani, attribuiscono la responsabilità della propria miseria alle potenze che hanno invaso il paese 20 anni fa, e se il mondo non prestasse aiuto all’Afghanistan nemmeno oggi sarebbe un motivo più che valido per accusarlo di nuovo.
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