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L’Iran supporta l’inclusione dei talebani nel governo afghano.

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Si rinsaldano i legami tra Iran e talebani in vista dei negoziati di “pace” che la nuova amministrazione statunitense vuole rimettere in discussione  prima del  ritiro delle  truppe USA dall’Afghanistan che in base agli accordi con l’amministrazione Tramp dovrebbe avvenire entro maggio 2021. [N.d.R.]  

Sicurezza Internazionale – 27 gennaio 2021, di Maria Grazia Rutigliano ambasciatore Iran

L’ambasciatore iraniano in Afghanistan, Bahadur Aminian, ha dichiarato che l’Iran supporta l’inclusione dei talebani in un nuovo governo afghano e ha chiesto che il processo di pace non venga monopolizzato da “alcuni Paesi”. 

Tali dichiarazioni sono state rilasciate durante un’intervista all’emittente afghana Tolo News, andata in onda il 26 gennaio, durante la quale il diplomatico iraniano ha affermato che i talebani sono “una realtà” in Afghanistan. “I talebani fanno parte della realtà in Afghanistan che deve essere fusa nelle attuali strutture del Paese”, ha dichiarato Aminian. In tale contesto, il rappresentante iraniano ha criticato il fatto che il processo di pace sia monopolizzato da “alcuni Paesi”, sottolineando la necessità che questa situazione cambi.

 

“Penso che le condizioni che vediamo oggi a Doha non siano quelle giuste per contribuire a garantire l’interesse del popolo afghano”, ha aggiunto l’inviato iraniano a Kabul. “Se siamo in rivalità o c’è un rapporto di inimicizia con qualsiasi altro Paese, questo non ha che fare con l’Afghanistan, poiché si tratta di uno scenario diverso. Se abbiamo delle problematiche con gli Stati Uniti, non dobbiamo affrontare i problemi con gli Stati Uniti in Afghanistan”, ha sottolineato Aminian. In ogni caso, l’Iran ha invitato i talebani a ridurre la violenza e ad accelerare il processo di pace. 

A tale proposito, è necessario sottolineare che l’Iran è stato uno dei principali critici della politica estera di Washington nei confronti del processo di pace afghano. Teheran ha affermato più volte che non ci sarà soluzione al conflitto in Afghanistan se gli Stati Uniti non cambieranno atteggiamento. Tuttavia, tale contrasto era anche il risultato di continuo aumento della tensione tra USA e Repubblica Islamica dell’Iran. I rapporti sono andati deteriorandosi a partire dall’8 maggio 2018, data del ritiro unilaterale ordinato da Donald Trump dall’accordo sul nucleare del 2015, che aveva portato alla reintroduzione di pesanti sanzioni ai danni di Teheran e della popolazione iraniana. La tensione è arrivata vicino ad un’escalation militare il 3 gennaio 2020, quando la Casa Bianca ha ordinato l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani. 

Intanto, le parole dell’ambasciatore iraniano in Afghanistan arrivano mentre il mullah Abdul Ghani Baradar, vice leader dei talebani, si è recato in visita in Iran con una delegazione, per discutere del processo di pace afghano, il 26 gennaio. A tale proposito, il Ministero degli Affari Esteri Afghano (MoFA) ha affermato che il viaggio di Baradar a Teheran è stato condotto in coordinamento con il governo di Kabul. Riguardo a tale visita, un ex comandante talebano, Sayed Akbar Agha, ha affermato: “Il viaggio di oggi in Iran significa che il ruolo di Teheran in Afghanistan è stato un ruolo positivo, non negativo”. Tuttavia, alcuni analisti internazionali ritengono che la mossa dei talebani sia tattica e sia finalizzata ad ottenere appoggio internazionale in caso di collasso del governo afghano e presa del potere da parte dei militanti. 

Un piano del genere poteva risultare attuabile, alla luce della promessa di ritiro delle truppe statunitensi dal Paese entro maggio 2021, assicurata dell’accordo con la scorsa amministrazione degli USA. Il presidente uscente, Donald Trump, aveva fortemente sostenuto l’intesa con i talebani firmata a Doha il 29 febbraio 2020, poiché questa gli avrebbe permesso di ritirare le truppe dall’Afghanistan e mettere fine alla più lunga missione statunitense all’estero, come aveva promesso in campagne elettorale e durante il suo mandato. Tuttavia, i talebani sono stati più volte accusati di non aver rispettato i termini dell’accordo, le violenze e gli scontri nel Paese sono aumentati fino a diventare quotidiani e gli esperti temono che un ritiro eccessivo di truppe statunitensi possa far tornare l’Afghanistan nelle mani dei talebani, fornendo nuovamente “un paradiso sicuro” ad alcuni gruppi terroristici islamisti. 

Tuttavia, la situazione potrebbe essere diversa al momento. Il 20 gennaio, il segretario di Stato del presidente Biden, Antony Blinken, ha dichiarato che la nuova amministrazione degli Stati Uniti ha intenzione di “esaminare” l’accordo di pace con i talebani, prima di esprimersi sulla situazione in Afghanistan. Proprio sulla base di tale intesa i rappresentanti dei talebani hanno avviato i colloqui preliminari ai negoziati di pace con i delegati della Repubblica Islamica dell’Afghanistan, il 12 settembre 2020. I progressi, tuttavia, sono stati lenti e al momento colloqui sono in stallo, anche perché le parti attendono di sapere quale sarà la posizione del nuovo presidente degli USA, Joe Biden, sulla situazione in Afghanistan.

 

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