Skip to main content

Afghanistan: talebani sotto tiro di ISIS-K e resistenza

|

Le tensioni interne al movimento talebano, con la leadership al governo spaccata e incapace di controllare la base; l’attivismo della resistenza, che, se pure divisa in tanti rivoli, riesce a impegnare i talebani in un raffazzonato tentativo di offensiva; la ripresa dell’attività terroristica dell’ISIS-K all’interno e all’estero dell’Afghanistan. Tutte queste criticità insieme, «presentano rischi significativi di un nuovo conflitto in Afghanistan e nella regione»

Gabriella Peretto, L’Intro, 6 giugno 2022

Afghanistan talebani ISIS KA poco più di nove mesi dalla presa dell’Afghanistan, i talebani, che mantengono stretti legami con al-Qaeda, stanno cercando di consolidare un governo malfermo e sono costretti a guardarsi le spalle, insidiati da una parte dallo Stato Islamico Khorasan (ISIS-K) (o Stato Islamico-Provincia del Khorasan -IS-KP) e dall’altra da una resistenza che, per quanto improbabile (al momento), si sta moltiplicando in svariati gruppi e li sta tenendo occupati su diversi fronti.

Questo, in sintesi, è quanto emerge dall’ultimo rapporto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite da parte del gruppo esperti di monitoraggio delle sanzioni contro i talebani.

Gli esperti sostengo che con l’inizio della stagione estiva i combattimenti potrebbero intensificarsi, sia lo Stato islamico che le forze di resistenza intraprenderanno operazioni contro le forze talebane. Ma né l’IS-K, né al-Qaeda «si ritiene che siano in grado di organizzare attacchi internazionali prima del 2023, indipendentemente dalle loro intenzioni o dal fatto che i talebani agiscano per fermali», scrive il gruppo di esperti. Tuttavia, la presenza di IS-K, al-Qaeda e «molti altri gruppi terroristici e combattenti sul suolo afghano» sta preoccupando i Paesi vicini, in alcuni dei quali vi sono già stati attacchi da parte di IS-K.

Per quanto riguarda lo stato del governo, la situazione è confusa e precaria. In questi nove mesi i talebani non sono riusciti a strutturare un esecutivo stabile e in grado di operare. I talebani «hanno privilegiato la lealtà e l’anzianità rispetto alla competenza, e il loro processo decisionale è stato opaco e incoerente», si legge nel rapporto.
All’interno del governo talebano, sono stati nominati 41 uomini inclusi nella lista nera delle sanzioni delle Nazioni Unite in posizioni di alto livello. Altresì, all’interno del governo appare favorito il gruppo etnico pashtun -il gruppo etnico dominante del Paese- alienando i gruppi minoritari, in particolare tagiki e uzbeki. Questa è una delle cause per cui «da quando hanno preso il potere, ci sono stati molti fattori che hanno creato tensioni all’interno del movimento, portando alla percezione che il governo dei talebani sia stato caotico, disarticolato e incline a invertire le politiche e tornare sulle promesse».
La preoccupazione principale dei leader talebani, proseguono gli esperti, è stata quella di consolidare il controllo «mentre cercavano il riconoscimento internazionale, di impegnarsi nuovamente con il sistema finanziario internazionale e di ricevere aiuti per far fronte alla crescente crisi economica e umanitaria in Afghanistan».

Il rapporto entra nei dettagli delle dinamiche che stanno logorando i vertici talebani e il movimento stesso, incapace, fino ad oggi, di passare dall’essere un movimento d’insurrezione a un movimento di governo. I leader che hanno impostato la linea di governo, sono stati divisi tra pragmatici e intransigenti. Questi ultimi hanno preso il sopravvento e vogliono riportare l’orologio indietro a fine anni ’90 del secolo scorso, quando, dal 1996 al 2001, hanno guidato il loro primo governo, fino ad essere estromessi delle forze statunitensi in seguito agli attacchi dell’11 settembre agli Stati Uniti. Ad oggi, i loro sforzi per ottenere il riconoscimento e l’aiuto delle Nazioni occidentali sono falliti, non avendo rispettato nessuno dei punti sui quali si erano impegnati subito dopo il 15 agosto, quando avevano promesso un governo largamente rappresentativo di tutte le forze ed etnie del Paese, rispetto per i diritti delle donne, a partire dall’accesso all’istruzione.
Gli esperti affermano che la rete Haqqani, il gruppo militante islamista entrato nel movimento talebano, fin dall’agosto scorso ha ottenuto il controllo di portafogli e ministeri chiave tra cui interni, intelligence, passaporti e migrazione. Ora «controlla in gran parte la sicurezza in Afghanistan, inclusa la sicurezza della capitale, Kabul». «La rete Haqqani è ancora considerata come quella che ha i legami più stretti con al-Qaeda», e attraverso Haqqani, il rapporto tra i talebani e al-Qaeda rimane stretto. Gli esperti hanno segnalato la presenza della leadership centrale‘ di al-Qaeda nell’Afghanistan orientale, compreso il suo leader Ayman al-Zawahri. La presa di distanza tra talebani e al-Qaeda era uno dei punti che fin da agosto era emerso come problematico e richiesta fondamentale da parte della comunità internazionale di una netta presa di distanza per l’inizio di un processo di riconoscimento del governo talebano.

«Il dilemma centrale è come un movimento con un’ideologia inflessibile può impegnarsi con una società che si è evoluta negli ultimi 20 anni», hanno affermato gli esperti ONU. «Ulteriori sollecitazioni ruotano attorno al potere, alle risorse e alle divisioni regionali ed etniche».
«Il governo talebano si è fuso attorno ai suoi veri centri di gravità -la leadership del Kandahari meridionale, la famigerata rete Haqqani orientale e l’emergente apparato di intelligence guidato da Ghazni- lasciando poco spazio ad altri gruppi etnici e minoritari», afferma il team di Afghan Peace Watch (APW), e dell’Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), che ha monitorato le tendenze violente sulla base di centinaia di rapporti di incidenti registrati tra settembre 2021 e marzo 2022, producendo il rapporto ‘Tracking Disorder During Taleban Rule in Afghanistan‘.
I «talebani non riescono a placare i loro ranghi, o a mantenere un governo di base». «La riduzione della violenza visibile nei dati tra settembre e dicembre dello scorso anno, interpretata da alcuni come una prova implicita del sostegno locale ai talebani, potrebbe essere di breve durata».

Nonostante questi gravi problemi, gli esperti ONU affermano che i talebani «sembrano fiduciosi nella loro capacità di controllare il Paese e ‘aspettano’ che la comunità internazionale ottenga un eventuale riconoscimento del loro governo». «Valutano che, anche se non fanno concessioni significative, la comunità internazionale alla fine li riconoscerà come il governo dell’Afghanistan, soprattutto in assenza di un governo in esilio o di una significativa resistenza interna».
Finora, nessun Paese ha riconosciuto ufficialmente i talebani, e cresce l’irritazione della comunità internazionale per il trattamento riservato alle donne e perchè i talebani non hanno rispettato la promessa di formare un governo inclusivo e di non consentire ai gruppi terroristici di operare in Afghanistan.

A preoccupare la comunità internazionale è il terrorismo, e, tra tutti i gruppi, in particolare lo Stato Islamico-Provincia del Khorasan (IS-KP) o Stato islamico Khorasan (ISIS-K), che si è dimostrato molto attivo, sia all’interno dell’Afghanistan, sia nei Paesi vicini.
Per fronteggiare il gruppo, secondo il rapporto consegnato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che cita come fonte un Paese non identificato, i talebani hanno creato tre battaglioni di forze speciali chiamate ‘unità rosse‘. A gennaio i talebani avevano annunciato la formazione un battaglione di attentatori suicidi come parte dell’esercito nazionale dell’Afghanistan, ‘brigate del martirio’, sotto il controllo del Ministero della Difesa e utilizzate per operazioni speciali.
ISIS-K è da sempre il grande nemico dei talebani , fin da agosto è apparso sulla scena del nuovo Afghanistan del governo talebano. ISIS-K, riferiscono alcune fonti, è stato responsabile di quasi 100 attacchi contro civili in Afghanistan e Pakistan, nonché di 250 scontri con le forze di sicurezza statunitensi, afgane e pakistane da gennaio 2017.
Già in aprile appariva evidente come il regime talebano sarebbe stato costretto affrontare una minaccia crescente da parte dell’ISIS-K. Il gruppo, si avvisava, potrebbe riuscire a fare ulteriori incursioni all’interno dell’Afghanistan e ha il potenziale per emergere come una forza che potrebbe destabilizzare non solo l’Afghanistan, ma anche i Paesi che lo circondano. Questa minaccia si è rivelata corretta. «»
Una dettagliata analisi dell’Institute for the Study of War (ISW), del 1° giugno, afferma che ISIS-K sta estendendo gli attacchi oltre l’Afghanistan e sostiene che «l’obiettivo generale dello Stato islamico della provincia del Khorasan resta quello di minare e, infine, sostituire il governo talebano. I recenti attacchi del gruppo fanno parte del suo sforzo per delegittimare i talebani in patria e ostacolare i suoi sforzi per normalizzare il governo a livello internazionale».
Gli attacchi ai Paesi confinanti con l’Afghanistan, prosegue l’analisi di ISW a firma del ricercatore Peter Mills, «segnalano ai jihadisti internazionali che l’ISIS-K è sia disposto che in grado di attaccare a livello internazionale. IS-KP sta anche tentando di attrarre jihadisti locali uzbeki e tagiki segnalando loro che sosterrà i loro sforzi contro i governi uzbeko e tagiko».

ISIS-K prende sempre più di mira gli Stati vicini come parte della sua campagna per indebolire e rovesciare il governo talebano. «Il gruppo ha compiuto attacchi in Tagikistan, Uzbekistan e Pakistan negli ultimi mesi, alcuni dei quali facevano parte di una campagna globale di attacchi dello Stato Islamico chiamata ‘La vendetta dei due sceicchi’. Gli attacchi in Tagikistan e Uzbekistan dimostrano un aumento della volontà dell’IS-KP di colpire i vicini dell’Afghanistan. La crescente forza dell’IS-KP nel nord dell’Afghanistan rappresenta una minaccia crescente per i Paesi vicini. Il governo talebano continua a minimizzare la minaccia IS-KP e i suoi recenti dispiegamenti militari indicano che sta invece dando la priorità alla minaccia dei gruppi di opposizione ‘non Stato Islamico‘».
Da aprile è stato un crescendo di operazioni di ISIS-K nella regione. L’inizio è stato il 18 aprile, quando il gruppo ha attaccato obiettivi in Uzbekistan per la prima volta. «L’IS-KP ha attaccato per la prima volta obiettivi in Tagikistan il 7 maggio, indicando che l’IS-KP continuerà a effettuare attacchi transnazionali oltre la conclusione della campagna dei due sceicchi», afferma ISW. In entrambe i casi, il gruppo ha dimostrato di poter attaccare sia i governi dei rispettivi Paesi, sia le cellule ISIS locali con lo scopo di farle disertare ed entrare in IS-KP, oltre a screditare, dividere e indebolire il governo talebano. In Pakistan, «le operazioni cinetiche dell’IS-KP continuano a prendere di mira principalmente le forze di sicurezza pakistane e i comandanti e attivisti talebani. L’IS-KP ha preso di mira sia Haqqani che comandanti talebani, nonché attivisti e figure religiose associate a Jamiat Ulema-e-Islam, un partito politico pakistano legato al movimento talebano. L’attività dell’IS-KP in Pakistan non è una nuova svolta. In quanto gruppo separatista dai talebani pakistani, IS-KP ha mantenuto a lungo una presenza in Pakistan e occasionalmente ha condotto attacchi, in genere all’interno della provincia di Khyber-Pakhtunkhwa. IS-KP continua anche a condurre attacchi settari contro le minoranze religiose in Pakistan, in particolare all’interno di Peshawar. I talebani pakistani (TTP) hanno spostato sempre più la loro strategia di propaganda per essere più incentrata sui pashtun, sottolineando l’indipendenza dal Pakistan e i vantaggi del pashtunwali. L’IS-KP potrebbe utilizzare questa attenzione sulle questioni pashtun, nonché sui recenti negoziati del TTP con il governo pakistano, per minare la legittimità del TTP tra le organizzazioni jihadiste. IS-KP potrebbe provare a staccare elementi marginali dal TTP che preferiscono un approccio transnazionale», si legge nell’analisi ISW.
«Questi attacchi indicano che l’IS-KP ha ambizioni regionali oltre l’Afghanistan. Gli attacchi dell’IS-KP all’Uzbekistan e al Tagikistan dimostrano sia la capacità che l’intento. L’IS-KP che segnala la sua intenzione di attaccare i governi dell’Uzbekistan e del Tagikistan, incoraggerà i jihadisti uzbeki e tagiki, i cui obiettivi finali sono rovesciare i rispettivi governi, a schierarsi con l’IS-KP contro il governo talebano. Se l’Uzbekistan e il Tagikistan risponderanno militarmente a questa minaccia in Afghanistan, aggraveranno le tensioni interne tra le fazioni all’interno del movimento talebano, che sosterrà lo sforzo dell’IS-KP di rimuovere elementi radicali dal movimento talebano. Similmente alla campagna talebana contro l’ex Repubblica afgana, l’IS-KP potrebbe sfruttare la presenza di soldati stranieri in Afghanistan per raccogliere sostegno tra i jihadisti e minare il sostegno in Afghanistan al governo talebano».
«Le capacità dell’IS-KP stanno probabilmente crescendo nel nord dell’Afghanistan». «È probabile che il governo talebano non sia in grado di contenere l’IS-KP, mentre continua a insistere sul fatto che l’IS-KP è stato per lo più sconfitto. Gli attacchi dell’IS-KP al di fuori dell’Afghanistan stanno esacerbando la preoccupazione internazionale secondo cui i talebani non vogliono o non sono in grado di prevenire gli attacchi terroristici provenienti dall’Afghanistan». «La riluttanza del governo talebano a chiedere sostegno internazionale per combattere l’IS-KP indica che è vulnerabile agli sforzi dell’IS-KP per esacerbare le tensioni interne al movimento talebano», afferma, in conclusione, ISW.

Il governo talebano preferisce concentrare l’attenzione, e richiamare l’attenzione internazionale, sui gruppi di opposizione non-ISIS. «Il Ministero della Difesa talebano ha mobilitato 3-4.000 soldati provenienti da tutto il sud dell’Afghanistan in risposta a un’offensiva del National Resistance Front of Afghanistan (NRF), nella valle del Panjshir, all’inizio di maggio», afferma ISW. Secondo l’Istituto, i talebani potrebbero dare la priorità alle operazioni contro la NRF anche perchè ipotizza future alleanze a sostegno reciproco e assistenza finanziaria dall’estero per l’opposizione.

La resistenza infatti è in fermento. «Solo negli ultimi mesi, sono stati annunciati almeno sei nuovi gruppi di opposizione armata contrari al governo talebano, molti dei quali costituiti da ex forze di sicurezza afghane, l’Afghan National Defense and Security Forces (ANDSF), abbandonate e continuamente prese di mira per ritorsioni dai talebani, nonostante l’amnistia generale annunciata lo scorso anno», afferma il rapporto ‘Tracking Disorder During Taleban Rule in Afghanistan‘ di aprile. «Mentre il National Resistance Front of Afghanistan è stato il primo gruppo a impegnarsi nella resistenza armata contro i talebani, sotto la guida del figlio di Ahmad Shah Massoud, nel Panjshir, più recentemente sono stati annunciati anche diversi ex gruppi ANDSF, tra cui l’Afghanistan Freedom Front (AFF) e il Movimento di liberazione dell’Afghanistan (ALM) a guida pashtun, che dimostrano un’opposizione multietnica e di ampio respiro ai talebani, anche all’interno della maggioranza pashtun».

L’emergere del National Resistance Front of Afghanistan e dell’Afghanistan Freedom Front, «ha portato i talebani ad adottare misure aggressive contro le popolazioni sospettate di sostenere le operazioni anti-talebane», riferisce il gruppo di esperti delle Nazioni Unite nel suo rapporto per il Consiglio di Sicurezza. Ad aprile, forze del National Resistance Front of Afghanistan hanno intensificato le operazioni nelle province di Badakhshan, Baghlan, Jowzjan, Kunduz, Panjshir, Takhar e Samangan. E l’Afghan Freedom Front, «ha rivendicato diversi attacchi alle basi talebane a Badakhshan, Kandahar, Parwan e Samangan», hanno affermato gli esperti. Il che fa concludere che «le forze talebane potrebbero essere costrette a contrastare diverse insurrezioni contemporaneamente».

Le tensioni interne al movimento talebano, con la leadership al governo spaccata e incapace di controllare le varie correnti che rendono burrascoso il movimento stesso, con la base, i piccoli gruppi che si ribellano al centro; l’attivismo della resistenza, che, se pure divisa in tanti rivoli, riesce a impegnare i talebani in un raffazzonato tentativo di offensiva; la ripresa dell’attività terroristica, in particolare dei gruppi terroristici transnazionali che hanno già un punto d’appoggio stabilito nella regione, come al-Qaeda, i talebani pakistani (TTP) e gruppi terroristici dell’Asia centrale. Tutte queste criticità messe insieme, «presentano rischi significativi di un nuovo conflitto in Afghanistan e nella regione», sostiene il gruppo di lavoro APW-ACLED.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *