Decine di donne hanno protestato a Kabul per chiedere la riapertura delle scuole secondarie femminili
Protese delle ragazze afghane per la decisone di chiusura delle scuole per le ragazze con più di 12 anni a poche ore dell’apertura
Il Post, 26 marzo 2022
Sabato mattina decine di persone, principalmente donne, hanno partecipato a una manifestazione di fronte al ministero dell’Istruzione a Kabul, in Afghanistan, per protestare contro la mancata riapertura delle scuole femminili secondarie, cioè l’equivalente di medie e superiori italiane. Le scuole femminili secondarie erano chiuse da fine agosto, quando i talebani avevano ripreso il potere nel paese, e avrebbero dovuto riaprire mercoledì, in occasione del primo giorno dell’anno scolastico afghano, ma alla fine sono rimaste chiuse.
L’annuncio della riapertura era stato fatto la scorsa settimana dal ministero dell’Istruzione, in seguito alle pressioni della comunità internazionale per ripristinare l’accesso delle donne a tutti i gradi d’istruzione. Finora infatti erano state riaperte solo le scuole primarie, ovvero le elementari, e le università. Mercoledì mattina molte studentesse in tutto il paese sono quindi andate a scuola nella convinzione che sarebbero finalmente tornate in classe, ma hanno scoperto solamente al loro arrivo la decisione del governo.
«L’istruzione è un nostro diritto! Aprite le porte delle scuole femminili!», hanno gridato le manifestanti sabato mattina. Un’insegnante ha detto a BBC di essere disposta a morire pur di difendere la libertà delle donne che vogliono andare a scuola: «siamo qui per i diritti delle nostre figlie a ricevere un’istruzione. Senza quel diritto, potremmo anche essere già morti».
Da quando i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan, instaurando un nuovo regime, le proteste frequentate soprattutto dalle donne sono state molto raccontate sui media, ma sono comunque considerate come un evento eccezionale per via della limitazione dei diritti delle donne imposta dai talebani.
Durante il primo regime dei talebani, tra il 1996 e il 2001, le donne non potevano studiare dopo i 12 anni, lavorare fuori casa, guidare biciclette, moto e auto, utilizzare cosmetici e gioielli, entrare in contatto con qualsiasi uomo che non fosse il marito o un parente, o uscire senza un parente maschio che le accompagnasse.
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