TALIB-OSLO
Limes Notizie dal mondo, 28 gennaio 2022, di Francesca Marino
«Fiero che il governo norvegese abbia invitato a Oslo il governo taliban, la società civile e i paesi chiave. E compiaciuto, da veterano, di aver incontrato il facente funzioni ministro degli esteri Amir Khan Muttaqi.
Per me, le libertà di espressione e lo studio per tutti sono una sfida prioritaria. Ma gli Stati Uniti devono sbloccare i fondi congelati per evitare catastrofi», così su Twitter Kai Eide, ex-ambasciatore e veterano dell’Unama in Afghanistan, scatenava l’ennesima guerra di polemiche a proposito dei taliban invitati dalla Norvegia e fatti arrivare a Oslo con jet privato per incontrare rappresentanti di Stati Uniti e di vari paesi europei, nonché una non meglio definita “società civile” afghana. Non meglio definita perché il 90% della società civile protestava in piazza sia a Oslo sia in patria, repressa però a colpi di kalashnikov dagli sgherri dei signori che Eide è stato così fiero di incontrare.
Dal vertice, tenutosi rigorosamente a porte chiuse, è trapelato molto poco. Tutti i governi partecipanti, a cominciare da quello norvegese, hanno tenuto a precisare che non si tratta di un riconoscimento ufficiale dei taliban. A guardare i fatti e non le parole, sembra però che l’illuminato governo norvegese, che d’altra parte non è nuovo a stringere relazioni privilegiate con organizzazioni terroristiche (qualcuno ricorda le Tamil Tigers?), abbia sposato appieno le tesi dei simpatizzanti dei taliban: gli afghani stanno morendo di freddo e di fame, è in atto una catastrofe umanitaria e quindi bisogna aprire i cordoni della borsa per finanziare un governo di assassini prezzolati e attentatori suicidi. E fare pressioni sugli Stati Uniti perché scongelino i fondi, ma non sui taliban perché permettano alle Nazioni Unite la distribuzione diretta degli aiuti.
D’altra parte, «i diritti umani assumono un significato diverso» a seconda della latitudine, sostiene il primo ministro del Pakistan Imran Khan. Impedire alle donne di andare a scuola e lavorare, ammazzare gli oppositori e massacrare gli omosessuali, i musicisti e i giornalisti è una onorata tradizione locale. Gli aiuti forniti alla popolazione afghana via taliban sono, per inciso, adoperati per pagare gli impiegati della pubblica amministrazione e non per fornire aiuto a chi ne ha più bisogno. Il ricatto nemmeno tanto velato di Haqqani e compagni di merende comincia a funzionare: il terrorismo non finirà fino a che l’Afghanistan non sarà stabile, ma il paese degli aquiloni non sarà stabile fino a che l’Occidente non aprirà i cordoni della borsa. A sostenere il Pakistan-pensiero, oltre alla Norvegia e a vari rappresentanti dell’Occidente illuminato, anche António Guterres, il quale non trova scandaloso passare i nomi dei dissidenti uiguri all’ambasciata cinese di Ginevra, figurarsi finanziare terroristi sulla lista nera delle stesse Nazioni Unite da lui presiedute.
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