Convincere i Talebani… o respingerli?
Non basta essere donna per contrastare la normalizzazione dei rapporti con il governo dei Talebani: nell’incontro a Istambul promosso dall’Iniziativa delle Nazioni Unite per l’educazione delle ragazze (Ungei) l’ex ministra dell’Istruzione Rangina Hamidi sollecita i governi globali a riprendere i “colloqui” con i fondamentalisti. Ma viene contestata dalle donne afghane presenti
Ruchi Kumar, The Guardian, 29 novembre 2023
I Talebani potrebbero essere convinti ad aprire scuole femminili, dice l’ex ministro dell’Istruzione afghano. I governi globali dovrebbero impegnarsi con i Talebani perché alcuni membri del regime sono favorevoli al ritiro del divieto, sostiene Rangina Hamidi
Secondo l’ultima ministra dell’Istruzione del Paese prima della presa di potere, molti ufficiali talebani sarebbero favorevoli al ritiro del divieto di scolarizzazione per le ragazze in Afghanistan.
Sotto il governo talebano, l’Afghanistan è diventato l’unico Paese al mondo in cui alle ragazze è vietato frequentare la scuola oltre gli 11 anni. Il gruppo ha anche imposto quella che è stata descritta come una politica di “apartheid di genere”, vietando alle donne la maggior parte dei lavori e degli spazi pubblici.
Ma le fratture interne ai Talebani sull’istruzione femminile potrebbero essere sfruttate dalla comunità internazionale per fare pressioni sulla riapertura delle scuole femminili, ha dichiarato Rangina Hamidi, che ha recentemente visitato il Paese.
“I Talebani non sono un monolite. Ci sono differenze di opinioni all’interno dei Talebani, proprio come in qualsiasi altro gruppo. Ed è evidente che, soprattutto sulla questione del divieto di istruzione femminile, ci sono molti talebani che sostengono l’inversione del decreto”, ha detto.
“Che il mondo riconosca o meno i Talebani, per quasi 40 milioni di afghani, di cui almeno la metà sono donne e ragazze, questa è una realtà vissuta”, ha detto. E mi addolora il fatto che, anche dopo due anni, la comunità internazionale non abbia capito come affrontare i Talebani, a scapito del popolo e delle ragazze dell’Afghanistan”.
“Non molto tempo fa il governo statunitense, insieme ai suoi alleati e alle agenzie internazionali, era impegnato nei colloqui politici con i Talebani. Perché allora la stessa comunità globale oggi ha problemi a lavorare con i Talebani?”.
Hamidi ha proposto di sostenere le soluzioni locali degli afghani che stanno trovando il modo di aggirare i divieti talebani, tra cui l’uso di spazi, come le madrase (scuole religiose), in cui le ragazze sono ammesse come via alternativa per l’istruzione.
Oggi le madrasse sono sinonimo solo di scuola religiosa, ma storicamente si tratta di spazi per l’apprendimento”, ha affermato l’autrice, esortando a “guardare oltre la semantica [per] offrire alle ragazze opportunità di continuare a studiare nel Paese”.
“Nel Paese mancano i fondi per investire nelle scuole e ci sono comunità in cui i ragazzi e le ragazze non vanno a scuola. Eppure, essendo un Paese musulmano, ci sono moschee – che sono anche luoghi di apprendimento – almeno una ogni 2 km di raggio. Quindi, perché non possiamo usare questo spazio per aiutare i nostri bambini a imparare usando un programma di studi standardizzato?”, ha detto.
Opinioni contestate
Le opinioni di Hamidi hanno suscitato reazioni contrastanti in occasione di un incontro femminista tenutosi a Istanbul questo mese, organizzato dall’Iniziativa delle Nazioni Unite per l’educazione delle ragazze (Ungei), dove era intervenuta. Alcune partecipanti afghane hanno criticato qualsiasi proposta di normalizzazione delle relazioni con un gruppo che continua a limitare i diritti fondamentali delle donne.
Selma Acuner, membro della Coalizione delle donne in Turchia, parte della rete femminista dell’Ungei, ha dichiarato: “Lavorare con i Talebani, che intenzionalmente sopprimono i diritti delle donne e impongono la loro interpretazione delle ideologie fondamentaliste radicali attraverso le madrase è altamente paradossale”.
“Acuner ha riconosciuto che le scuole religiose possono offrire alle ragazze l’opportunità di continuare a impegnarsi in uno spazio di apprendimento, ma ha affermato che: “Non possiamo aspettarci che gli istituti religiosi compensino la perdita dell’accesso all’istruzione secondaria formale… non sono all’altezza della più ampia portata educativa e delle opportunità future che essa offre”.
Acuner ha affermato che è fondamentale ascoltare e comprendere le esperienze delle donne in Afghanistan prima di accettare un simile approccio. “Altrimenti, significherebbe acconsentire a una regressione sempre più profonda dei diritti delle donne in tutto il mondo”.
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