La Cina in Afghanistan: Miopia, negazione e fantasie
Il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan ha effettivamente fornito alla Cina un’opportunità, ma ci sono poche prove che Pechino abbia un piano concreto per affrontare i problemi del paese.
Shanthie Mariet D’Souza,The Diplomat, 13 aprile 2023
Il 12 aprile, la Cina ha pubblicato un documento in 11 punti per elaborare il suo approccio all’Afghanistan. Intitolato “La posizione della Cina sulla questione afghana”, il documento è stato pubblicato in concomitanza con l’inizio di una visita di due giorni a Samarcanda, in Uzbekistan, del ministro degli Esteri cinese Qin Gang per partecipare alla quarta riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi confinanti con l’Afghanistan.
Dopo la partenza degli Stati Uniti nell’agosto 2021 e la presa del potere da parte dei Talebani, la Cina si è costantemente inserita in Afghanistan. Il documento testimonia che Pechino sta promuovendo il consolidamento del regime talebano come soluzione ai problemi del Paese, mentre relega nel dimenticatoio le preoccupazioni per le violazioni sistematiche dei diritti umani da parte del regime.
È interessante notare l’elaborazione della posizione cinese sull’Afghanistan in merito ai “tre rispetti”: il rispetto per (1) l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Afghanistan; (2) le scelte indipendenti del popolo afghano; (3) le credenze religiose e i costumi nazionali dell’Afghanistan. L’insediamento dell’Emirato islamico dei Talebani, secondo questa posizione, rappresenta curiosamente una scelta indipendente esercitata dal popolo afghano, smentendo in qualche modo la storia recente in cui i Talebani hanno scalzato con la forza un governo costituito ed eletto, usurpando il potere. ]Sebbene il documento “auspichi” che i Talebani “costruiscano una struttura politica aperta e inclusiva, adottino politiche interne ed estere moderate e prudenti”, i “tre mai” elencati [“La Cina in Afghanistan non ha mai interferito negli affari interni, non cerca mai interessi personali o le cosiddette sfere di influenza”, N.d.R.] costituiscono uno sforzo indiretto per scongiurare qualsiasi tentativo di costringere l’Emirato islamico a cambiare rotta. Agli occhi della Cina spetta al regime talebano, e non a potenze esterne, attuare questi cambiamenti.
Sebbene la ricostruzione dell’Afghanistan devastato dalla guerra sia stata una preoccupazione per i Paesi della regione e per la comunità internazionale negli ultimi due decenni, il documento non riconosce il fatto che le politiche del regime talebano hanno di fatto bloccato il processo e, cosa più dannosa, invertito molti dei risultati raggiunti. Pechino, d’altra parte, spera ancora di trasformare l’Afghanistan da Paese “senza sbocco sul mare” a Paese “collegato alla terraferma” attraverso l’estensione in Afghanistan del Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), nell’ambito della Belt Road Initiative (BRI). Il documento sostiene che i Talebani ora partecipano al CPEC.
I Talebani hanno effettivamente dimostrato il loro interesse per l’estensione del CPEC in Afghanistan. Tuttavia, i progressi del controverso progetto all’interno del Pakistan sono notevolmente rallentati, aumentando le frustrazioni cinesi. C’è una significativa opposizione al CPEC nel Balochistan, attraverso il quale il CPEC esteso deve passare. La rinnovata e unificata insurrezione baloch sta compiendo ripetuti attacchi al progetto e al personale ad esso associato.
Anche l’India rimane contraria alla mancanza di trasparenza del CPEC e a quella che considera una violazione della sua sovranità e integrità territoriale (a causa del passaggio del CPEC attraverso il Kashmir amministrato dal Pakistan). Nuova Delhi si oppone categoricamente all’estensione della CPEC a “Paesi terzi”, il che rende la promessa di “integrazione dell’Afghanistan nella cooperazione economica e nella connettività regionale” attraverso la CPEC un sogno lontano.
Quattro degli 11 punti del documento di sintesi riguardano il terrorismo, l’estremismo e il separatismo in Afghanistan. C’è una notevole unanimità tra la comunità regionale e internazionale riguardo alla minaccia rappresentata dai gruppi jihadisti in Afghanistan. Lo Stato Islamico della Provincia del Khorasan (ISKP) rimane un gruppo potente e violento all’interno del Paese, che il regime talebano non è riuscito a contenere. Tuttavia i Talebani si sono opposti a qualsiasi assistenza esterna per contenere l’ISKP, affermando di essere in grado di affrontare la minaccia da soli. Inoltre, la loro posizione su Al-Qaeda e su una serie di gruppi terroristici regionali rimane vaga, tra le accuse che l’Afghanistan fornisca ora un ambiente operativo favorevole a questi gruppi.
La Cina, preoccupata soprattutto per gli insorti uiguri, chiede di fornire ai Talebani “forniture, attrezzature e assistenza tecnica molto necessarie” nel quadro di una cooperazione “bilaterale e multilaterale”. Recenti rapporti hanno indicato che la Cina potrebbe aver già iniziato a fornire armi letali ai Talebani per contrastare il terrorismo, senza alcuna garanzia che queste saranno usate solo contro i gruppi terroristici e non contro l’opposizione politica dei Talebani, come il Fronte di Resistenza Nazionale (NRF). Alcune di queste armi, come i droni d’attacco Blowfish, potrebbero essere state consegnate direttamente ai talebani, mentre altre sono state tradizionalmente instradate attraverso l’Iran. La posizione della Cina, quindi, non è solo un tentativo di finanziare le capacità antiterroristiche dell’Emirato islamico, ma di rafforzare la sua capacità di sopprimere tutta la sua opposizione.
Il documento di sintesi invita inoltre gli Stati Uniti a restituire i beni congelati all’estero dell’Afghanistan, a revocare le sanzioni ai Talebani e a consegnare gli aiuti umanitari promessi, che secondo la Cina sono il “principale fattore esterno che ostacola un sostanziale miglioramento della situazione umanitaria in Afghanistan”. La Cina accusa l'”interferenza militare” e la “trasformazione democratica” da parte di forze esterne in Afghanistan negli ultimi 20 anni per le “enormi perdite e sofferenze subite dall’Afghanistan”. Il documento omette di notare che le politiche oscurantiste del regime talebano sono state le uniche responsabili dell’inversione dei significativi risultati raggiunti con enormi risorse e sacrifici negli ultimi due decenni.
Il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan ha effettivamente offerto alla Cina l’opportunità di cercare di rafforzare un raggruppamento antistatunitense in Afghanistan composto principalmente da Russia, Iran, Pakistan e alcune repubbliche dell’Asia centrale. Tuttavia, finora ci sono poche prove che, a parte la visione al vetriolo anti-USA che li unisce, questo gruppo abbia un piano concreto per sollevare l’Afghanistan e la sua gente dal pantano della violenza, della povertà e della fame.
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