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Definitiva la sentenza CEDU: per Demirtas è la volta buona per la scarcerazione?

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Contropiano, 10 novembre 2025, di Giovanni Di Fronzo

La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) ha respinto l’ultimo ricorso presentato dal Ministero della Giustizia turco contro la sentenza di scarcerazione per Demirtas e, di riflesso, per tutti i condannati nell’ambito del cosiddetto “processo Kobane”. Ora la sentenza è definitiva e, dal punto di vista della legalità formale turca, sarebbe solo da rendere esecutiva.

Dal punto di vista sostanziale, però, la decisione sarà prettamente politica. Ad esempio, nel caso di Osman Kavala, fondatore del ramo turco della Open Society Foundation di Soros e condannato all’ergastolo aggravato per i fatti di Piazza Taksim, la Turchia non sta applicando la sentenza di scarcerazione della CEDU e, a causa di questa decisione, ha una procedura di infrazione a proprio carico aperta.

A favore della scarcerazione è intervenuto ancora una volta uno dei due pilastri dell’alleanza di governo, quel Devlet Bahceli, fondatore dei “lupi grigi”, il quale, poco più di un anno fa chiedeva l’esecuzione della condanna a morte di Ocalan, la chiusura della corte costituzionale turca, colpevole di esprimersi a favore di Demirtas, e l’espulsione dal parlamento del sinistra filo-curda.

Dall’ottobre 2024 ha cambiato completamente posizione e ha cominciato a spingere forte per il compimento del processo di pace con il PKK. In questi giorni continua a chiedere che la commissione parlamentare istituita ad hoc si rechi ad Imarlai ad ascoltare direttamente Ocalan e su Demirtas ha affermato: ”Il suo rilascio sarebbe positivo per la Turchia”.

Anche dall’oppisizione repubblicana, attaulmente sotto torchio giudiziario, arrivano segnali definitivi. Il leader Ozgil Ozel ha chiesto apertamente scusa per il fatto che la maggior parte dei parlamentari repubblicani nel 2016 votarono a favore della revoca dell’imminutà parlamentare nei confronti dello stesso Demirtas e degli altri esponenti dell’allora Partito Democratico dei Popoli (HDP), dando il via libera al “processo Kobane” e a tanti altri processi.

Demirtas, da partre sua, dal carcere ha postato sui suoi social un manoscritto di ringraziamento: ”Il signor Devlet Bahçeli ha coraggiosamente infranto i tabù…, dimostrando che la pace non può essere costruita arrendendosi alla paura. Mi congratulo di cuore con lui e lo ringrazio sinceramente. Il signor Özgür Özel ha dato un ulteriore esempio di coraggio, dimostrando un atteggiamento virtuoso e autocritico. Mi congratulo di cuore con lui e lo ringrazio sinceramente. Tutti dovrebbero sapere ed essere certi di questo: se rimaniamo bloccati negli errori del passato mentre cerchiamo di voltare pagina insieme, ipotecheremo anche il nostro futuro. Né io, né alcun altro politico possiamo permetterci questo lusso, e non nutro alcun risentimento o rancore particolare nei confronti di nessuno… Il nostro dovere è sostenere il processo di pace senza esitazione. Ci impegneremo a risolvere insieme tutti i problemi rimanenti, con i mezzi e le condizioni della politica democratica, la pace prima di tutto”.

Successivamente, sempre sui suoi social, ha formulato un invito: ”Mi rivolgo a tutte le parti e ai principali attori del processo, al presidente Erdoğan, al leader dell’MHP Bahçeli e al leader fondatore del PKK Öcalan, come vostro fratello, come politico che lotta per la pace: vi prego di non rinunciare a compiere passi concreti, di non prestare attenzione a ciò che dicono gli altri, di avere fiducia in voi stessi e di credere che 86 milioni di persone attendono con ansia la pace”.

Leggendo fra le righe di questa dichiarazione, vi si potrebbe scorgere un tentativo di porsi all’opinione pubblica del paese come soggetto terzo fra la parte dello stato turco e quella del movimento curdo.

Chi continua a tenere un atteggiamento ambiguo è proprio Erdogan. Nei giorni scorsi ha incontrato la delegazione della sinistra filocurda che sta mediando con Ocalan, esprimendo valutazioni positive: ”Abbiamo avuto un incontro molto costruttivo, produttivo e promettente con loro. Speriamo di vederne l’impatto nei prossimi giorni”.

Però non si esprime mai sull’eventuale incontro della commissione parlamentare con Ocalan e sulla scarcerazione di Demirtas, rispetto alla quale non più tardi di un mese fa il suo Ministero della Giustizia ha presentato l’ultimo ricorso. Ovviamente, ammettere che il “processo Kobane” sia illegittimo ha un costo politico, ma non volerlo pagare significa esibire una concezione quantomeno strumentale del processo di pace.

Staremo a vedere. Ambienti della sinistra filocurda danno come imminente il rilascio di Demirtas e secondo Reuters, il parlamento sta preparando una legge ad hoc per riammettere in Turchia alcuni militanti del PKK che non si siano macchiati di reati di sangue, senza, però, decretare un’amnistia generale.

Da rimarcare che il vero banco di prova per il processo di pace rimane sempre la situazione legata all’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria a guida curda e la sua integrazione nelle strutture statali centrali a guida qaedista.

Su questo anche Bahceli è irremovibile: un’integrazione delle milizie a guida curda nell’esercito centrale nella forma di divisioni autonome, come perorato dal leader curdo Mazloum Abdi, rappresenterebbe una minaccia per la Turchia, che vuole la loro completa liquidazione agli ordini dei generali di Al-Golani.

La situazione, però, non va esattamente in quella direzione. Intervistato da Amberin Zaman per Al-Monitor, Sipan Hemo, un altro generale curdo, ha dichiarato che le Forze Democratiche Siriane si stanno preparando per la guerra contro il governo centrale, nel caso in cui i negoziati dovessero fallire.

Su questo capitolo, oltre alle mediazioni internazionali, fondamentale potrebbe essere l’apporto politico dello stesso Demirtas e di tutti i dirigenti curdi imprigionati proprio per aver espresso il loro sostegno alle milizie curdo-siriane.

L’impresa di trovare un accordo rimane comunque ardua a causa della natura settaria ed inaffidabile delle autorità di Damasco e dei tentativi di boicottaggio da parte di potenze straniere, che certamente non mancheranno. Israele, ad esempio, punta a tenere divisa la Siria e a destabilizzare la Turchia tramite il proprio appoggio strumentale alla causa curda.

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