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Nessun Paese ha ancora davvero raggiunto la parità di genere. Ed è piuttosto paradossale

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Luce! La nazione, 2 dicembre 2025, di Marianna Grazi

A trent’anni dalla Conferenza sui diritti delle donne e delle ragazze di Pechino, l’Atlante 2025 di WeWorld fotografa il momento più promettente e più fragile della storia: nessun Paese ha raggiunto la piena parità, che pure è un obiettivo che sembra sempre a un passo

A trent’anni dalla storica conferenza mondiale sui diritti delle donne di Pechino, ci si sarebbe aspettati un bilancio diverso. Invece, il nuovo atlante di WeWorld, “Claiming Space”, racconta un mondo dove la parità di genere resta un obiettivo sempre a un passo da raggiungere, ma mai davvero toccato. Nessun Paese l’ha raggiunta pienamente. Un paradosso che emerge chiaramente dai dati: mai come oggi le donne hanno avuto accesso a opportunità prima impensabili, eppure mai come ora i loro diritti appaiono fragili, intrecciandosi con crisi economiche e conflitti.

L’Atlas è stato presentato il 27 novembre a Roma, durante l’evento “Claiming Space: ripensare il genere nella cooperazione allo sviluppo e negli interventi umanitari” organizzato insieme all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Oltre ai rappresentanti di Aics e WeWorld, sono intervenute in collegamento le esperte da Afghanistan e Kenya, portando testimonianze dirette da contesti in cui i diritti femminili sono messi alla prova ogni giorno.

l bilancio globale: progresso e regressione
Il nuovo Atlas non si limita a fotografare l’esistente ma mette nero su bianco la distanza tra ciò che è stato fatto e ciò che ancora manca. E parla con numeri difficili da ignorare:

• 1 donna o ragazza su 10 vive in povertà estrema (con meno di 2,15 dollari al giorno); • 119 milioni di ragazze sono ancora fuori dalla scuola; • Ogni 10 minuti una donna o una ragazza viene uccisa da un partner o un familiare; • Il 70% delle donne in contesti umanitari subisce violenza di genere; • Oltre 200 milioni non hanno accesso a contraccettivi sicuri, e gli aborti non sicuri causano 39.000 morti prevenibili ogni anno; • Ogni due minuti una donna muore per cause legate alla gravidanza o al parto; • Le donne godono in media di solo il 64% dei diritti legali degli uomini e guadagnano il 20% in meno a parità di lavoro.

“Le disuguaglianze si aggravano soprattutto nei contesti più fragili, dove crisi economiche, tagli e ideologie conservatrici minacciano i diritti sessuali e riproduttivi”, avverte Stefania Piccinelli, direttrice della Cooperazione Internazionale di WeWorld. La regressione dei diritti, aggiunge, è ormai “un fatto politico, non solo sociale”, e richiede una leadership femminista capace di riportare equità e giustizia al centro del dibattito globale: “Non possiamo permettere che i diritti diventino privilegi, né che i progressi ottenuti vengano smantellati. Trent’anni dopo la Piattaforma d’Azione di Pechino, ci troviamo in un momento paradossale: da un lato, le conquiste legislative e i movimenti dal basso hanno aperto spazi nuovi per milioni di donne e ragazze; dall’altro, vediamo il ritorno di politiche reazionarie, ideologie patriarcali e ondate di intolleranza che minano decenni di lotte femministe”.

Cosa funziona: le soluzioni già in atto
Il valore dell’Atlas, però, non è solo quello di portare una fotografia puntuale della situazione mondiale ma sta anche nello spazio dedicato alle soluzioni. Il rapporto segue le quattro aree chiave della Gender and Protection Global Strategic Plan 2024–2030 – equità, contrasto alla violenza, salute sessuale e riproduttiva, partecipazione – e le illustra attraverso le buone pratiche nate nei 20 Paesi in cui WeWorld opera.

In Afghanistan, dove le restrizioni colpiscono duramente donne e ragazze, i progetti combinano trasferimenti in denaro per il cibo, formazione agricola e un coinvolgimento diretto delle donne nella progettazione degli interventi. In Kenya, con il progetto Imara, sta nascendo il primo centro antiviolenza della contea di Narok, grazie a una collaborazione stretta tra istituzioni, polizia e comunità locali. Interventi simili in Mali e Palestina uniscono protezione, leadership femminile e inclusione economica.

Un cambio di passo necessario
Il filo rosso del lavoro di WeWorld è l’approccio gender-transformative: non aggiungere la prospettiva di genere, ma cambiare le strutture che generano disuguaglianza. “L’uguaglianza non è un tema settoriale, ma un motore di sviluppo, pace e giustizia”, ha ricordato il direttore di AICS, Marco Riccardo Rusconi.

Per questo WeWorld richiama governi e istituzioni a una nuova agenda femminista globale: fondi stabili per le organizzazioni guidate da donne, leadership locale riconosciuta, trasparenza, approcci multisettoriali e il coraggio politico necessario per non lasciare che i diritti conquistati vengano smantellati.

Il messaggio finale dell’Atlas 2025 è chiaro: i diritti delle donne non sono un traguardo da celebrare, ma un impegno quotidiano. Rafforzare voci, leadership e autonomia femminile è l’unica via per una società davvero equa e sostenibile.

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