Gli avvocati di Öcalan criticano il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa – che è andato in Turchia senza visitare Imrali – perché il suo approccio non è compatibile con il dovere di evitare le condizioni di tortura
Gli studiosi islamici e i Talebani mirano a stabilire un Califfato globale, suscitando dibattiti e preoccupazioni a livello mondiale. Il ruolo della Scuola Deoband e di organizzazioni come l’Oasi islamica e la Fondazione Qamar è centrale in questo ambizioso obiettivo
Il rappresentante italiano a Ginevra ha esplicitamente detto che i responsabili delle violazioni devono essere puniti. Un implicito passo verso il riconoscimento dell’apartheid di genere?
Impedire che un’adolescente si lasci spegnere tra le mura di una casa-prigione; aiutare un’anziana a scrivere le sue prime parole in una stanza nascosta; sostenere tutte le avvocate, sarte, imprenditrici, panettiere, dottoresse, parrucchiere, insegnanti perché possano tornare a lavorare; scendere in piazza nonostante il terrore delle incarcerazioni arbitrarie. Tutto questo fanno le organizzazioni delle donne afghane che, in una clandestinità che porta luce e aria alle donne oppresse dell’Afghanistan dei talebani, continuano a lottare per affermare i propri diritti.
Zantimes.com Mehtab Safi* e Mehsa Elham* 26 febbraio 2024
I pensionati in Afghanistan raccontano allo Zan Times di aver esaurito i loro risparmi, di vivere in povertà e di non avere idea di come sopravviveranno. E il motivo è: i Talebani non pagano le loro pensioni.
Gli estremisti governano il Paese nell’indifferenza globale e soffocano sempre di più la popolazione femminile. Non solo nei villaggi ma anche nelle città, dove aumentano i controlli e arresti arbitrari. Il racconto di un’attivista locale
Eravamo sedute in mezzo al nulla, quattro anni fa, in un villaggio di polvere e fango dello stesso colore ocra delle montagne, nell’Ovest dell’Afghanistan, dove seguivamo un progetto per le donne. A pochi chilometri c’era una postazione talebana e a una trentina una dell’Isis Khorasan. Non si poteva restare più di due o tre ore nello stesso posto, per non lasciare loro il tempo di organizzare un attacco o un rapimento. Narges mi spiegava la geografia politica del suo Paese: una pelle di leopardo, dove ogni villaggio, ogni città, ogni angolo aveva il suo padrone in lotta con gli altri.
Secondo la classifica mondiale, l’Afghanistan è il paese peggiore per le donne. Con il ritorno dei talebani al potere, le sfide e le limitazioni imposte alle donne sono aumentate enormemente. Le donne sono private dei loro diritti umani fondamentali come il diritto all’istruzione, al lavoro, ai viaggi e alle attività ricreative. Di tutti gli effetti che tali restrizioni hanno avuto sulla vita personale e sociale delle donne, forse il più grave è un aumento significativo delle morti per suicidio tra le donne.
Possono i talebani smettere di essere fondamentalisti? Possono restituire libertà e diritti alle donne e alle ragazze afghane?
E’ quello che speravano l’Onu e la comunità internazionale quando hanno organizzato, il 18-19 febbraio a Doha, il secondo Incontro dei 25 paesi più ricchi del mondo per parlare dei problemi dell’Afghanistan, come avevano già fatto un anno fa, ma questa volta invitando direttamente i talebani a parteciparvi per avviare un processo di avvicinamento e “normalizzazione” in grado di aggirare lo scoglio, per i più insormontabile, del riconoscimento del loro governo.
Ora anche l’India riprende i rapporti con i Talebani, la cancellazione dei diritti umani non impedisce che si riprendano a fare “gli affari”, anzi l’articolo parla di “evoluzione”, nessuna parola spesa per quello che succede alle donne e alle bambine afghane.
Progetto simbolo di cooperazione inaugurato nel 2016 e messo in crisi dall’interruzione delle relazioni dopo la presa del potere dei talebani. Un segnale importante nella ripresa della cooperazione tra Kabul e New Delhi sul fronte dei progetti umanitari
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Per la prima volta da quando l’Afghanistan è caduto nelle mani dei talebani nell’estate 2021, l’India ha inviato dei propri tecnici a effettuare controlli sulla “Diga dell’amicizia” costruita otto anni fa sul fiume Harirud a Salma, in una zona remota dell’Afghanistan nord-occidentale.
Non viene accolta la richiesta che il curdo, che ancora figura nei verbali parlamentari come “lingua sconosciuta”, diventi la lingua dell’istruzione. I dirigenti delle associazioni che lottano per le lingue hanno invitato i genitori a “insegnare ai propri figli la loro lingua madre”.