Afghanistan, arresti e liberazioni
Enrico Campofreda – 10 aprile 2020
C’è fermento in questi giorni nelle carceri afghane per l’annosa questione del rilascio dei detenuti talebani e per l’arrivo d’un prigioniero eccellente.
Mercoledì il governo Ghani ha deciso unilateralmente la scarcerazione di cento miliziani reclusi, come gesto di buona volontà sulla questione delle 5000 liberazioni assicurate dall’accordo di Doha fra la delegazione dei turbanti e quella statunitense. Com’è noto i rappresentanti di Kabul, che hanno subìto quell’accordo però detengono le chiavi delle prigioni, affermano di voler liberare gradualmente i miliziani.
Il mullah Baradar, che ha firmato l’accordo al cospetto di Khalilzad e molto s’è speso per moderare la Shura di Quetta, è infuriato. I suoi collaboratori accusano il governo Ghani di praticare tatticismi volti a perdere tempo per entrare in una partita che l’aveva visto escluso. Quest’ultimo, pur avendo problemi interni per la reiterata rivalità con Abdullah che s’è nominato antipresidente, sostiene la necessità di verificare l’identità e la tipologia dei soggetti da rilasciare. In tal modo scontenta anche il padrone americano, che col Segretario di Stato Pompeo ha già annunciato una sanzione verso Kabul tagliando un miliardo di dollari d’aiuti previsti per l’anno in corso. In più col frazionamento delle scarcerazioni i minimi approcci fra talebani e amministrazione Ghani minacciano di deragliare del tutto.