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Autore: Anna Santarello

Besê Hozat: Si preferiscono gli jihadisti (Parte 2)

Retekurdistan.it – 3 febbraio 2020

bese hozat

Le potenze globali preferiscono uno Stato jihadista a uno sistema democratico di autonomia.Besê Hozat (KCK) spiega i retroscena e sottolinea il significato di un’alleanza curdo-araba in Medio Oriente.

Besê Hozat come co-Presidente del Consiglio Esecutivo dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) in un’intervista con ANF si è pronunciata su temi di attualità [pubblicata in lingua tedesca il 30.1.2020 NdR] . Pubblichiamo la seconda parte di un estratto rispetto alla situazione attuale in Iraq, in Iran e in Siria, gli interessi delle potenze mondiali in accordo con la Turchia e il significato di un’alleanza curdo-araba.

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Besê Hozat: Lo Stato come stupratore (Parte 1)

retekurdistan.it – 3 febbraio 2020

bese hozat

Stupri di donne e bambini in Kurdistan e in Turchia sono quotidiani. „Si vuole abituare la società al fatto che non ci sono più valori etici. Una società senza etica può essere usata a piacimento“, dice Besê Hozat.

Besê Hozat come co-Presidente del Consiglio Esecutivo dell’Unione delle Comunità del Kurdistans (KCK) in un’intervista a ANF [pubblicata in lingua tedesca il 29.1.2020 NdR] ha parlato di temi di attualità. Pubblichiamo un estratto sul carattere della coalizione di governo e sul tema dello stupro come politica statale in Turchia e in Kurdistan.

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La Turchia marcia compatta, la Ue in ordine sparso

Mediterraneo. Dalla Siria alla Libia passando per i Balcani, Erdogan porta avanti la sua agenda contro la Nato e contro l’Europa. Che risponde con voci diverse: Macron lo frena, Merkel lo finanzia. E l’Italia tentenna

Di Alberto Negri, il Manifesto, 02 febbraio 2020

siria turchia afp

La marcia turca non si ferma. La Turchia di Erdogan ha condotto in questi anni tre guerre: in Siria contro Assad, contro i curdi siriani del Rojava e contro i «suoi» curdi, con le armi vere e quelle della politica mettendo in carcere anche i dirigenti del partito Hdp. Da alcune settimane l’esercito della Turchia e i suoi mercenari jihadisti sono anche in Libia.

Una proiezione della strategia neo-ottomana di Erdogan che può apparire azzardata anche a un paese che ormai fa quello che vuole delle basi Nato sul suo territorio. Nessuno aveva mai osato tanto nella repubblica fondata da Ataturk, con l’eccezione dell’invasione di Cipro del 1974 in risposta al colpo di stato militare che aveva deposto il presidente, l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios.

È in queste acque che la Francia di Macron, ai ferri corti con Erdogan, ha inviato le sue navi militari dove i turchi hanno cominciato le prospezioni proprio nell’area in cui la Total e l’Eni hanno le concessioni per il gas offshore di Cipro greca.

La marcia turca è a tre velocità. Rapida in Libia e nel Mediterraneo orientale, rallentata in Siria dalla Russia e da Assad, a passo moderato ma insinuante nel cuore dei Balcani meridionali.

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La scuola afgana che sfida talebani e fondamentalisti con le classi miste

Maschi e femmine gli uni accanto agli altri: un progetto incredibile in una zona infestata da Isis e talebani voluto dalle militanti di Rawa

di Cristiana Cella, per globalist – 31 gennaio 2020

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La vita in costruzione
Il villaggio non è diverso dagli altri, una grande spianata di rocce e sassi in mezzo a un cerchio di montagne. Una difesa naturale. Il colore della terra bruciata dal sole, ovunque. Qualche piccolo orto, circondato da muretti, pochi alberi, ordinati, giovani, qualche macchia di verde.
La vita in costruzione. Come il futuro ospedale, l’unico presidio medico della zona. Cominciano ora, con l’autunno, a scavare le fondamenta, l’estate è torrida qui e non si può lavorare. La scuola invece c’è già, è in piena attività. Si sentono le risate e la cantilena dell’alfabeto dietro alla voce del maestro. Ci sono classi miste, maschi e femmine gli uni accanto agli altri, incredibile qui. Il villaggio è uno spazio arido, un teatro vasto e povero ma aperto al possibile.

Qui, in mezzo ai sassi, i semi di futuro possono crescere. Gli uomini armati sopra il tetto della scuola sono quasi immobili, guardano lontano, sorvegliano. Proteggono un tesoro. Capita che arrivino i rifugiati interni (IDP) che scappano dalle zone di guerra aperta, dalla violenza di Daesh e talebani. Sanno che qui possono trovare rifugio.
Pagano qualcosa al governo per un pezzo di terra e si costruiscono la casa, ricominciano a vivere. In questa stagione invernale arrivano anche i nomadi kuchi, le macchie di colore ondeggianti dei vestiti delle donne appaiono e scompaiono tra le case, sui viottoli di polvere. Siamo in una delle regioni più pericolose dell’Afghanistan, a quaranta minuti da qui c’è la roccaforte dell’Isis. Uno spazio senza nome, come tutti i progetti delle militanti di Rawa, protetto dall’anonimato.

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Rapporto Sigar, Afghanistan più violento

Dal blog di Enrico Campofreda, 31 gennaio 2020

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Quattro sezioni più l’appendice. Con un documento di duecentoventi pagine l’Ispettorato generale per la ricostruzione dell’Afghanistan (Sigar) lancia l’ennesimo allarme. Per chi non lo conoscesse quest’organismo, creato nel 2008 dal Congresso statunitense, mira a “fornire una supervisione indipendente e obiettiva dei fondi destinati alla ricostruzione” (questo almeno lo scopo dichiarato) nel Paese occupato dalle sue truppe. Il rapporto di fine gennaio, esaminando la situazione in 30 province (ne sono rimaste escluse Sar-e Pul, Samangan a nord, Nuristan a est, Daykundi al centro) afferma come negli ultimi tre mesi del 2019 le azioni violente sono ampiamente aumentate rispetto all’ultimo decennio: 8.204 attacchi, rivolti a obiettivi militari e civili, da parte dei reparti americani e delle milizie talebane. Tutto ciò mentre restavano aperti i cosiddetti accordi di pace. In realtà, e questa è una concreta spiegazione dell’incremento delle azioni belliche, nessuno dei due fronti accetta le proposte dell’avversario: da parte statunitense l’inserimento nelle trattive dei governanti di Kabul, da parte talebana l’immediata attuazione del ritiro di tutti i militari presenti sul territorio afghano. Perciò il tavolo di pace langue mentre le bocche di fuoco seminano morte. Il supervisore degli incontri, avvenuti a Doha e a Mosca, l’afghano-statunitense Zalmay Khalilzad, non è riuscito a far recedere nessuno da prese di posizioni considerate irrinunciabili.

elezioni

Poi è sopravvenuto il gestaccio di Trump di bloccare gli incontri, da cui è scaturito un ritorno al conflitto da parte talebana, con conseguenti ritorsioni e caccia all’uomo di marines e contractors, quest’ultimi ormai più numerosi dei primi. Sebbene i mercenari americani siano in gran parte ex militari, magari già utilizzati in loco, per loro è cambiata la divisa non i comandi sempre coordinati da Pentagono e Cia. Proprio lo scorso settembre, in cui si sono svolte le elezioni e il cui risultato è rimasto oscurato a lungo, con conteggi e riconteggi, i turbanti hanno dato fondo a una ripresa delle guerriglia. Quelle azioni dicevano: la classe politica che Washington propone e impone per noi non ha alcun valore. I politici in questione sono gli stessi che governano il Paese dal 2014: Ghani e Abdullah, che si sono ridivisi le preferenze. La recente consultazione, cui ha partecipato il 10% degli elettori, ha fatto segnare 920.000 voti all’ex presidente e 720.000 all’ex premier, rilanciando la spartizione di ruoli e potere creata cinque anni fa. Tranne poi sentirsi accusati, e non solo dai concorrenti tagliati fuori dalla corsa, dei soliti brogli. Perciò sembra un mantra conosciuto il capitolo del rapporto che parla della corruzione, nella quale, sia detto o meno, è coinvolta quella politica che la Casa Bianca ha promosso dai tempi di Bush jr e Obama, prima con Karzai quindi con la diarchia Ghani-Abdullah.

Taliban dohaNulla di nuovo nel modello ritrito e ormai stantìo con cui si cerca di mascherare un’occupazione, che potrebbe continuare anche col ritiro militare. E i capitoli che trattano le cosiddette “donazioni”, i fondi stanziati per la mai realizzata ricostruzione del Paese, possono avere letture ben differenti dagli allarmi che sollevano. La citata corruzione che – e l’abbiamo visto per oltre un decennio – lega le massime autorità al doppio filo dell’eversione politica e delle ruberie. Come definire altrimenti durante la “reggenza” Karzai, gli scandali di Kabul Bank in cui erano coinvolti suoi sodali? E gli affari di traffico d’oppio del clan di famiglia, con un fratello rimasto ucciso nelle faide con altri clan che godevano del business dell’eroina? Tutto con la protezione, interessata per ragioni di denaro, di signori della guerra (Fahim, Khalili) collocati in alte cariche statali, allora come poi è avvenuto con Dostum. Niente cambia sotto l’ombra dell’Hindu Kush, e quelle tre generazioni di afghani che hanno cosciuto solo guerra e morte, per sfuggire a questi eventi continuano a fuggire nelle rotte migranti diffuse ovunque nel mondo. E francamente non possono che risultare stonate le note delle pagine del documento Sigar che sostengono come “la pazienza statunitense e di altri donatori sta svanendo”. Il filo rosso che lega certe donazioni è un tutt’uno col sistema politico promosso che vive esclusivamente di corruzione e soprusi. Ed è purtroppo un filo rosso di sangue che vede molti colpevoli, portatori di armi o di denaro. 

Dossier Armi chimiche usate dalla Turchia nella Siria del Nord Est

In questo dossier viene preso in esame in modo specifico l’uso “improprio” del fosforo bianco utilizzato dagli aerei turchi contro la popolazione civile del nord-est della Siria, non solo per i suoi effetti diretti sui soggetti colpiti, vietato dalle convenzioni internazionali, ma anche come “arma di terrore di massa”, che insieme agli altri crimini che hanno colpito i civili, hanno l’obiettivo di cambiare la demografia delle zone colpite in un disegno egemonico “neo-ottomano” che riguarda l’intera Siria ed infatti si contano centinaia di morti, migliaia di civili feriti e 400 mila sfollati.

Il dossier è articolato in diverse sezioni:

  • nella prima una chimica esperta presenta la classificazione scientifica delle armi chimiche con numerosi e inquietanti dettagli per poi specificare uso bellico, composizione, effetti e possibile trattamento delle persone colpite dal fosforo bianco;
  • la seconda parte è dedicata alle testimonianze a supporto di una possibile denuncia per crimini di guerra costituite da: a) testimonianze del personale sanitario locale, b) testimonianze dei giornalisti di accreditati quotidiani internazionali come “The Guardian”, “Times”, “Foreign Policy”, “The indipendent”, compreso il recente report di Amnesty International; c) le “prove visive”, riprese da Newsweek che le presentò come provenienti da ambienti del Pentagono e che avrebbero dovuto convincere il presidente USA ad intervenire  per fermare la Turchia (previsione evidentemente sbagliata);
  • la terza parte riporta gli appelli della società civile curda che esplicitamente chiedono l’apertura di un procedimento a carico della Turchia e di Erdogan per crimini di guerra e contro l’umanità;
  • la quarta parte presenta le norme giuridiche sui crimini di guerra e le convenzioni sulle armi chimiche che la Corte Penale Internazionale è tenuta a seguire, nell’ottica di una prima valutazione che le prove, per altro del tutto concordanti sia che provengano da fonti locali che dai più autorevoli giornali internazionali, siano sufficienti per aprire un procedimento.

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Progetto di distribuzione alimentare d’emergenza agli sfollati e ai bambini rifugiati a Kabul

Hawca – 25/1/20

HawcaEmergencyFoodDistributionHAWCA – Associazione per l’Assistenza umanitaria a donne e bambini in Afghanistan – nell’ambito del progetto di “Sostegno legale e sanitario ai rifugiati e sfollati interni – LHSRI”, supportato dal prezioso partner FONS MALLORQUÍ DE SOLIDARITAT I COOPERACIÓ, ha avviato un’operazione di emergenza di risposta immediata per i rifugiati e gli sfollati interni in quattro dei campi più popolati e vulnerabili situati a Kabul. Obiettivo principale è la distribuzione di pacchetti alimentari e nutrizionali ai bambini a rischio di malnutrizione e gravemente fragili a causa della disastrosa situazione di vita. I pacchetti alimentari e nutrizionali mirano a migliorare l’immediata sicurezza alimentare, la salute e il benessere nutrizionale dei bambini, principalmente attraverso la diagnosi delle cause urgenti e sottostanti la malnutrizione e le patologie associate.

Rojava: Paura del sistema sociale democratico, ecologico e basato sulla liberazione di genere

Rete Kurdistan Italia – 23/1/20

PauradelSistemaSocialeONU, USA e Russia sono preoccupate che un sistema sociale democratico, ecologico e basato sulla liberazione di genere – un progetto del precursore curdo Öcalan e sostenuto dal PKK – in una regione come il Medio Oriente possa espandersi ulteriormente come esempio vivente e come alternativa al sistema esistente.

Il contesto geopolitico dell’occupazione turca della Siria del nord

La fase della guerra di occupazione turca a Cerablus, Azaz, Efrîn e più tardi in tutto il Rojava, è iniziata sostanzialmente il 19 dicembre 2018, nel giorno in cui il Presidente USA Donald Trump ha annunciato il ritiro dalla Siria. In seguito a questa dichiarazione non discussa con il responsabili USA sul posto, l’incaricato speciale USA per la coalizione internazionale contro la milizia terroristica »Stato Islamico« (IS), Brett McGurk, diede le dimissioni. Al suo posto fu messo l’ex ambasciatore USA a Ankara, James Jeffrey. Jeffrey con le sue dichiarazioni e decisioni fin dal primo giorno ha seguito una linea completamente diversa da quella di Brett McGurk, sulla Siria del nord e il Rojava, dando sostegno all’aggressiva politica di occupazione della Turchia.

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Conferenza delle donne HDP: Essere donna significa vita

ReteKurdistan Italia – 23/1/20

ConfHDPNella dichiarazione conclusiva di una conferenza del Consiglio delle Donne HDP si annuncia lotta al patriarcato. Tra le altre cose è stata decisa la fondazione di un’accademia delle donne e la costruzione di una rete internazionale.

Il Consiglio delle Donne del Partito Democratico dei Popoli (HDP) ha pubblicato una dichiarazione finale della conferenza delle donne che si è svolta a Ankara lo scorso fine settimana con il motto: „Perseverare per la libertà, decise alla lotta“ alla quale hanno partecipato 300 delegate dalla Turchia e dal Kurdistan del nord.

La dichiarazione finale recita:

“La nostra conferenza saluta tutte le donne che in Turchia e ovunque in Kurdistan lottano contro gli attacchi maschili e statali nelle piazze e rendono più grande la lotta delle donne. Il sistema patriarcale capitalista a livello globale si trova in una grave crisi e ha dichiarato ai popoli e alle donne una guerra egemonica su molti livelli”.

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Eventi: GIORNATA INTERNAZIONALE DEGLI AVVOCATI IN PERICOLO – AVVOCATI DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI

LogoAvvocatiCuneoVenerdì 24.1.2020 il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cuneo ospiterà la Giornata internazionale degli avvocati in pericolo: avvocati difensori dei diritti umani,

alle ore 15,00-18,00 (registrazione ore 14,30)
presso il Salone d’Onore del Comune di Cuneo

Saluti istituzionali
Avv. Claudio Massa -Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cuneo
Avv. Cristina Clerico – Assessore per le Pari Opportunità del Comune di Cuneo

Introduce e modera
Avv. Sara Tomatis Presidente Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Cuneo

Ruolo dell’Avvocato difensore dei diritti umani e tutela costituzionale. Ruolo dell’Osservatorio Internazionale Avvocati in Pericolo (OIAD)
Avv. Claudio Massa – Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cuneo

Sotto un cielo di stoffa. Avvocate a Kabul
Cristiana Cella – giornalista e scrittrice con lunga esperienza di Afghanistan (membro CISDA)

In allegato trovate la PROPOSTA DI PROGETTO PER GLI AVVOCATI ITALIANI