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Autore: Anna Santarello

Turchia arrestati gli universitari contro la guerra ad Afrin

NenaNews – 26 Marzo 2018

Sette studenti detenuti dopo un raid nel campus dell’Università Bogazici e le dichiarazioni di Erdogan che li ha bollati come terroristi. L’esercito turco, intanto, annuncia di aver preso il totale controllo del cantone curdo-siriano

turchia afrinRoma, 26 marzo 2018, Nena News
La mannaia governativa è arrivata poche ore dopo le dichiarazioni del presidente Erdogan: ieri la polizia turca ha fatto irruzione nel campus della nota Università Bogazici a Istanbul e ha arrestato tre studenti, colpevoli di aver protestato contro la guerra lanciata al cantone curdo-siriano di Afrin.

I poliziotti sono entrati nel dormitorio all’alba di ieri e portato via due ragazzi e una ragazza, fa sapere l’avvocato Inayet Aksu. Altri dodici studenti erano stati arrestati il giorno precedente in piazza, dove erano scesi per denunciare l’operazione militare in corso. Avevano mostrato cartelli contro la guerra mentre un altro gruppo di studenti, sostenitori del governo distribuiva dolci in memoria dei soldati caduti nel cantone siriano.

Di questi otto sono stati rilasciati, quattro sono tuttora in stato di fermo. Subito Erdogan, durante il congresso dell’Akp, il partito di governo, sul Mar Nero, li aveva bollati come “terroristi” e “comunisti”, aprendo di fatto alle detenzioni. Non solo: ha aggiunto che “simili terroristi non hanno il diritto di studiare nelle nostre università”.

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Incontro con Malalai Joya a Bolzano il 28/3/2018

Mercoledì, 28 marzo – ore 20.00 Sala di rappresentanza del Comune vicolo Gumer, 7 – Bolzano

malalai joya Politica, ex-parlamentare, attivista e scrittrice afghana, Malalai Joya è costretta a vivere sotto scorta da quando ha denunciato la presenza di “signori e criminali di guerra” nel parlamento afghano.

Racconterà la propria scelta di vita, il coraggio di denunciare le ingiustizie, le violazioni dei fondamentalisti e dei signori della guerra, la presenza delle truppe straniere, e lo status di guerra perpetua in Afghanistan. Partecipa all’incontro Carla Dazzi, fotografa, attivista del C.I.S.D.A. (Comitato Italiano di sostegno alle donne afgane) di Belluno, con al suo attivo anni di viaggi in Afghanistan.

Delegazione CISDA a Kabul per l’8 Marzo

Giulia Rodari, Marzo 2018

Kabul 300x225L’accoglienza, fuori dall’aeroporto di Kabul, scorre con freddezza: strette di mano, sguardi fugaci, parole frettolose. È venerdì 2 marzo e, come è ormai quotidianità, starà per esserci un attentato suicida nelle vicinanze.

Con una folle corsa, in contromano sui viali, schivando le macchine, rallentando solo in prossimità dei posti di blocco militari, le macchine arrivano a destinazione. Si incontrano volti amici, storie conosciute, e, dentro le mura private, si sciolgono emozioni che dureranno una settimana.

Come ogni anno da 18 anni, una delegazione del CISDA ha raggiunto l’Afghanistan con tre obiettivi: monitorare i progetti in atto, valutare loro implementazioni e palesare il sostegno internazionale in particolare partecipando alla Giornata Internazionale della donna.

I giorni sono scanditi da uno fitto calendario di appuntamenti, dedicati alla storia dell’Afghanistan con approfondimenti tematici sull’attualità, all’analisi delle attività di ogni organizzazione, a riflessioni rispetto alla progettualità in relazione al futuro del paese.

Politica e attualità. Incontri fondamentali si sono rivelati essere quelli con Rawa e con Hambastagi, Partito della Solidarietà, i cui membri hanno tracciato una panoramica geopolitica del paese. La strategia delle grandi potenze mira a dividere il paese secondo gruppi etnici, rendendolo instabile, prossimo a una guerra civile e, quindi, più controllabile. Occupazione americana e presenza talebana, i veri problemi, sono stati accantonati tanto che nessuno prova a interpretare o prevenire quelle reciproche dimostrazioni di forza che sono gli attacchi suicidi.

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Newroz di sangue a Kabul

Blog di E.Campofreda, 21/3/2018

Newroz 300x266Andare all’Università a Kabul è una cosa speciale, perché gli ostacoli sono tanti, se sei una ragazza, ovviamente di più. Può accaderti come a Saima che sognava d’iscriversi a medicina per via della passione, dell’ottimo profitto negli studi e all’ultimo anno, a diciassette e mezzo, è stata costretta a sposare un uomo col doppio dei suoi anni.

Non solo studi interrotti, sogni infranti, ma costrizioni, torture, con una catena ai piedi. È una delle storie narrate con le lacrime agli occhi e i tonfi del cuore dalla protagonista che ora ha diciannove anni ed è fuggiasca. L’ha salvata dalla famiglia-prigione, dal marito-padrone, dal suocero-torturatore, dal padre-patrigno colluso la struttura dell’Hawca (Humanitarian Assistance Women and Children Afghanistan) che protegge le donne abusate.

Andare all’università a Kabul, col cielo terso nel primo giorno di Newroz può essere pericoloso, come percorrere le attigue strade del centro. Stamane c’è stata l’ennesima esplosione lì e nei pressi del vicino Ali Abad Hospital. Si contano 26 morti. Per ora. Un attentato senza un perché se non quello di macchiare col sangue una quotidianità che pure esiste nelle ordinarie faccende della gente: povera spesa, piccoli affari, mercanzia da esporre, da acquistare, movimenti in bici o in moto in un traffico automobilistico comunque presente in assenza d’altra possibilità di movimento.

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Afghanistan, sopravvivere ma soprattutto resistere. Di ritorno da un viaggio a Kabul.

Progetto Melting Pot Europa, L. Bergamo, Marzo 2018.

Afghanistan, surviving but most of all resisting – Coming back from a journey in Kabul. English version

DelegazioneL 00 150x150Sopravvivere. Forse è la principale attività degli afgani che guardano le macchine passare, seduti ai bordi delle polverose strade di Kabul. È il pensiero dei bambini che giocano con i rifiuti o che fanno volare altissimi gli aquiloni sopra i muri coperti di filo spinato.
È forse anche il pensiero delle donne dai mille veli di ogni tipo colore che a volte guardano la città mercanteggiare dietro la griglia del loro burka azzurro.

In Afghanistan bisogna sopravvivere a un sacco di cose. Agli attacchi terroristici, questo lo si sa anche da noi. Bisogna sperare di non ritrovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato. Per esempio quando un uomo di uno dei gruppi fondamentalisti, affiliato al Daesh afgano o a una fazione di Taliban, si fa esplodere in mezzo alla strada, per una dimostrazione di forza e di presenza, per una questione di rivalità tra fazioni.

Bisogna sopravvivere alla mancanza d’acqua e di elettricità, alla fame che soffrono anche gli animali scheletrici che trainano carretti in mezzo al traffico. Bisogna sopravvivere nel traffico di auto impazzite che sorpassano da ogni lato, in contromano, con a bordo qualsiasi numero di passeggeri. Bisogna sopravvivere all’inquinamento delle Toyota Corolla e dei vecchi Pick Up che rendono l’aria spessa, come una nebbia strana che copre il sole anche quando c’è.

DelegazioneL 01 300x218Quando si è donne, bisogna sopravvivere il doppio perché a volte si è considerate la metà di un uomo. Confinate in un angolo della cucina tra un matrimonio combinato e una media di cinque figli, senza poter andare a scuola e imparare a leggere e a scrivere, farsi torturare quando si prova a contestare il sistema patriarcale tenuto in piedi da pretese dottrine religiose fondamentaliste. Sopravvivere in una gabbia di casa, in una gabbia di stoffa per uscirne e in una coltre di ignoranza, per il solo fatto di essere nata donna.

Quando vedo una bambina in Afghanistan mi viene male” mi disse una sera una compagna di viaggio.
Si sopravvive nella vita quotidiana declinata secondo la propria appartenenza etnica pashtun, uzbeca, tajika, hazara… Si sopravvive in un paese che subisce una guerra e una violenza quotidiana, dove il governo è estremamente corrotto e manovrato dagli Stati Uniti, che lo supporta finanziando allo stesso tempo i Taliban e partecipando al mantenimento di una situazione fumosa per sfruttarla secondo i propri interessi. Sopravvivere all’occupazione militare americana, quindi, e sopravvivere ai Signori della Guerra con le loro milizie private, che controllano intere provincie e possiedono poltrone in parlamento.

In questo panorama, in cui il popolo afgano sembra “troppo impegnato a sopravvivere” per preoccuparsi di politica, ci sono alcune figure che propongono un’alternativa. Sono parlamentari indipendenti come Belquis Roshan, e i giovani membri e attivisti del partito Hambastagi (Partito della solidarietà) che nel loro sito internet e sui social, quando organizzano manifestazioni ed eventi, denunciano i criminali al governo, l’occupazione americana e il fondamentalismo islamico come i veri responsabili della situazione in cui riversa il loro paese.
Il partito promuove ideali di democrazia al di là di ogni differenza etnica, fattore strumentalizzato da ogni fazione per indebolire la popolazione mettendo gli uni contro gli altri, di rispetto dei diritti umani e soprattutto di uguaglianza tra uomo e donna.

DelegazioneL 02 300x169Selay, portavoce del Partito della Solidarietà – Hambastagi alla manifestazione dell’8 marzo per Festa della Donna

La popolazione afgana è diffidente rispetto alle parole “politica” o “partito”: ha visto Signori della Guerra cambiare bandiera, una volta al governo, facendo propaganda per i diritti umani e per i diritti delle donne dopo aver promosso lapidazioni, umiliazioni e stupri per anni. È un popolo che ha visto i governi cambiare, l’occupazione crescere e diminuire, i soldi pubblici passare direttamente nelle mani di politici corrotti, e la situazione, la vita quotidiana, le strade, le scuole, rimanere sempre uguali, impolverate. La gente sa chi sono i colpevoli, ma si ritrova ad appoggiarli per paura che il futuro possa essere addirittura peggiore.

Per questo i rappresentanti di Hambastagi vanno nei villaggi, nelle provincie più lontane da Kabul e parlano con la gente ascoltandone i bisogni (come quelli di base, acqua, sanità e educazione), e cercando di sensibilizzarla a una partecipazione attiva, a una consapevolezza della situazione e a riconoscere chi sono i veri criminali. Giustizia sarà fatta, dicono, quando questi criminali saranno denunciati e condannati di fronte ad una corte nazionale che riconoscerà le loro responsabilità verso la condizione del paese, e di fronte ad una Corte di Giustizia internazionale che porterà alla luce i crimini di guerra che hanno commesso.

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Il sogno spezzato di Afrin

Blog di E. Campofreda – 19/3/2018

militanti YpjCala pesante la mezzaluna turca sul sogno di Afrin. Sull’enclave kurda sventola da ieri lo stendardo di Ankara, che secondo testimonianze raccolte dalla stampa recatasi presso il centro dell’Intelligence siriana, a Derik, ha sfumature nere, visto l’utilizzo di miliziani dell’Isis attuato dall’esercito turco. Non si sa se anche nel corso dell’operazione “Ramoscello d’ulivo”, terminata ben oltre i tempi inizialmente previsti il 20 gennaio, quando i loro tank varcarono il confine, certamente è accaduto in altre fasi della sporchissima guerra in atto su ogni fronte siriano. Lo confermano due prigionieri turchi, combattenti dell’Isis, con cui ha interloquito l’inviato del Corriere della sera.

Mentre commemorano la cerimonia sulla campagna di Gallipoli nella provincia di Çanakkale, durante la Prima Guerra Mondiale, la truonitante voce del potere di Erdoğan, ma anche quella dell’opposizione (o presunta tale) del leader del partito repubblicano, Kılıçdaroğlu, lanciano entrambe un plauso all’esercito in azione ad Afrin, perché la smania di grandezza neo ottomana e vetero kemalista non si contraddicono.

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Campagna di crowdfunding a sostegno di donne e bambine vittime di violenza in Afghanistan

Crowfunding 150x150Il CISDA ha attivato Una campagna per il Finanziamento delle Attività locali di Jalalabad Già Finanziato precedentemente da fondi privatizzazione. La tua donazione, anche piccola, farà la differenza!

Ci dai una mano?

Èpossibile versare il proprio contributo sulla piattaforma di Produzioni dal Basso . Sono anche previsti dei riconoscimenti speciali per i donatori e le donatrici più generosi. Ogni contributo sarà indispensabile per farcela .

ll progetto di crowdfunding “Assistenza Legale per donne vittime di violenza ed empowerment delle comunità locali” ?? Previsto dalle attività del Centro Legale di Jalalabad già finanziato precedentemente da fondi privati.

L’obiettivo principale è quello di attuare una serie di interventi finalizzati a combattere la violenza nei confronti delle donne , da un lato promuovendo il loro empowerment sociale, economico e legale sostenendo la cultura dei diritti umani delle donne attraverso l’educazione alla legalità e rafforzamento del sistema di giustizia.

In particolare, il governo riguarderà l’ assistenza legale , nonché iltrattamento psicologico , necessari per malattia nella condizione di poter tornare a casa, per essere reintegrato nella propria famiglia o essere assistito in tribunale per chiedere giustizia. Caso tra le assistito e rilevatore di casi gravi, le donne in pericolo sono trasferite nella casa protetta che Hawca gestisce un Kabul, un rifugio sicuro e temporaneo per proteggere le donne a rischio.

Parallelamente, il crowdfunding si propone di promuovere la materia in diritti umani , così come fatto oggi con l’attivazione di tirocini dei giovani laureati e laformazione di studenti della facoltà di giurisprudenza .

La prosecuzione del progetto consentirà dunque di consolidarsi nell’affermazione della cultura dei diritti umani e di continuare a sostenere la lotta contro le donne. Sarà possibile continuare a fornire assistenza legale, psicologica e sanitaria quando necessario, e le donne saranno supportate in tribunale per ottenere giustizia e un risarcimento per i crimini subiti.

Logo CISDA piccolo2

Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

Dalla parte dei popoli indigeni incontro con Victoria Tauli-Corpuz e Francinara Baré

Giovedì 22 marzo
18,30-20,30

Città dell’Altra Economia
Largo Dino Frisullo, Roma

Flyer Evento 22 Marzo 1 300x145La rete “In Difesa Di – i diritti umani e chi li difende” invita a partecipare all’incontro con Victoria Tauli-Corpuz, Relatrice Speciale ONU sui Diritti dei Popoli Indigeni, e Francinara Baré, Coordinatrice della COIAB (Confederazione delle Organizzazioni Indigene dell ‘ Amazzonia Brasiliana), che si tiene a Roma, presso la Città dell’Altra Economia, il 22 marzo 2018, dalle ore 18.30 alle 20.30.

Victoria Tauli-Corpuz è una leader indigena del popolo Kankanaey Igorot delle Filippine ed è Relatrice Speciale ONU dal 2014. Francinara Baré guida la più grande organizzazione dei popoli indigeni dell’Amazzonia in Brasile è stata la prima donna a ricoprire questa carica. Entrambe è una delle cose più pericolose, in quanto le donne sono in prima linea nella difesa, e sono per questo costantemente sotto attacco. Secondo l’ultimo rapporto di Global Witness, nel 2017 sono stati uccisi almeno 197 difensori attenzione, tra cui molte donne.

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Filippine: Victoria Tauli-Corpuz e altri difensori dei diritti umani accusati di far parte di organizzazioni terroriste

Indifesadi – 14 marzo 2018

Filippine foto 150x150Filippine: Victoria Tauli-Corpuz, Relatrice Speciale ONU sui Diritti dei Popoli Indigeni, e altri difensori dei diritti umani accusati di parte maggiore di organizzazione terrorista.

La rete “In Difesa Di – Per i diritti umani e chi li difende”, in particolare sull’accusa formale del governo rivolta ad alcuni difensori e difensori indigeni – tra cui il Relatore Speciale dell’ONU per i Diritti dei Popoli Indigeni Victoria Tauli – Corpuz – di appartenere a una terrorista. Il 21 febbraio, il Ministero delle Nazioni Unite di 649 persone nella lista di membri di un gruppo di terroristi, ai sensi del National Security Act, approvato nel 2007. Nella lista nera – in cui spetta presunti leader e aderenti al lavoro armato NPA (Nuovo esercito popolare) – Sono stati inclusi anche i nomi di leader indigeni, tra cui: Victoria TauliCorpuz (Relatrice Speciale dell ‘Joan Carling (Relatore dell’Indigenous People Major Group su Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ed esperta del Foro Permanente ONU sui Popoli Indigeni); Joanna Cariño (leader della Cordillera Peoples Alliance, CPA e co-presidente di SANDUGO); Windel Bolinget (presidente Cordillera Peoples Alliance, CPA); Jose Molintas (avvocato ed ex membro del gruppo di esperti ONU sui diritti dei popoli indigeni EMRIP); Beverly Longid (coordinatore dei popoli indigeni per l’autodeterminazione e la liberazione); Jeanette Ribaya Cawiding (coordinatrice regionale Alliance of Concerned Teachers – Cordillera) e Sherwin De Vera (coordinatore regionale di DEFEND- Ilocos e membro di Save The Abra River Movement, STARM), oltre a numerosi difensori e difensori indigeni della regione di Mindanao.

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Dedica Festival incontra Malalay Joia

29214132 965187613657370 184904475306098688 n 1 225x300Quest’anno la 24° edizione di Dedica ad Atiq Rahimi si concluderà a Pordenone il 21 marzo con l’incontro “Il rumore della speranza” con Malalai Joya, politica, attivista e scrittrice che nel 2003 dopo essere stata eletta come membro del parlamento afghano ha denunciato nell’assemblea della Loya Jirga la presenza in parlamento di persone da lei definite “signori e criminali di guerra.

Da allora ha subito numerose minacce di morte, deve vivere sotto scorta e per ragioni di sicurezza, per sé e per i suoi famigliari, è costretta a rinunciare al proprio nome adottando lo pseudonimo Malalai Joya.

L’incontro si terrà a Pordenone mercoledì 21 marzo alle ore 20.45 nell’Auditorium della Regione Friuli Venezia Giulia e verrà condotto da Giuliano Battiston.

INFORMAZIONI
Thesis Associazione Culturale, Pordenone – Tel. 0434 26236 – info@dedicafestival.it
http://www.dedicafestival.it/
Facebook: Dedica festival Pordenone – Twitter @dedicafestival, #dedicarahimi