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Autore: Anna Santarello

Afghanistan: antipolio per 8,8 mllioni di bimbi

ANSA – Kabul 27 marzo 2017

operatoreUn operatore sanitario somministra un vaccino antipolio ad un bambino a Enjil nel distretto di Herat.

L’Afghanistan ha lanciato oggi una campagna per vaccinare 8,8 milioni di bambini contro la poliomielite e per cercare di debellare definitivamente il virus nel Paese entro al fine del decennio. Lo riferisce 1TvNews.

L’operazione, che coinvolge 655.000 operatori sanitari, durerà tre giorni e riguarderà, secondo il ministero della Sanità, tutti i bambini di età inferiore ai cinque anni in quasi tutte le province afghane.

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Il Kurdistan festeggia un altro newroz di guerra

Nena News Uikionlus – 24 marzo 2017

Le tradizionali celebrazioni per il nuovo anno kurdo in un contesto di conflitto permanente, dall’Iraq alla Siria alla Turchia

newroz afrin 300x184Il nuovo anno kurdo è cominciato, le tante comunità divise tra gli Stati-nazione del Medio Oriente e quelle nella diaspora accendono il fuoco del Newroz, simbolo di rinascita ma soprattutto di identità. Così il popolo kurdo saluta la primavera da tremila anni, la “nuova luce” da salutare con vestiti colorati, danze, falò.

Dal 2010 riconosciuto come giornata internazionale e dall’anno prima inserito nella lista Unesco dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità, anche quest’anno il Newroz si celebra in un’atmosfera di conflitto.

Così è in Iraq dove prosegue la guerra allo Stato Islamico e le divisioni settarie si allargano. A Sinjar dove ieri la comunità kurda ha acceso il tradizionale falò, alla devastazione portata nel 2014 dall’Isis (un massacro che gli yazidi chiedono venga riconosciuto come genocidio e che non cessa, con oltre 3mila tra donne e bambini ancora schiavi di Daesh) si sono aggiunti nelle ultime settimane gli scontri tra fazioni kurde: i peshmerga affiliati al Kdp del presidente kurdo iracheno Barzani hanno attaccato postazioni vicine al Pkk. Uno scontro durissimo che ha lasciato dietro di sé morti e feriti.

Nella vicina Siria il fuoco è stato acceso a Qamishli, Afrin, Jazira, Aleppo. E a Kobane dove a riunirsi è stata la Federazione della Siria del Nord, il corpo fondato nei mesi scorsi dalle amministrazioni autonome dei cantoni e delle comunità liberate dal giogo dell’Isis. Una federazione che punta a fare da modello per il resto del paese, martoriato da sei anni di guerra civile.

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Incontro con SAAJS (Social Association of Afghan Justice Seekers) della delegazione di Cisda

La delegazione del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane (CISDA) che si è recata a Kabul dal 1 al 9 marzo ha incontrato le Associazioni con cui lavora in Afghanistan fra cui SAAJS (Social Association of Afghan Justice Seekers) di seguito riportiamo le interviste a WEEDA AHMAD, responsabile del SAAJ e di tre testimoni.

WEEDA AHMAD, responsabile del SAAJS (Social Association of Afghan Justice Seekers)

weedaweeda1 150x150La sua storia. Weeda è nata 34 anni fa a Kabul ma è originaria di Parwan, una provincia a nord della capitale. La storia della sua famiglia non fa eccezione, in un paese nel quale ciascuno è stato vittima di qualche vicenda dolorosa.
Durante l’invasione sovietica iniziata nel 1979 suo padre finì in prigione, come molti oppositori; tra il 1992 e il 1996, caduto il regime filosovietico che seguì alla fine dell’invasione URSS, ebbe luogo una cruentissima guerra civile tra fazioni contrapposte di jihadisti che si contendevano il potere. In quegli anni Weeda e la sua famiglia ripararono nei campi profughi del Pakistan, dove lei riuscì a studiare fino alla nona classe. La famiglia di Weeda rientrò in Afghanistan prima della caduta dei talebani e lei, nonostante quello fosse un suo obiettivo primario, non potè continuare gli studi a causa dei divieti imposti dal regime. Nel frattempo sua madre si ammalò gravemente, lei fu costretta lavorare per contribuire al sostentamento della sua famiglia e si mise a insegnare nei corsi di alfabetizzazione per donne. Ora è laureata in filosofia.
Alla caduta dei talebani Weeda, contrariamente a quanto sperava, dovette constatare che il potere era stato rimesso nelle mani degli stessi criminali di guerra che avevano devastato il paese negli anni della guerra civile e sentì che era stata commessa una grossa ingiustizia.

Human Rights Watch. Nel 2005 Human Rights Watch pubblicò una lista con i nomi dei criminali di guerra afghani; tra questi figuravano Sayyaf, Mullah Omar, Rabbani, Fahim.
Sayyaf rilasciò un’intervista in cui ammetteva i suoi crimini, ma si giustificava dicendo che Kabul era stata costruita da infedeli e per questo andava distrutta e ricostruita con criteri affini all’islam. Come lui, anche gli altri signori della guerra usarono la religione per coprire i loro crimini.
Negli anni successivi vennero alla luce cinque fosse comuni tra Kabul, Mazar e Badakhshan; erano i corpi delle vittime di massacri commessi dai signori della guerra, dal regime filosovietico dei Khalk e Parcham, dai talebani; ciascuno di questi gruppi scaricava sugli altri le proprie responsabilità.

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MAR 2017 13.35 Quanto vale la vita di un afgano secondo Washington.

Internazionale, 23 marzo 2017, Idrees Ali, Reuters, Regno Unito

135416 mdNel marzo del 2014, l’esercito degli Stati Uniti ha pagato a un uomo afgano poco più di mille dollari come risarcimento per aver ucciso suo figlio, un civile, nel corso di un’operazione vicino al confine con l’Iran. È quel che emerge da alcuni documenti dell’esercito statunitense.

Sei mesi dopo, l’esercito statunitense ha versato diecimila dollari a un altro afgano dopo che il figlio, anche lui un civile, è stato ucciso durante un’operazione guidata dagli Stati Uniti nella stessa provincia.

Haji Allah Dad, 68 anni, ha perso in tutto venti familiari, tra cui il fratello e la cognata, in seguito a un’operazione delle forze speciali statunitensi e afgane vicino alla città settentrionale di Kunduz, nel settembre del 2016. Allah Dad ha dichiarato di aver ricevuto un risarcimento solo dal governo afgano e non da quello statunitense.

Quasi 16 anni dopo aver invaso l’Afghanistan, gli Stati Uniti non hanno ancora delle procedure uniformi per il riconoscimento dei risarcimenti economici alle famiglie delle migliaia di civili afgani uccisi o feriti durante le operazioni militari effettuate dal loro esercito. Washington ha cominciato a pagare le famiglie delle vittime afgane solo per contrastare i combattenti taliban, che già lo facevano.

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ASIA/AFGHANISTAN – Il Paese è in grave crisi economica e milioni di bambini non vanno a scuola.

Agenzia Fides – 24 marzo 2017

primopiano 3663Kabul (Agenzia Fides) – Quasi un terzo dei bambini afghani non va a scuola e, in un Paese in guerra come l’Afghanistan, questo fattore aumenta il rischio che cadano vittime del lavoro minorile, che vengano reclutati dai gruppi armati, che vengano costretti a matrimoni precoci o subiscano qualsiasi altra forma di sfruttamento.

Secondo le cifre raccolte da Save the Children, pervenute a Fides, oltre 400 mila minori afghani hanno abbandonato la scuola quest’anno per via delle crescente instabilità e del rimpatrio forzato di 600 mila rifugiati afghani dal Pakistan. La ong segnala che circa la metà dei bambini che rientrano non va a scuola e spesso finiscono per lavorare per la strada perchè i genitori non trovano lavoro. (AP) (24/3/2017 Agenzia Fides)

Missione UE in Afghanistan: campagna anti-corruzione 2017 contro attività minerarie illegali.

Sicurezzainternazionale.luiss.it – 22 marzo 2017

Afghanistan Flag intLa missione dell’Unione Europea (UE) in Afghanistan ha chiesto al governo di Kabul di intervenire su tutto il territorio nazionale per mettere fine ai casi di attività minerarie illegali.

L’UE ha suggerito al governo afghano di nominare un Ministro del Carbone e del Petrolio che sia in grado di regolamentare e gestire in maniera efficiente il settore dell’industria mineraria. In particolare, si chiede al governo di verificare il pagamento delle licenze minerarie presso un conto governativo che sia unico e trasparente. Le compagnie minerarie che non pagano regolarmente le tasse dovrebbero veder revocate le proprie licenze estrattive.
La missione dell’UE ha esortato Kabul a riesaminare tutte le licenze minerarie “improduttive” e a sottoporre a maggiori controlli i progetti estrattivi di maggiore entità e portata, dove resta alto il rischio di attività estrattive illegali, come nel caso della miniera di lapislazzuli a Sar-e-Sang, nella provincia afghana di Badakhshan.

La delegazione dell’UE in Afghanistan ha lanciato la campagna anti-corruzione 2017, che durerà sette settimane e culminerà in una conferenza di alto livello sull’anti-corruzione, prevista per inizio maggio. La campagna ruota intorno ai seguenti temi chiave: risorse naturali e stabilità – la minaccia dell’attività mineraria illegale; corruzione nel settore giudiziario; prevenzione della corruzione; corruzione nel settore della sicurezza.

Zabihullah Sarwari, portavoce del Ministero del Carbone e del Petrolio, ha dichiarato che prenderà in considerazione i suggerimenti forniti dall’Unione Europea. Sarwari ha fatto sapere che il governo è in stretta collaborazione con il governo afghano per attuare una strategia efficace ed appropriata, volta a mettere in pratica tali indicazioni.

Droni: il tiro a segno su talib e civili.

Dal Blog di Enrico Campofreda – 22 marzo 2017

PAKISTAN talebani nella fata 1Fra i compiti della struttura statunitense Joint Special Operations Command, ricordati di recente http://enricocampofreda.blogspot.it/2017/03/afghanistan-una-guerra-ravvivata-dai.html – dalla ‘guerra al terrore’ di bushana memoria alla ‘rivoluzione obamiana’ che ha intrecciato iperinterventismo e uscita – si collocano le missioni particolari, effettuate con caccia e droni. La specializzazione ha ricevuto molte contestazioni da parte delle stesse Nazioni Unite per gli scellerati massacri di civili, colpiti nonostante il mantra delle “operazioni chirurgiche mirate”.

Un esempio particolarmente insanguinato riguarda i territori di confine fra Afghanistan e Pakistan, le aree tribali denominate Fata, che vedono un’alta presenza di taliban, anche perché costoro cercano di reclutare giovani nei tanti campi profughi sorti in quelle terre e sempre arricchiti da nuovi flussi di sfollati da zone dove il conflitto è cronico. La Central Intelligence Agency, che suggerisce e supervisiona simili operazioni, definisce ‘ibrida’ un’attività rivolta alla sorveglianza e agli attacchi militari. Entrambi iniziati in sordina, e per lungo tempo né negati né ammessi dalle istituzioni statunitensi militari e politiche. Ma dal 2004 i sorvoli sui cieli delle Fata e i bersagli da colpire sono divenuti crescenti, si rivolgevano ai gruppi dei Tehreek-e Taliban pakistani, che in quella fase non erano affatto interessati alle questioni afghane.

Alcuni studi del Bureau of Investigative Journalism, che si sta occupando del fenomeno combattentistico dei TTP dalla fase dei loro crudelissimi attentati del 2014-16 (scuola di Peshawar, chiese cristiane e parco giochi di Lahore) fino all’uccisione del neo leader Mansour in Baluchistan, sostengono che il crescendo stragistico talebano sia un effetto-ritorsione proprio per i continui massacri operati sulla popolazione civile.

Anche gli omicidi mirati destabilizzano non poco il quadro geopolitico e gli stessi rapporti diplomatici: l’eliminazione di Mansour era fortemente osteggiata da Islamabad, che ovviamente pensava alla sua sicurezza interna, messa in ginocchio dagli eventi seguenti. Il governo pakistano vorrebbe una compartecipazione a certe decisioni, chiede che si evitino gli attacchi clamorosi e avverte Washington dell’effetto boomerang che viene innescato dal puntare il mirino sui TTP o sui miliziani di Haqqani.

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Erdoğan, la tattica del terrore.

Dal Blog di Enrico Campofreda – 20 marzo 2017

1c780707b8c9472db8fd280e88fcd7c9 k2vG U4330047063264r5 1224x91640Corriere Web Sezioni 593x443Il Newroz, l’antichissima festa del fuoco dei popoli mesopotanici, legata all’avvio della primavera e coincidente col proprio Capodanno, infiamma i già roventi rapporti fra turchi e kurdi, in una triangolazione estesa alla Germania. In questo fine settimana a Francoforte diecimila attivisti e sostenitori della comunità kurda hanno sfilato per via suscitando le ire del presidente Erdoğan.
Proprio lui, in un comizio di sostegno al sì referendario tenutosi a Istanbul, ha nuovamente sviscerato accuse a raffica alla Germania che permette cortei dove s’innalzano simboli terroristici (così definisce le bandiere del Pkk), alla “mascherata” europea che vieta a ministri turchi l’ingresso in alcuni Paesi del vecchio continente e a un’Unione che, di fatto, favorisce gli oppositori del disegno presidenzialista (la Turchia si esprimerà il 16 aprile prossimo) discriminando i sostenitori del sì.

Posizioni note, su cui la massima figura istituzionale della nazione turca interviene a perorare una causa che peraltro lo riguarda direttamente per i superpoteri introdotti dalla riforma. Solo un mese fa Erdoğan, per affrontare una tornata elettorale che parrebbe sicura ma non d’esito favorevole scontatissimo, aveva offerto un segnale di moderazione. La recente alleanza col partito nazionalista (Mhp) gli ha garantito i voti parlamentari per far passare i 18 emendamenti costituzionali, e lo stesso partito di Bahçeli porrà buona parte del suo elettorato a sostegno del sì referendario.

Eppure il leader islamico aveva suggerito, a sé e a qualche testa calda muscolare dell’Akp che a dicembre s’era scazzottata nell’emiciclo coi colleghi repubblicani, di tenere bassi i toni. Però gli eventi gli hanno preso la mano. Si sa quanto l’uomo del destino turco tenga al proprio ruolo internazionale e vederlo sminuito, attaccato o addirittura infangato viene da lui inteso come un affronto insopportabile.

Da qui le dichiarazioni al veleno sul mai cancellato nazismo che animerebbe lo spirito tedesco, sulla xenofobia razzista (peraltro vera) di certa politica olandese e di altri membri d’Europa, lesiva del rispetto di culture e culti differenti. Il riferimento alla tradizione ottomana e all’Islam sono impliciti. L’enfasi con cui, poi, ieri ha additato tolleranza e, addirittura sostegno, al terrorismo del Pkk da parte tedesca per la presenza dell’effige di Öcalan sugli stendardi kurdi è chiaramente pretestuosa, ma rientra nel braccio di ferro rilanciato contro l’Ue in questa fase politica.

A poco più di tre settimane dal voto Erdoğan pensa solo a incamerare un successo che può avere una doppia valenza. In politica interna rafforza se stesso, il suo clan, la propria interpretazione dell’Akp rispetto a ex sodali messi fuori gioco e gli fa ottenere un autoritarismo legale che neppure Atatürk aveva conseguito. I detrattori parlano di dittatura, una rievocazione di fenomeni recenti e tragicamente passati che tendono a non tramontare, specie con la palese crisi vissuta dal sistema parlamentare capitalistico.

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Report sulla situazione attuale a Kobane – Marzo 2017

UIKI onlus -19 marzo 2017

kobane 1 599x275Questo report è stato preparato a seguito di un viaggio effettuato tra il 25 gennaio e il 12 febbraio 2017 nella Regione del Nord della Siria, e in particolare nella città simbolo di resistenza Kobane e dintorni, per osservare i lavori in corso da parte del Comitato di Ricostruzione di Kobane e i progetti sociali che seguiamo dall’Italia e dall’Europa.

Il report è il risultato di tutti gli incontri tenutisi con le amministrazioni, le associazioni e i comitati locali, e in particolare con il Comitato di Ricostruzione, col sostegno della Municipalità di Kobane e dell’Ufficio umanitario del cantone che ha dato l’opportunità di visionare tutti i lavori degli ultimi due anni.

a cura dell’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia – Marzo 2017

INDICE

  • Introduzione
  • Popolazione
  • Infrastrutture
  • Acqua -Terra – Cibo
  • Elettricità
  • Sanità
  • Educazione
  • Bambini
  • Donne
  • Il campo profughi
  • Conclusioni

Afghanistan: conferenza di pace a Mosca il 14 aprile.

tvsvizzera.it – 19 marzo 2017

image 20170319phf9040Una conferenza di pace sull’Afghanistan si svolgerà a Mosca il prossimo 14 aprile con la partecipazione di delegati di 12 Paesi. Lo scrive oggi l’agenzia di stampa afghana Pajhwok.

Al riguardo il consigliere afghano per la Sicurezza nazionale Hanif Atmar ha confermato in dichiarazioni all’agenzia di stampa russa Sputnik che ”Mosca ci ha invitato tutti a partecipare all’incontro del 14 aprile e Kabul ha già confermato la sua partecipazione a questo rilevante appuntamento”.

Atmar, che ha svolto una visita ufficiale nella capitale russa, ha aggiunto che ”siamo molto riconoscenti al governo di Mosca per gli sforzi volti a creare una cooperazione regionale autentica per facilitare un processo di pace in Afghanistan”.

Secondo il consigliere afghano, infine, alla conferenza di aprile parteciperanno anche gli Stati Uniti.