Dal Blog di Enrico Campofreda – 20 marzo 2017
Il Newroz, l’antichissima festa del fuoco dei popoli mesopotanici, legata all’avvio della primavera e coincidente col proprio Capodanno, infiamma i già roventi rapporti fra turchi e kurdi, in una triangolazione estesa alla Germania. In questo fine settimana a Francoforte diecimila attivisti e sostenitori della comunità kurda hanno sfilato per via suscitando le ire del presidente Erdoğan.
Proprio lui, in un comizio di sostegno al sì referendario tenutosi a Istanbul, ha nuovamente sviscerato accuse a raffica alla Germania che permette cortei dove s’innalzano simboli terroristici (così definisce le bandiere del Pkk), alla “mascherata” europea che vieta a ministri turchi l’ingresso in alcuni Paesi del vecchio continente e a un’Unione che, di fatto, favorisce gli oppositori del disegno presidenzialista (la Turchia si esprimerà il 16 aprile prossimo) discriminando i sostenitori del sì.
Posizioni note, su cui la massima figura istituzionale della nazione turca interviene a perorare una causa che peraltro lo riguarda direttamente per i superpoteri introdotti dalla riforma. Solo un mese fa Erdoğan, per affrontare una tornata elettorale che parrebbe sicura ma non d’esito favorevole scontatissimo, aveva offerto un segnale di moderazione. La recente alleanza col partito nazionalista (Mhp) gli ha garantito i voti parlamentari per far passare i 18 emendamenti costituzionali, e lo stesso partito di Bahçeli porrà buona parte del suo elettorato a sostegno del sì referendario.
Eppure il leader islamico aveva suggerito, a sé e a qualche testa calda muscolare dell’Akp che a dicembre s’era scazzottata nell’emiciclo coi colleghi repubblicani, di tenere bassi i toni. Però gli eventi gli hanno preso la mano. Si sa quanto l’uomo del destino turco tenga al proprio ruolo internazionale e vederlo sminuito, attaccato o addirittura infangato viene da lui inteso come un affronto insopportabile.
Da qui le dichiarazioni al veleno sul mai cancellato nazismo che animerebbe lo spirito tedesco, sulla xenofobia razzista (peraltro vera) di certa politica olandese e di altri membri d’Europa, lesiva del rispetto di culture e culti differenti. Il riferimento alla tradizione ottomana e all’Islam sono impliciti. L’enfasi con cui, poi, ieri ha additato tolleranza e, addirittura sostegno, al terrorismo del Pkk da parte tedesca per la presenza dell’effige di Öcalan sugli stendardi kurdi è chiaramente pretestuosa, ma rientra nel braccio di ferro rilanciato contro l’Ue in questa fase politica.
A poco più di tre settimane dal voto Erdoğan pensa solo a incamerare un successo che può avere una doppia valenza. In politica interna rafforza se stesso, il suo clan, la propria interpretazione dell’Akp rispetto a ex sodali messi fuori gioco e gli fa ottenere un autoritarismo legale che neppure Atatürk aveva conseguito. I detrattori parlano di dittatura, una rievocazione di fenomeni recenti e tragicamente passati che tendono a non tramontare, specie con la palese crisi vissuta dal sistema parlamentare capitalistico.